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QT n. 6, giugno 2010 Trentagiorni

Filmfestival: molte luci, qualche ombra

Maurizio Nichetti
foto Dino Panato.

Il Filmfestival della montagna raggiunge quota 58 edizioni congedandosi da Maurizio Nichetti, che in cinque anni di supervisione è riuscito a rilanciare un festival ormai avviato al tramonto. Al nuovo direttore artistico spetterà il non facile compito di mantenere la quantità (serate quasi sempre in over-booking, sale sempre affollate, perfino nel primo pomeriggio) e la qualità (dei partecipanti, narratori come come Claudio Sabelli Fioretti, Maurizio Corona, Wu Ming 2 e Marco Paolini, o agli alpinisti come Nico Favresse, Tamotsu Nakamura e Kurt Diemberger; ma anche nel senso dei film, veramente variegati e provenienti da tutto il mondo). Mentre nelle pagine degli spettacoli del giornale troverete una recensione dei film a nostro avviso più significativi, qui intendiamo rendere merito all’organizzazione del Festival (principalmente il duo Nichetti-Egidi) che ha dimostrato di saper dare senso globale a un evento sfaccettato, le cui tematiche svariano dall’alpinismo estremo alle tematiche ambientali, dall’Himalaya al Fravort, dal dialetto di Cuneo al francese.

La proclamazione dei vincitori

Fra tante note positive, tuttavia, alcune stonature. Anzitutto la spasmodica attenzione per un particolare film in concorso, Nanga Parbat; colpevole la stampa e il suo localismo centrato sul protagonista, ma anche l’organizzazione stessa. Perché, ad esempio, nella serata conclusiva solo il figlio di Messner (il cui ruolo, peraltro, nel film Nanga Parbat, è decisamente limitato) e Marianne Chaud, vincitrice della Genziana d’Oro, hanno avuto l’opportunità di parlare, brevemente, dei rispettivi film? Mentre i registi premiati venivano allontanati dal palco, a parlare erano il sindaco di Trento Pacher, quello di Bolzano Spagnolli, il presidente uscente del CAI Annibale Salsa, il direttore del festival Egidio Bonapace e il direttore artistico Nichetti, in una reiterata autocelebrazione al limite del grottesco. Peccato, perché in questo modo si è tolto spazio (e parole) a registi e alpinisti che sono venuti a Trento da ogni parte del mondo e che, peralto, non riuscivano neppure a seguire la cerimonia, che veniva tenuta esclusivamente in italiano. La sensazione è che a risentirne sia stata proprio la dimensione internazionale. Non a caso, mentre lo scorso anno il festival fu titolato Mountain, exploration, adventure, quest’anno si è passati a un più sobrio Montagna, società, cinema, letteratura.

In ogni caso, scivoloni a parte, questo Festival è stato un successo di pubblico e di contenuti: chi prenderà il testimone di Nichetti dovrà riuscire a confermare una tendenza decisamente positiva.