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Bolzano e la sua Provincia

Le ragioni e le conseguenze di un conflitto che penalizza i cittadini

Buco nel bilancio del comune di Bolzano: mancano i soldi per l’assistenza a disabili e anziani, per gli asili nido. L’amministrazione taglia i servizi sociali. Il pronto soccorso dell’ospedale è un luogo allucinante in cui promiscuità e disagio aggiungono sofferenza a decine di persone stese sulle barelle fianco a fianco, nel rumore e nel caldo, per cinque o sei ore, prima di essere prese in considerazione, con un personale talvolta eroico, ma al limite della resistenza fisica e mentale. Invece di migliorare il servizio si sono introdotti pesanti ticket, come se la gente si recasse in quello schifo per divertimento. L’assessore provinciale alla sanità, che è anche il segretario della Svp, accusa l’ospedale di Bolzano di “spreco burocratico” e annuncia tagli ulteriori, non della burocrazia, ma delle prestazioni mediche. Deportiamo gli anziani nelle case di riposo del Trentino, manderemo le persone ferite negli incidenti e i casi urgenti o gravi nei numerosi ospedali-alberghi-di-lusso della provincia?

Di fronte alla levata di scudi da parte del comune, la Svp al governo risponde a muso duro che non ci sono soldi. Strano, nel tempo della crisi economica mondiale qui c’è stato il boom del turismo e del commercio. Qualcuno spiega: Bolzano ha bisogno di aeroporto, strade, strutture e iniziative per arricchire i grossi commercianti. Il popolo taccia e paghi.

Risultato: i politici bolzanini lamentano il trattamento da cenerentola del capoluogo e quelli provinciali non nascondono l’antico livore verso la città.

Ma dove sta il nodo di questo mai sopito conflitto fra istituzioni che, anziché cercare il bene comune, da anni cercano fra di loro compromessi al ribasso, gabellando una cattiva azione amministrativa in conflitto fra etnie?

Quando il Pacchetto venne chiuso, nel 1992, una componente importante della scommessa della convivenza pacifica era la soluzione del conflitto fra realtà urbana e contadina, facilmente strumentalizzabile in conflitto etnico. Il sogno era di un progetto per il futuro che riuscisse a fare di Bolzano il capoluogo dell’autonomia sudtirolese. Nel frattempo la periferia si è molto modernizzata, tecnicamente, economicamente, dal punto di vista dell’istruzione delle nuove generazioni. Un mare di denaro provinciale l’ha innovata con strade, isole pedonali, strutture culturali (meravigliose biblioteche, teatri, sale di incontro) e moderne attività economiche.

Dal canto suo la città ha avuto, dopo trent’anni di blocco edilizio benedikteriano, una crescita impetuosa. Ma raramente il costruito ha corrisposto a un progetto condiviso fra abitanti della città e governanti provinciali. La Provincia ha deciso e imposto. Serviva un teatro? È stato costruito il Palaonda. L’università? È arrivata l’Eurak. E il teatro? Quando l’ha voluto la nuova borghesia. Poi l’università, con vent’anni di ritardo dal momento in cui era indispensabile. E il Museion, anch’esso in centro, abbastanza grande per rovinare la skyline naturale dello Sciliar e del Catinaccio, ma non abbastanza per essere un vero museo contemporaneo. La sua naturale collocazione nella città nuova è stata respinta, per non contaminarsi con la nuova realtà, culturalmente articolata. L’Auditorium Haydn non si può chiamare così, perché troppo tedesco, il teatro non Verdi, perché troppo italiano.

In questo l’amministrazione comunale è complice dell’atteggiamento sprezzante della Provincia verso il suo non riconosciuto capoluogo. Le sue ragioni sono state dominate dagli interessi degli “uomini del fare”, e incapaci (o probabilmente disinteressati) di capire che solo facendo il bene dei propri amministrati avrebbero avuto la statura morale per opporre qualcosa di serio e credibile a Durnwalder, che verso quella parte di cittadini di cui si sente presidente è invece attento.

E ora? Non si riesce a governare il traffico? Il comune ha fatto un progetto di tram fra Laives e Bolzano? Ecco che arriva la “proposta-disposta” di un minimetro che distrugge le ciclabili e porta i turisti dell’Oltradige al Virgolo, non più collina verde, ma meganegozio dei Thun, attraverso una funivia pagata dal comune, che non ha denari per i servizi sociali, ma per questo sì. E il comune regala l’unico prato su cui i bambini e ragazzini possono giocare a palla all’aperto per l’ampliamento dell’Eurak. Il comune di Bolzano ha sempre dato il suo assenso ai peggiori misfatti, trovando anzi ampie maggioranze in consiglio sulla cementificazione della città.

Il fatto che a distanza di vent’anni dalla chiusura del Pacchetto si riesca ancora a far passare per conflitto etnico la cattiva amministrazione nasconde che il conflitto c’è, ma fra politici infedeli da un lato e dall’altro le cittadine e i cittadini, senza differenze linguistiche.