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Lirica e campanilismo

Quelli che a tutti i costi vogliono un Museo d'arte moderna "anche" a Trento, e quelli che vogliono la lirica "anche" a Rovereto.

E’ stato un susseguirsi di accorati appelli - "Si sta gettando via una potenzialità unica", "Traditi anche dalle istituzioni musicali"... – e si è dato il via ad una raccolta di firme per "la rivolta contro il no al golfo mistico". E le firme, anche autorevoli, sono subito fioccate, tanto non costa niente.

Di che si tratta? Nell’annosa e faticatissima vicenda della ristrutturazione del Teatro Zandonai (analoga peraltro a quella del Sociale di Trento), il Comune di Rovereto è giunto ad una decisione: no ad ulteriori spese per dotare il teatro del "golfo mistico", ossia la buca per gli orchestrali, indispensabile per la rappresentazione di opere liriche.

La decisione ha scatenato le proteste dei melomani roveretani, cui si sono aggiunte quelle di diversi operatori culturali della città della Quercia.

Secondo noi la vicenda è istruttiva, in merito a due atteggiamenti: considerare i forzieri pubblici senza fondo e pensare a un Trentino rigidamente diviso in campanili.

Partiamo dal secondo aspetto, ossia le rivendicazioni in stile "anche a Rovereto ci deve essere..." analoga ad altre "anche a Trento..." "anche a Mezzolombardo..." e via dicendo.

Proprio nel settore della cultura infatti, parallela a questa rivendicazione roveretanista, ci sono quelle trentiniste, per cui "anche a Trento" deve esserci un’istituzione che si occupa di arte moderna. Il fatto che a venti chilometri ci sia il Mart, per il quale tutta la comunità ha speso, spende e continuerà a spendere decine di milioni di euro, non scalfisce questa linea di pensiero; anzi, la rafforza: "Se a Rovereto danno tanti soldi per il Mart, perchè a Trento niente?" E così, invece di avere un unico grande, attrattivo museo, capace di interloquire a livello internazionale, si punta ad avere due cose più modeste. E non si vuole completare il passaggio al Mart del patrimonio di quadri trentini, puntando a fare alle Albere un museetto cittadino.

Così per la lirica. Il teatro Sociale trentino, dopo i costosi restauri, è adeguato ad ospitare gli spettacoli operistici. Non basta?

Infatti c’è, vistoso, e qui arriviamo al secondo punto, un problema di costi. La lirica costa tanto, forse troppo. Per avere un’opera si spendono dagli 85 ai 105.000 euro a recita. Detratti i contributi governativi (circa 25.000 euro), restano 60-80.000 euro. E poi ci sono le spese per la sala, il personale, ecc. Insomma, anche se si riempissero, sempre, tutti i 650 posti del Sociale con spettatori paganti 100 euro (prezzo fuori di testa), neanche allora si pareggerebbero i conti.

Si dirà: con la cultura non si fanno i conti del droghiere. La lirica è un distintivo patrimonio culturale italiano, è giusto che vada sostenuta; e d’altronde neanche con le altre forme artistiche e culturali si pretende il pareggio, né a teatro né ai musei.

Giusto. E difatti al Sociale c’è già una stagione lirica, seppur in pesante perdita. Ma perchè aggiungercene una roveretana allo Zandonai? Dove, per la minor capienza del teatro, per la ristrettezza del bacino d’utenza, per tutta una serie di altre ragioni tecniche (ad esempio, il golfo mistico potrebbe contenere solo 35 strumentisti, ma il governo eroga contributi solo per rappresentazioni con orchestre di almeno 50 elementi), per tutte queste ragioni insomma, la perdita sarebbe esponenziale? Perché mai i melomani roveretani non possono fare i 20 chilometri verso nord, come d’altronde in senso inverso li percorrono gli amanti trentini dell’arte moderna?

Si vuole sì o no ragionare di Trento e Rovereto come di un’unica città, un’unica area metropolitana dotata di centri d’attrazione che siano di rilievo sovraprovinciale e magari, se ci si riesce, nazionale, e non rivolti solo agli abitanti dei propri quartieri?

E ci si vuole rendere conto che gli anni delle vacche grasse sono finiti, e che i progetti vanno selezionati con criterio per mantenere certi livelli?

In tutto questo però c’è un aspetto positivo che, una volta tanto, viene dalla politica. Che non ci risulta sia stata impressionata, né a livello comunale né provinciale, dalle proteste. Neppure da quelle di troppi "operatori culturali".