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QT n. 6, 21 marzo 2008 Servizi

Acli: movimento o erogatrici di servizi?

La ricerca di un difficile equilibro tra 730, Caf, e fedeltà ai lavoratori, alla democrazia, alla Chiesa.

E’ da sempre triplice la scelta di fedeltà che accompagna il cammino delle Acli, oggi come allora: fedeltà ai lavoratori, fedeltà alla democrazia, fedeltà alla Chiesa. Ma se questa formula è rimasta invariata dal 1944 (l’anno in cui le Acli furono fondate), il panorama simbolico al quale questa triade si riferiva allora oggi non esiste più, o comunque è profondamente mutato.

Oggi il mondo del lavoro è completamente cambiato e non è più attuale, per i lavoratori cristiani, la necessità di un luogo che difenda la loro identità a contatto con le organizzazioni operaie di matrice marxista. Anche il concetto di democrazia, spogliato dell’originaria carica ideale dai tanti problemi dei regimi occidentali, oggi, grazie alla violenza di chi si premura di "esportarla" e alla crescente mercificazione del consenso, ci appare alle volte acquisire quasi un valore sibillino, ironico. Quanto al riferimento ecclesiale, quale debba essere la sua declinazione in un mondo così ampiamente secolarizzato è cosa tutt’altro che scontata, così come difficoltosa è anche la ricerca di una coerente laicità, contrastata com’è dalle risorgenti ingerenze clericali.

Niente di strano, verrebbe quasi da dire: i partiti politici fanno i conti con la stessa penuria di valori, compendiano rimasugli di ideologie rabberciate, hanno gli stessi problemi. Tutto vero. Mentre però i partiti, chiamati comunque a rispondere alla necessità di governare, tentano di superare questa crisi puntando sull’efficacia, sul fare, sui risultati concreti, le Acli sembra quasi che per proseguire e rinnovare il senso della propria esperienza debbano tornare indietro, continuando sì a fare pratiche pensionistiche e a gestire scuole professionali, ma recuperando anche quella duplicità del "mestiere aclista" che voleva tenere insieme il lavoro di formazione e la crescita culturale (il movimento, appunto, quello fatto dai circoli che si incontrano a discutere, a criticare, ad approfondire), con l’organizzazione di risposte concrete ai bisogni pratici della gente (il Patronato, l’Enaip, il Caf…).

"Oggi l’equilibrio tra movimento e servizi non c’è. - ci dice Bruno Fontana, storico dirigente delle Acli provinciali, ex direttore di un centro Enaip e a lungo responsabile della commissione provinciale sul lavoro - Mentre il settore dei servizi ha fatto notevoli progressi, il movimento si è un po’ afflosciato, ha perso di mordente". Una ragione di questa sproporzione è, secondo Fontana, da rintracciarsi nella scarsa presenza giovanile: "Ci sono pochi giovani, e senza le loro idee e la loro passione un movimento fatica a crescere".

Che i giovani siano pochi, continua Fontana, specie in tempi di movimento debole, è anche conseguenza del tipo di servizi che le Acli erogano principalmente: "Ci si occupa soprattutto di pensioni e di redditi, e anche le iniziative relative al turismo finiscono per essere rivolte principalmente ad una fascia d’età matura, visto che i giovani hanno pochi soldi per viaggiare. Rimane la scuola, l’Enaip, però è chiaro che non è semplicemente la presenza fisica dei giovani a fare la differenza: l’istruzione e il movimento sono due cose differenti".

La situazione attuale non è dunque idilliaca, ci sono però buone prospettive. Ne è convinto Fabrizio Paternoster, eletto in consiglio provinciale durante il congresso dello scorso 8 marzo e da tutti indicato come futuro presidente provinciale. "Domenica [il giorno del congresso n.d.a.] si è visto entusiasmo, è stato un congresso molto partecipato e con un dibattito ricco di idee. Anche la risposta giovanile, secondo me, è stata positiva: molti giovani hanno partecipato e diversi di loro sono stati eletti".

In questo modo, continua Paternoster, "si potrà proseguire nello sforzo di trovare nuove sintesi tra tradizione e innovazione, fra le vecchie parole d’ordine e la realtà di oggi che cambia continuamente. Tutto sempre in nome del principio irrinunciabile della partecipazione".

Partecipazione, appunto, "E’ un peccato – ci ricordava però Bruno Fontana – che al referendum sulla scuola dell’autunno scorso la posizione delle Acli fu l’invito a non partecipare al voto". Anche questo è un segno dei tempi che ci pare esprima bene le difficoltà di trovare un senso, nel mondo di oggi, ai valori pensati per il mondo di ieri. Se infatti il voto è da sempre uno dei principi cardine in ogni democrazia, il fatto che l’invito alla "diserzione" sia arrivato per un adeguamento alle indicazioni della Curia (che non avrebbe dovuto essere così automatico e scontato) segnala che anche il concetto di fedeltà alla Chiesa deve essere forse meglio declinato.

Le Acli devono fare i conti con una triplice fedeltà impegnativa, il cui significato va costantemente aggiornato. Per aggiornarci è però necessario confrontarsi, discutere, insomma: essere movimento. Ce la faranno dunque a far ripartire accanto a servizi efficienti un tessuto associativo che torni ad essere presenza critica? Torneranno i circoli ad essere luogo di confronto aperto e di lettura non conformista della società trentina, nei grandi centri come nei tanti paesi dove le Acli sono radicate?

Qualche dubbio, in verità, ce lo confida un vecchio aclista, perplesso nel constatare che, mentre in passato i presidenti provinciali delle Acli provenivano dalla vivace attività culturale, sociale e politica del movimento, gli ultimi arrivano invece proprio dall’esperienza di dirigenza di un servizio.

Se però le Acli non riuscissero nel loro intento sarebbe un peccato, perché le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani, già nel loro nome, nell’uso del plurale e in quella C che sta per "cristiane" e non per "cattoliche", ci hanno abituato a leggere un segno dell’apertura alla ricerca e al confronto, del pluralismo, della libertà.

Rimane dunque una scommessa importante, soprattutto in un momento storico come questo, in cui i luoghi di formazione e addestramento all’impegno sociale e politico non sono numerosi, e lo scadimento della qualità delle assemblee elettive è sotto gli occhi di tutti.