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Ti aspettiamo, Elisa

Il drammatico esito delle "Streghe" a teatro, le fiamme vere al costume di un'attrice. Ustioni, spavento, sgomento. Ma non finirà così.

E’ finita con un esito drammatico la rappresentazione del lavoro teatrale "Le streghe di Nogaredo" tratto dal fumetto storico di Questotrentino dei primi anni ’80. Un banale incidente di scena, che però poteva sortire esiti tragici, ha dato alle fiamme il costume di una delle attrici. Ustioni serie, un immenso spavento, la troupe smarrita, il pubblico sgomento.

Nogaredo, Palazzo Lodron: l'ingresso alla sala dove nel 1647 si svolsero gli interrogatori e il processo.

Eppure la forza del teatro e dello spettacolo, sembravano dover prevalere su condizioni avverse. All’aperto, nel parco di Palazzo Lodron, la recita era stata in forse fino all’ultimo, causa continui rovesci d’acqua che a più riprese si erano riversati sulla Vallagarina. E il giorno prima, in un incidente, un’auto aveva investito l’attore principale (nel ruolo del giudice Madernino), che si era presentato alle ultime prove con le braccia ingessate. Modificato il costume per nascondere il gesso, protetto il prato con un telo per permettere ad attori e danzatrice di esibirsi su una superficie non sdrucciolevole, alle nove e mezza di sera era tutto pronto. E il pubblico era accorso numeroso, le centocinquanta sedie non bastavano, altrettante persone erano state accomodate su delle panche, riempiendo tutto lo spazio fino al palazzo.

Poi lo spettacolo iniziava, ed era magico. Chi scrive, autore del testo, non è neutrale; ero preoccupato perché temevo che le scelte di regia, le robuste sforbiciate ai dialoghi, l’inserimento di un coro greco, della danza, potessero snaturare il lavoro, creare una facile spettacolarità a detrimento del senso più profondo della vicenda, che è stata storia vera; e la veridicità imponeva rispetto. Erano timori infondati: il senso della tragedia collettiva, del dramma storico che si abbatteva su alcune povere donne, ne usciva esaltato, e parimenti iniziavano a delinearsi, nei botta e risposta degli interrogatori, i tanti drammi singoli. Seguivamo tutti e trecento la storia a bocca aperta.

La scena era un prato, inquadrato da alcuni alberelli; sul fondo una grande fontana, con un leone rampante in pietra, emblema dei Lodron. La fontana era delimitata da un muretto, tre metri sopra il prato, e su di esso stavano due attrici, impersonanti la Mercuria e la Filosofa, estranee alla scena sottostante cui, con i loro interventi, fungevano da contrappunto.

Nel prato e sul muretto, a illuminare e creare un’atmosfera vagamente surreale, c’erano delle torce romane. Si tratta di brevi e larghe candele, annegate in ciotole di vetro. "E pensare che le usiamo sempre..." - mi hanno detto in tanti, anche di altre compagnie. Ma un refolo di vento improvviso alzò la fiamma di una delle torce sul muretto, proprio quando Elisa (la Mercuria) vi passava accanto. E un lembo del vestito prese fuoco.

Elisa saltò giù dal muro, dall’altra parte, a monte, dove l’altezza era modesta. Spariva alla nostra vista; ma al microfono sentimmo urlare "Aiutatemi!".

Erano già scattati in due, in una corsa disperata, Michele il regista e Nicola, l’ex capo dei pompieri; ma bisognava aggirare il lungo muro. Quando arrivarono, qualche danno il fuoco lo aveva fatto.

Elisa è ora in ospedale, le ustioni alla schiena sono serie. Dovrà starvi per un mese. "Qui sono bravissimi e gentili – mi ha detto ieri – mi curano al meglio."

Noi la aspettiamo. Per rivederla al suo posto, in scena.

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