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QT n. 5, 11 marzo 2006 Servizi

Le sofferenze della sanità trentina

I lavori senza fine all’Ospedale di Fiemme: lo specchio di una realtà più generale, sfuggita al controllo di assessorato e Azienda sanitaria.

Nella nostra provincia, quanto accade in una singola valle all’interno del pianeta sanità, è indicativo di una situazione più generale.

Partiamo dunque dall’infinito cantiere presso l’Ospedale di Cavalese. Con questi lavori si prevede il potenziamento degli spazi dell’Ospedale, i reparti del Pronto Soccorso, di Chirurgia, del Laboratorio Analisi e la conseguente costruzione di parcheggi sotterranei. E’ un progetto di ristrutturazione che la valle aspetta venga attuato da due decenni. I lavori hanno inizio, poi improvvisamente gli operai spariscono. Da due anni chi si reca all’Ospedale trova il cantiere aperto, e intanto i parcheggi sono insufficienti, per salire ai reparti si devono percorrere tratti impresentabili a malati, anziani, handicappati, quasi un percorso di guerra. Se poi un paziente dovesse recarsi in fisioterapia è bene si presenti attrezzato di una mappa e poi comunque dovrà affidarsi alla fantasia per indovinare la via più sicura.

L'ospedale di Cavalese.

I cittadini delle due valli (l’Ospedale è punto di riferimento di un bacino di oltre 28.000 residenti, e nelle stagioni turistiche serve oltre 100.000 presenze) hanno osservato costernati per mesi e mesi questa situazione, senza riuscire a comprenderla. Dall’Azienda Sanitaria non è mai uscito un comunicato, i rappresentanti del Distretto Sanitario, sempre genuflessi al potere, prendono atto, e gli amministratori comunali, dopo lo sforzo di brevi lettere per avere comunicazioni, ritornano nel loro torpore.

Poi è bastato che la lista di sinistra del Comune di Cavalese, "Insieme per Cavalese", sollevasse il problema con una breve ed intensa raccolta di firme perché sulla stampa si scatenasse un fiume di prese di posizione da parte di Azienda Sanitaria, ditta, Sindaco di Cavalese, Distretto Sanitario, cioè da tutto il mare dei silenti, in Trentino così diffuso da dover preoccupare chi con serietà chiede democrazia.

Si viene così a scoprire che la ditta che aveva vinto l’appalto, la Wallinght System, è in grave sofferenza finanziaria, sta rischiando il fallimento e quindi propone di affittare il lavoro ad un’altra ditta, la Cattaneo di Bergamo.

Si viene poi a sapere che la ditta ha aperto un contenzioso giuridico con l’Azienda Sanitaria Provinciale e chiede un risarcimento di 4 milioni e mezzo di euro, accusando l’Azienda Sanitaria di non aver permesso l’apertura del secondo cantiere, quello rivolto a Sud, causando in tal modo alla ditta irrecuperabili perdite economiche.

Si viene anche a sapere che l’Azienda Sanitaria, a sua volta, ha aperto un contenzioso giuridico con la ditta, accusandola di non aver seguito il capitolato, di non aver rispettato il progetto, di aver consegnato la prima parte del lavoro, specialmente i 60 posti macchina sotterranei, in presenza di importanti infiltrazioni d’acqua.

Si viene infine a sapere, dalla ditta, che il Servizio geologico della Provincia aveva sbagliato i rilievi e che la stessa Azienda Sanitaria ha aperto un altro contenzioso con il servizio provinciale.

Causa questo insieme di situazioni i lavori sono fermi da mesi e la prospettiva di una riapertura del cantiere è molto lontana, visto l’intreccio delle situazioni portate alla magistratura.

Le vittime di una tale confusione sono i cittadini, i pazienti, i parenti, i lavoratori della sanità. Ma il dato politico grave è che in assenza della raccolta di firme tutto sarebbe rimasto nascosto: un affare interno, gestito fra amministratori pubblici e Azienda Sanitaria.

Nel rispondere alla sollecitazione della raccolta delle firme, il Distretto Sanitario di Fiemme si è permesso di scrivere come sia necessario offrire risposte per "evitare strumentalizzazioni politiche", una frase rivolta ai protagonisti della sottoscrizione. Ma la vera provocazione politica, la vera strumentalizzazione dei cittadini la troviamo nel comportamento dei rappresentanti del Distretto Sanitario. Quando agiscono lo fanno solo per attutire le polemiche, per tenere nascosta all’opinione pubblica le tante sofferenze, i veri malesseri della sanità trentina. E’ il loro silenzio a pesare come una grave strumentalizzazione politica, visto che il silenzio è lo strumento di una politica tanto povera. Come non si era intervenuti per conoscere e far conoscere ai cittadini la reale situazione dei lavori presso l’Ospedale, così non si analizza nel merito nemmeno la qualità dei servizi offerti dall’Ospedale e dai servizi aperti sul territorio.

Non si devono disturbare i manovratori dell’Azienda Sanitaria, i dirigenti più pagati, e poi ancora premiati di tutta Italia, non si deve disturbare un Assessore inconsistente e sfuggente perché totalmente impegnato nella guida del partito, o peggio, inserito in un contesto amministrativo evidentemente non suo.

Avevamo iniziato dicendo che quanto accade nelle periferie ha pieno riscontro anche a livello centrale. Mesi fa abbiamo assistito alla non casuale sconfitta nelle elezioni del rinnovo della dirigenza dell’Ordine dei medici del rappresentante sostenuto dalla sinistra: era un segno di malessere che avrebbe dovuto essere prontamente raccolto. Abbiamo letto della sollevazione indignata de medici che protestano certo per il contratto, ma scrivono anche che sono stanchi e demotivati. Scrivono che l’attuale dotazione organica "è insufficiente anche a coprire la sola continuità assistenziale, cioè i bisogni di base della popolazione".

Ma non sono solo i medici a lamentare una ormai cronica carenza di personale: nel comparto mancano infermieri, personale tecnico, le unità operative sono ridotte all’osso, si negano le sostituzioni per lunghe malattie e non si applica il turn over, si aprono servizi sia interni alle strutture ospedaliere che sul territorio senza assumere personale, solo perché Favaretti o l’Assessore possano apparire sulla stampa con qualche medaglietta. L’istituto della libera professione è privo di una regolamentazione precisa che tuteli e privilegi l’attività ambulatoriale, che in molti casi viene gestita in modo amicale, con alcuni professionisti, anche del comparto, che costruiscono turnazioni incredibili a scapito di loro colleghi, approfittando del fatto che questi ultimi sono iscritti a sindacati (CGIL e CISL) oggi deboli (per loro inadeguatezza) o non sono iscritti a quelli più forti.

Anche grazie a questi meccanismi il problema delle liste di attesa non trova soluzione. Più le liste si allungano, più la Provincia diffonde la libera professione; si costringono così i cittadini a pagare le visite o a rivolgersi a strutture private ed i costi dei mancati servizi ricadono sul cittadino bisognoso, che dalla periferia è costretto a a venire a Trento, perdendo - lui e i suoi parenti - intere giornate lavorative.

L'assessore provinciale alla Sanità, Remo Andreolli.

Quanto avviene nel settore della riabilitazione è scandaloso: le liste di attesa sono di otto mesi, ed è evidente che un cittadino viene costretto a rivolgersi al privato. Come è evidente che un malato, non appena percepisce la situazione di disagio denunciata dai medici, se può, se conosce, si rivolge con soddisfazione a strutture di fuori provincia.

Come si vede, sia nei riguardi delle prestazioni del servizio, del lavoro imposto ai medici (con le proposte dell’assessorato nel nuovo contratto dei medici si vorrebbe inserire la mobilità coatta: incredibile!), dei lavori dei cantieri, tutto è avvolto da una cortina di silenzio.

Accade ormai da un decennio, dall’inizio dell’era Favaretti.

Chi dall’interno parla viene subito emarginato, i contenziosi giuridici dell’Azienda Sanitaria con il personale sono infiniti. E in troppe occasioni è l’Azienda che soccombe, nonostante la nutrita schiera di avvocati interni sui quali essa fa affidamento. Per punire o isolare i dirigenti si è anche usato lo strumento della revisione delle responsabilità, togliendole a certuni e affidandole ad altri, anche a distanza, da vallata a vallata opposta, senza nemmeno sentire il parere degli interessati, con semplici delibere e determinazioni interne.

E’ venuto il momento di portare l’Azienda Sanitaria ad assumersi responsabilità dirette. Non si può, come accaduto con i lavori del cantiere di Cavalese (ma potremmo anche citare Arco, il Santa Chiara, Villa Igea), scaricare i mancati controlli o gli errori progettuali sulle ditte che lavorano. Mentre si lavorava su un progetto sbagliato, su una relazione geologica inadeguata, dove stavano i controllori dell’Azienda?

E’ venuto il momento che l’Azienda Sanitaria, possibilmente con una trasparente conferenza di informazione, riferisca in Consiglio Provinciale della situazione di diffuso disagio presente in tutto il personale e sulla qualità reale del servizio offerto. Un servizio all’interno del quale il paziente oggi è costretto a trasformarsi in numero, rispondendo così alle precise indicazioni di una Azienda diretta più da mentalità contabili, ragionieristiche che non sanitarie.

E’ venuto il momento di informare, di costringere l’Azienda Sanitaria ad aprire le porte e comunicare con i cittadini (e se non lo fa l’Azienda, il compito ricade sull’Assessorato).

Tutti abbiamo il diritto di sapere a quale progetto di sanità trentina si stia lavorando, quali siano le intenzioni di investimento o di revisione delle politiche per le periferie. Senza dubbio, come ha dimostrato l’esempio di Fiemme, questi Distretti Sanitari, politicamente tanto autoreferenziali, non rispondono alle esigenze dei cittadini.

E’ necessario che la parola, sulle questioni della sanità e dell’assistenza, ritorni forte, autorevole, ai soggetti più vicini ai cittadini, all’interno delle municipalità.