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La maledizione del petrolio

Nigeria: da un’agricoltura fiorente ad una monocoltura disastrosa. Da “L’altrapagina”, mensile di Città di Castello.

Achille Rossi

Sabato 31 marzo è avvenuto l’ennesimo sequestro di un dipendente straniero (forse inglese) di una compagnia petrolifera che opera nel Delta del Niger. Il rapimento è soltanto l’ultimo atto (per il momento) di una storia iniziata agli inizi degli anni Sessanta con la scoperta del petrolio in Nigeria.

Una storia che aveva fatto immaginare un futuro ricco di benessere per le popolazioni nigeriane e per quelle del Delta del Niger in particolare.

Ma oggi, a distanza di oltre quarant’anni, il bilancio per i quasi 30 milioni di persone che vivono in quell’area è tragico: la densità abitativa è tra le più alte del mondo (256 individui per chilometro quadrato) e la popolazione continua a crescere al ritmo del 3% l’anno, la disoccupazione è elevatissima, molte persone vivono in case di fango e paglia senza elettricità e senza acqua corrente. E le frequenti perdite degli oleodotti inquinano l’ambiente e stravolgono la vita dei pescatori.

Ha scritto Johr Ghazvinian in un articolo pubblicato da Internazionale nel febbraio scorso: "Quando hanno cercato di protestare, gli abitanti del Delta sono stati messi a tacere con i soldi, istigati gli uni contro gli altri, oppure presi a fucilate. Forse, da un punto di vista strettamente tecnico, la criminalità dilagante, I’illegalità e la violenza giovanile si possono definire ‘disordini’ invece di ‘guerra’ vera e propria, quella che finisce in apertura dei telegiornali e provoca espressioni accigliate nelle serate di gala. Ma è una distinzione puramente accademica per chi tira avanti alla meno peggio nei villaggi soffocanti e isolati tra le paludi del Delta".

Eppure in passato la Nigeria aveva un’agricoltura florida e un ecosistema ricco e variegato. E’ stata la "maledizione del petrolio" a rovinare tutto: la popolazione, attirata dal mito dell’oro nero, ha abbandonato le campagne e nel giro di pochi anni la produzione agricola è crollata. Quella del cotone è diminuita del 65% l’anno, quella delle arachidi del 64%, mentre cacao e grano sono scesi rispettivamente del 43 e del 29 per cento. E ora la Nigeria, da un punto di vista economico, dipende completamente dal petrolio, un’attività che ha arricchito pochi boss politici corrotti ma che ha affamato il resto della popolazione.

Sono stati gli Ogoni, uno dei numerosi gruppi etnici presenti nel Delta, i primi a subire la violenza delle compagnie petrolifere e del governo. Shell e Chevron, avvalendosi di un permesso rilasciato dal governo, hanno costretto le popolazioni a lasciare le loro case e le loro terre e li hanno rimborsati con una miseria. Alfred Ilenre, il direttore dell’Emiroaf, l’Organizzazione per i diritti etnici e delle minoranze dell’Africa, ha dichiarato: "Tutto quello che sanno è che voi bianchi arrivate con la tecnologia per toglier loro la pace, la serenità e la possibilità di sopravvivere. La Shell dice: ‘Se volete essere risarciti andate a Lagos, andate ad Abuja’. Ma queste persone non conoscono Lagos e neppure Abuja. Perciò vi considerano responsabili. Dicono: ‘Uomo bianco, non sappiamo cosa sta succedendo, ma la colpa è tua’".

Bambini che hanno fatto rifornimento di petrolio.

L’insoddisfazione della popolazione è cresciuta rapidamente fino a raggiungere il culmine tra maggio e giugno del 1994. E la polizia ha sedato le proteste con il pugno di ferro: 30 villaggi sono stati distrutti, 600 persone arrestate e 40 uccise, mentre moltissime altre (si parla di centinaia di migliaia) sono state costrette a fuggire. In quell’occasione vennero arrestati e condannati a morte, dopo un processo farsa, lo scrittore Ken Saro-Wiwa e altri otto attivisti del Movimento per la sopravvivenza del popolo degli Ogoni (Mosop). Dopo gli Ogoni sono stati altri gruppi etnici a ribellarsi, grazie anche ad una diffusa disponibilità di armi, che ha favorito, da un lato, la militarizzazione dell’intero territorio del Delta del Niger e, dall’altro, la nascita di vere e proprie organizzazioni mafiose. Queste ultime si sono specializzate soprattutto nell’attività di "bunkeraggio", che consiste nel provocare la fuoriuscita del petrolio dagli oleodotti e stivarlo sulle chiatte per poi rivenderlo nei mercati dell’Africa orientale. E oggi il "bunkering" è diventata una pratica comune in tutto il Delta del Niger.

Attualmente uno dei gruppi armati più attivi nel territorio è il Mend, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger, che pratica la lotta armata contro lo "sfruttamento e il degrado dell’ambiente naturale da parte delle multinazionali". E sono stati proprio degl attivisti del Mend a sequestrare Francesco Arena e Cosma Russo, i due tecnici dell’Eni liberati il 14 marzo scorso dopo oltre tre mesi di prigionia.

L’assoluta precarietà della realtà nigeriana è testimoniata anche dal fatto che il Paese, secondo la Ong Trasparency International, è tra i più corrotti del pianeta. L’ultimo dittatore, morto nove anni fa per eccessi di carattere sessuale, ha spillato alls sua gente circa 6 miliardi di dollari. Ma complessivamente il denaro pubblico finito nelle mani dei corrotti ammonta, secondo il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, a 207 miliardi di dollari. Il presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz, nella conferenza di Oslo dell’ottobre 2006, ha parlato addirittura di 400 miliardi di dollari.

Il presidente nigeriano Olusegur Obasanjo.

La situazione complessiva è infine aggravata da un tesissimo clima politico, in cui si confrontano e si scontrano i due massimi rappresentanti del Paese: il presidente Olusegun Obasanjo (l’unico eletto democraticamente) e il suo vice Atiku Abubakar, che Obasanjo accusa di brogli. Ma il presidente è a sua volta sotto tiro per aver tentato di modificare la costituzione per potersi garantire una terza rielezione.

Il cardinale di Lagos Anthony Olubumni Okgie, nella sua omelia di fine anno, a proposito del contrasto tra il presidente e il suo vice, ha dichiarato: "Hanno lavato i loro panni all’aperto. Una cosa è quindi emersa chiara: sono riusciti a far sapere alle masse che sia la pentola che il bricco sono sporchi".

E poi, a proposito di insicurezza e criminalità che regnano sovrane, si è chiesto perché il governo resti insensibile "di fronte ai continui atroci assassini di personalità, senza contare le decine di morti sconosciuti che sono massacrati come animali". Non meno duro e perentorio è stato II premio Nobel per la letteratura Wole Soyinka, il quale ha definito il partito di governo "un covo di assassini".