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QT n. 7, luglio 2010 Trentagiorni

La scuola dell’ideologia nascosta

Il Festival dell’economia è un evento che, in linea di principio, svolge un servizio di divulgazione economica apprezzabile. Tuttavia, in questi anni non è mai uscito dall’orizzonte capitalista, degnando le “altre” economie di pochi e smarriti sguardi. L’immaginario del trinomio produzione-profitto-benessere, vecchio di ormai quasi tre secoli, è ancora ben lungi dall’essere messo in discussione dagli ospiti più celebri del Festival, come se la riflessione economica potesse solo questionare sui dettagli e non sull’ideologia di fondo, che è e rimane quella capitalista, nonostante i disastrosi fallimenti di cui si è resa protagonista.

Francesco Gesualdi

Nel corso dell’ultimo Festival, l’invito a Francesco Gesualdi è risuonato più come un contentino, che un serio tentativo di uscire dal consueto immaginario. Senza dubbio, il basso profilo e la dannosa timidezza dei movimenti dell’altreconomia agevolano il compito degli economisti classici, che non si sentono ancora messi in discussione seriamente, nonostante ci siano tutte le ragioni per farlo. Di questo ha cercato di parlare Gesualdi, a margine del suo intervento con “l’avversario” Ichino, con i docenti che insegnano economia nelle scuole superiori. Dalla tavola rotonda è emerso un triste scenario, ovvero una scuola che insegna economia senza spirito critico, salvo qualche ecezione dovuta all’onestà intellettuale dei singoli docenti. Per questa ragione gli studenti crescono con la naturale convinzione che “economia” significhi “capitalismo produttivo”, se non addirittura “capitalismo finanziario”. Gesualdi ha definito questo tipo d’insegnamento “ideologico”, ben diverso da quello “informativo” (spiegare come funzionano i diversi modelli economici e quali sono le loro conseguenze) e da quello “costruttivo” (tracciare i tratti dell’economia migliore in relazione ai fini stabiliti, tra i quali il benessere delle persone). Una scuola che somiglia sempre più ad un’azienda (non a caso si parla di “profitto” degli studenti) non può che ripiegare sull’ideologia bell’e pronta. Con buona pace di chi poi, uscito dal circuito scolastico, si troverà disoccupato, o precario, o pendolare rimbambito tra un centro commerciale e un altro, senza sapere chi ringraziare.