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“L’affare del secolo” e la verità sui costi

Tunnel del Brennero: sostenibile solo se si tassano le autostrade per spostare il traffico su ferro. Ma se è così, l’affare si complica di brutto...

Una doccia fredda sta investendo gli entusiasmi di coloro - esponenti economici e politici e giornali fiancheggiatori – che spingono per il rapido inizio dei lavori preparatori della costruzione del tunnel di base del Brennero, che chiamano "l’affare del secolo". Non si dice per chi sia questo affare. Ma se si pensa che i problemi ambientali, geologici, del deposito dei materiali di scavo, di chi paga, della stessa utilità dell’opera, sono ben lontani dall’essere non dico risolti, ma almeno affrontati seriamente, si può capire chi ci guadagni e chi probabilmente ci perderà.

Sulla questione dell’utilità dell’opera arriva a porre dubbi enormi uno studio svizzero, realizzato dall’Istituto Progtrans, su incarico della società BBT (Brennerbasistunnel) e tenuto per molto tempo nascosto dagli stessi committenti.

Si capisce perché leggendolo. Per riassumere, usiamo le parole del giornale economico austriaco Trend del 26 febbraio che ne dà notizia sotto il titolo "Uno studio ritiene il tunnel di base del Brennero inutile".

Trend scrive (chi legge il tedesco, può vedere anche il sito www. ots.at): "I modelli finanziari dei costi fatti dall’Istituto Progtrans secondo Trend danno come risultato che il tunnel di base del Brennero non porterà ad alcun effetto di spostamento dei percorsi dei Tir sulla rotaia, se non ci saranno contemporaneamente drastici passi politici da parte dell’Unione Europea, come nuovi pedaggi per i Tir, nuove tasse e un deciso rafforzamento del finanziamento trasversale strada-rotaia".

Tutte misure che, come i lettori di questa rubrica sanno, erano contenute nel libro bianco sui trasporti nelle Alpi, pubblicato dall’Unione Europea già negli anni Novanta, cui tuttavia non è seguita alcuna misura pratica, anzi la politica dei trasporti in Europa è decisamente contraria ad ogni intervento di questo genere, come si è letto anche nell’intervista (L’affare TAV) all’urbanista Maria Rosa Vittadini comparsa qualche numero fa in questo giornale.

Il mondo economico e finanziario bolzanino, che di recente infatti aveva ottenuto due successi, l’aggiudicazione dell’incarico di advisor finanziario e legale da parte della Bbt Se e l’alleanza tra le imprese locali aderenti al "Consorzio stabile" con il colosso austriaco Strabas, e che aveva come unica preoccupazione il proprio ruolo nella costruzione e naturalmente la questione del finanziamento, rischia di vedersi sfuggire una gallina dalle uova d’oro.

In Austria, il 29 novembre 2005, c’era stato un interessante dibattito nella commissione trasporti del Nationalrat di Vienna. Il sottosegretario Kukacka, in rappresentanza del ministro Gorbach, aveva informato dell’avvenuta firma di un memorandum insieme al collega italiano Lunardi, in cui si dichiarava di sostenere con ogni mezzo la rapida realizzazione del progetto, a partire dal tunnel pilota, di cinque metri di diametro, il cui inizio era previsto per l’ottobre 2006. I costi di investimento erano calcolati in 430 milioni di euro. La commissione europea avrebbe, secondo il sottosegretario, messo a disposizione la metà del finanziamento e anche il Land Tirol avrebbe dato la sua disponibilità a partecipare finanziariamente con 54 milioni di euro.

Sul futuro scavo del tunnel principale sarebbero necessari approfondimenti per i problemi geologici, che verranno terminati probabilmente nel 2010. Kukacka dichiarò in quell’occasione di non essere in grado di dare informazioni sui costi complessivi dell’opera, ma che si poteva pensare a circa 7 miliardi di euro per analogia a quanto speso per il tunnel del San Gottardo in Svizzera e di non vedere problemi nel finanziamento. Faceva conto sulla Banca europea di investimenti e su una partecipazione anche attraverso la tassa sul petrolio e i pedaggi. Gli altri partiti non di governo si erano dichiarati favorevoli, a parte i verdi che chiedevano che prima di costruire il tunnel si mettessero in atto quelle misure atte a spostare il traffico dalla strada alla ferrovia.

Ora lo studio dell’Istituto svizzero ha provocato un terremoto. Il ministro delle infrastrutture, Hubert Gorbach ha dichiarato di non credere più che i costi, come da lui dichiarato in precedenza, saranno di 4,5 miliardi, e di avere dato incarico di ristudiare i costi entro la prossima estate, considerato anche che il prezzo dell’acciaio è salito di molto. Nel frattempo un esperto di pianificazione di infrastrutture di trasporto, Max Herry, ha valutato i costi in 15 miliardi di euro.

Il ministro ha dichiarato che il finacial advisor incaricato, dovrà anche verificare la possibilità di finanziatori privati. Il ministro non ha detto che in tutte le megaopere, dal tunnel della Manica, a quello della Torino-Lione, i finanziatori privati non esistono, perché l’onere della garanzia è sempre dello Stato.

Ma per la prima volta il ministro austriaco, pur ribadendo che il suo governo appoggia questo progetto, mostra dubbi alla sua sostenibilità economica. In particolare la fa dipendere dalla possibilità di introdurre forti misure atte a scoraggiare il traffico pesante su strada e a far usare il futuro manufatto.

Il ministro dimentica tuttavia di trarre tutte le conseguenze dal suo ragionamento. Le misure che egli auspica renderebbero più appetibili i nuovi tunnel svizzeri, che ora subiscono la concorrenza della strada del Brennero a bassissimo costo e praticamente senza limiti seri al transito su gomma. I tunnel svizzeri sarebbero decisamente preferiti se la politica dei costi europea seguisse le dichiarazioni sulla priorità ai collegamenti della Lombardia con il nord Europa, facendo perdere ogni senso al tunnel di base del Brennero. E comunque già nel corso del dibattito si sono alzate le voci di esponenti dei partiti di governo contrari ad un aumento dei pedaggi, "che verrebbero scaricati sulle spalle dei consumatori".

Il ministro non tralascia la debole argomentazione che "l’Europa lo vuole", che si sente tanto spesso in Italia. Nonostante in Europa le popolazioni siano meno rappresentate dai politici delle lobbies, la realtà però è diversa, considerato che il budget di finanziamento per queste megaopere è stato drasticamente tagliato: nella proposta di bilancio si passa dai previsti 20 miliardi ai 6,7 miliardi complessivi per tutte le 30 opere previste dalla Rete Transeuropea, il che significa un finanziamento, se rimangono in piedi tutti i progetti, del 3-4 per cento, a fronte di costi enormi.

Il 3 marzo infine il coordinatore del progetto di rete transeuropea (TEN1) Karel van Miert, che negli anni Novanta come commissario europeo ai trasporti aveva messo in piedi il progetto di rete, incontrando il sindaco di Innsbruck a margine dell’incontro informale dei ministri dei trasporti a Bregenz, ha valutato positivamente che l’Austria abbia ottenuto le condizioni giuridiche per il finanziamento trasversale, il che rende possibile che 19 milioni di euro vengano stanziati per il progetto del tunnel. "Per il Tirolo ha una grande importanza che gli accessi a nord e sud vengano realizzati in tempo", ha detto van Miert. Van Miert è responsabile di tutto l’asse BerlinoVerona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo e il 31 marzo prossimo dovrebbe consegnare la prima relazione su quest’opera, secondo quanto ha dichiarato alla Presse, giornale di Vienna.

Dal lato italiano del tunnel, in Sudtirolo e in Trentino, il silenzio dei politici sui vantaggi delle popolazioni locali e sui terribili costi che esse dovranno pagare, è totale. La popolazione fatica a mobilitarsi, intontita da una condizione di mancanza di partecipazione reale sulle scelte importanti. Qualcuno spera che sarà Prodi, diventato primo ministro, a tornare indietro dalla china in cui anche alcuni suoi alleati, accecati dai soldi, sono scivolati, e non voglia infliggere alla popolazione i costi devastanti di opere insensate derubandoli del diritto alla salute e all’istruzione.