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Un appello da Borgo

Paolo Offer, Rosa Finotto, Saverio Giongo, Dario Froner, Angela Gibertoni

Gli impianti siderurgici tipo acciaierie o fonderie, anche se rispettano i limiti di emissione, riversano comunque nell’ambiente sostanze pericolose. I limiti fissati servono più per tutelare le attività economiche, ma per cittadini e ambiente il limite ottimale corrisponde a zero. Una buona convivenza tra questi impianti e la popolazione è possibile, a nostro parere, solo se sussistono serietà e trasparenza sia per quanto riguarda l’azienda che per gli organismi di controllo. Tutto questo, nella realtà di Borgo, non si è verificato. I fatti che l’inchiesta della Procura ha rivelato sono stati dirompenti, e il goffo tentativo di ripristinare sbrigativamente la “normalità” genera nell’opinione pubblica ancora più indignazione.

Si continua a osannare il nuovo impianto di aspirazione che abbassa la concentrazione di inquinanti aumentando il flusso d’aria ma non si dice che in termini assoluti le sostanze pericolose immesse cosi possono aumentare.

Il potere politico si è mosso, fin dalle prime battute, sminuendo la gravità delle accuse e criticando la scelta della Procura di affidare le indagini ai forestali veneti ipotizzando addirittura improbabili attacchi all’autonomia...

Purtroppo l’elenco di magre figure della politica provinciale, su questo caso, è lungo e va dalle controanalisi fatte su trote pescate a monte degli scarichi anziché a valle come sarebbe logico, all’ occultamento di documenti dell’Istituto superiore di sanità passando per contraddittorie dichiarazioni ai giornali sulla linea che la giunta intende seguire, per non parlare della famosa deroga sulle emissioni, praticamente una legge fatta su richiesta delle acciaierie e solo da queste utilizzata...

Questo impianto è inserito dalla Provincia in un elenco delle realtà classificate come: “impianto industriale a rischio di incidente rilevante”. Nessuno tuttavia, accantonato un attimo il discorso relativo alla salute, può sminuire l’importanza di questa realtà per ciò che concerne l’occupazione; va però anche sottolineato il danno economico che simili attività possono produrre ad attività agricole, turistiche, immobiliari...

Una valle di circa 26.000 abitanti con un sistema socioeconomico ancora abbastanza sano, potrebbe uscire da simili situazioni esplorando cose nuove e rispolverando cose già viste e usate nei momenti di maggiore difficoltà: pensiamo alla cooperazione che ad inizio secolo fu valido strumento contro problemi forse maggiori degli attuali. Ma senza andare cosi indietro fermiamoci a qualche decennio fa, quando alcuni operai fondarono la cooperativa “Lavoro e servizi “, oggi realtà consolidata che occupa anche molte donne. Siamo una valle delle Dolomiti un posto che forse non ci rendiamo conto di quanto sia bello, ma se continuiamo a trattarlo così le generazioni future non diranno un gran bene di noi.

Gli unici responsabili di un territorio sono i cittadini che lo abitano, per questo non possiamo, su questioni cosi delicate, delegare nessuno e ognuno deve prestare attenzione, tallonando le istituzioni assieme a comitati e medici per trovare le soluzioni più idonee così come dovrebbe essere in una democrazia.

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