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QT n. 15, 15 settembre 2007 Monitor

Castel Thun in mostra a Sanzeno

Dipinti, sculture, mobili, oggetti d'uso di Castel Thun in una mostra che ci illustra l'evoluzione del gusto dal '500 all'800..

Una mostra volta a scoprire i ricchi arredi di Castel Thun, antico maniero acquistato dalla Provincia nel 1992 ed attualmente in restauro. Il percorso, scandito da oltre 200 diversi oggetti tra dipinti, sculture, mobili, oggetti d’uso e d’arte applicata, racconta in maniera cronologica la storia della nobile famiglia Thun, dal Cinquecento all’Ottocento, svelandone la centralità nella storia trentina e al contempo la ramificazione in tutta la Mitteleuropa. La perplessità iniziale di una mostra di opere decontestualizzate dal loro luogo di provenienza - l’esposizione è allestita presso la Casa dei Gentili, a Sanzeno, fino al 16 settembre - è subito superata dalla felice possibilità di leggere queste opere con un occhio inedito, incentrato sull’evoluzione della storia del gusto attraverso la committenza Thun. Una storia, purtroppo, solo parzialmente intelleggibile (se non attraverso i documenti d’archivio), essendo andata dispersa sul mercato antiquario, sul finire dell’Ottocento, la parte forse più preziosa della collezione.

Giovanni Antonio Burrini, “Il ratto di Deianira” (1690 ca.)

Ad accogliere il visitatore in una mostra dedicata ai Thun non potevano che essere due illustri membri di tale famiglia: Ercole Thun e la moglie Dorothea Khuen Belasi, magistralmente ritratti nel 1593 e collocati in apertura di percorso. Tra le altre opere del XVI secolo segnaliamo anche un’inedita opera del Bassano, dipinta su pietra di paragone e attribuita in questa occasione da Elvio Mich, nonché - per quanto riguarda le arti applicate - una crespina (piatto così chiamato per il profilo ad andamento ondulato) faentina e un singolare tavolo il cui fusto spiraliforme ricorda le grosse viti dei torchi medievali.

L’ampia sezione dedicata all’età barocca è dominata da un gruppo di opere del pittore trentino Francesco Marchetti, una delle tante personalità artistiche che abbandonò il principato per trovare fortuna in terra boema. Se questo nucleo è segnato da un’iconografia prettamente religiosa, la sezione presenta opere di qualità anche a carattere profano, come l’ “Ercole e Anteo” di Giuseppe Maria Crespi e “Il ratto di Deianira” di Giovanni Antonio Burrini, ambedue commissionati dal mecenate bolognese Francesco Ghislieri. Non mancano nemmeno opere scultoree, come i due i busti in marmo di ambito veneto, né opere grafiche, come l’acquaforte di Aegidius II Sadeler, derivata da un disegno su pergamena di Albrecht Dürer. Tra i lavori d’ebanisteria, di particolar rilievo sono due stipi (mobili solitamente utilizzati per conservare collezioni di piccoli oggetti, come monete e medaglie), un cassone nuziale intagliato a figure e un’imponente poltrona che riprende, pur senza sfiorarne la qualità, i modelli veneziani di Andrea Brustolon.

I ritratti dei personaggi della famiglia Thun, posti in apertura di ciascuna sezione, superano per quanto riguarda il XVIII secolo l’interesse meramente storico. La qualità di alcune di questi dipinti è infatti davvero eccelsa, a iniziare dallo state portrait del principe vescovo Pietro Vigilio Thun, realizzato nel 1776 da Giovanni Battista Lampi, fino al ritratto del giovane Basilio Thun, attribuito in questa occasione a Domenico Zeni. A proposito di ritratti Thun, davvero singolari i tre realizzati da Stefano Tenaglia e dallo stesso Zeni utilizzando minuscole conchiglie a mo’ di mosaico, definiti nel 1982 dal Rasmo “piccoli capolavori di cattivo gusto”, colorita espressione che preferiamo dedicare alla serie di tavolette seguenti, raffiguranti cervi, daini, caprioli, camosci e stambecchi. Tra le tante opere d’arte applicata settecentesche - ceramiche, vetri, oreficeria sacra e profana, ventagli, mobilia e altro ancora -, degno di nota è soprattutto un inginocchiatoio recante lo stemma intarsiato di Pietro Vigilio Thun.

Il percorso si conclude con la parte dedicata all’Ottocento. Se nel campo della pittura, tra leggeri ritratti all’acquerello e paesaggi di sensibilità nordica non si segnalano opere di particolare pregio, è nuovamente nel campo delle arti applicate che il gusto del XIX secolo si esprime al meglio, in tutta la sua raffinatezza. Ad esempio nel gruppo di otto sculture neoclassiche, un tempo appartenenti ad un sontuoso centrotavola, oppure nella coppia di vasi francesi raffiguranti episodi della vita di Maria Stuarda. Non mancano poi le curiosità ottiche, come la veduta di città nordica offerta da una litofania, sottile lastra di porcellana lavorata a bassorilievo il cui disegno è perfettamente leggibile solo se posta davanti a una fonte di luce. Tra la mobilia, di particolare interesse è un grande tavolo circolare, abbellito sulla base da delfini a tutto tondo, nonché un sécretaire Biedermaier. Di qualche interesse anche la variegata raccolta di rami, scandita da bollitori, secchi, scaldini, cuccume da caffè e altri oggetti che, seppur destinati a un uso frequente e non di rappresentanza, presentano ornati a incisione e sbalzo . Tra gli altri oggetti legati in qualche modo ad una seppur distinta quotidianità, segnaliamo, in conclusione di percorso, un gruppo di slitte e carrozze.

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