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L’ultima carta di Berlusconi

Dopo cinque anni di insuccessi le elezioni per il Presidente sono mission impossible: e allora gioca la carta dell'irrazionalità. Quanto vale?

Non è facile per chi scrive commentare questa campagna elettorale. Per due motivi tutt’altro che secondari. Primo: c’è un coinvolgimento emotivo. Io sono tra quelli che – in caso di vittoria del centrodestra – vorrebbero sprofondare, o espatriare, fate voi; il che evidentemente non è un atteggiamento mentale produttivo, per chi intenderebbe ragionare con lucidità.

Secondo: non ho mai capito fino in fondo il fenomeno Berlusconi: l’uomo mi pare inadeguato a tutto, un venditore di padelle, buono appunto per le televendite, o un maturo animatore, adatto a intrattenere e magari intortare anziane signore in crociera. In poche parole, devo confessare di non capire come mai quello che a me pare un rozzo imbroglioncello, ignorante e cafone, sia riuscito a costruirsi un impero (con soldi di oscura provenienza, d’accordo, ma bisogna saperli fare fruttare, Sindona e Calvi avevano fatto il contrario) a ottenere due volte la fiducia degli italiani e anche – cosa che lui sempre, e non a torto, sottolinea – a vincere come presidente del Milan (e anche qui, i soldi, come noto, non bastano).

Mi può consolare un fatto: questa estraneità del fenomeno Berlusconi agli usuali schemi interpretativi riguarda la grande maggioranza degli osservatori. Molti dei quali ne hanno tratto una lezione contraria: il Berlusca è invincibile, tutto quello che fa è frutto di diabolica abilità, innata o pianificata a tavolino. Il che è un altro errore, come l’incapacità a governare ha ampiamente confermato, e pure gli esiti delle tornate elettorali dal 2002 in poi.

Fatta questa premessa, lunga ma doverosa, vediamo come sta andando la campagna elettorale nelle sue linee generali (più avanti nel giornale, da pagina 16 in poi, intervistiamo su tutta una serie di temi specifici alcuni dei protagonisti trentini).

Innanzitutto il centro-destra. Si trova di fronte a una missione impossibile. I cinque anni di governo, improntati ad un generale lassismo e alla convinzione di poter generare sviluppo attraverso il calo delle tasse (per legge o nella pratica, cioè attraverso la benevola comprensione verso l’evasione) si sono rivelati un disastro: conti pubblici fuori controllo, economia poco competitiva, inflazione. In queste condizioni le elezioni sono il pettine cui vengono i nodi.

Berlusconi come le affronta? Ha dalla sua due carte valide: la fetta di popolazione che sull’inflazione e l’evasione si è arricchita e l’avversione verso le burocrazie partitiche, identificate (a torto, ma non completamente) nel centrosinistra. Bastano queste due carte? No, come gli dicono i sondaggi; e allora ne gioca un’altra, fuori dal mazzo, quella dell’irrazionalità.

E’ una carta da non sottovalutare, che nella storia ha giocato e continua a giocare un ruolo ahimè molto importante. Lo si è visto alla convention confindustriale di Vicenza: ad applaudire la sua dirompente sceneggiata, uno sproloquio indecente, non erano solo le truppe cammellate, ma una parte cospicua della piccola imprenditoria veneta oggi in crisi.

Però è una carta disperata, vincente solo se i contendenti si dimostrano inadeguati.

E qui passiamo al centrosinistra. Che ha iniziato il percorso elettorale malissimo, con un utilizzo perverso della nuova legge elettorale, subito gestita per promuovere, senza bisogno del riscontro popolare, le burocrazie di partito (e il fondo forse lo si è raggiunto proprio in Trentino, con la farsa delle false primarie). Rafforzando quindi la propaganda avversa, che sempre contrappone la pretesa concretezza dell’industriale fattosi da sé, al parassitismo delle nomenklature.

Nel seguito il centrosinistra non ha invece deluso. In particolare Prodi, affrontando con pacata chiarezza i vari temi, dà un’impressione di competenza e serietà che ci sembra un contrappeso vincente rispetto all’ira sfascista del contendente.

Anche sulla compattezza della coalizione (altro punto dolente, come già verificato nel ’98) ci sono segnali positivi: la ricerca di visibilità dei partitini non si effettua più a sgomitate reciproche, la convergenza tra Ds e Margherita verso il Partito Democratico sembra procedere, Bertinotti ha avviato un coraggioso e positivo percorso dentro Rifondazione, c’è un’effettiva attenzione a non prestare il fianco a possibilissime eclatanti azioni di elementi provocatori durante le manifestazioni. Tutte dinamiche precarie, destinate ad essere spazzate via in caso di sconfitta.

Ma oggi utili; e utili anche in caso di vittoria, quando anzi sarà indispensabile rafforzarle. Soprattutto per il bene del Paese.