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QT n. 2, febbraio 2011 L’editoriale

Estremismi, la via laica

All’inizio dell’anno una serie di attentati e di scontri spesso sorti per motivi religiosi hanno insanguinato varie parti del pianeta, soprattutto quei paesi islamici in cui qualsiasi minoranza religiosa è tutelata sulla carta in modo ambiguo, ma in realtà bersaglio di gruppi di fanatici più o meno numerosi, a volte combattuti dai regimi al potere, ma talvolta spalleggiati dalle stesse autorità statali. L’approccio più ovvio, ma anche meno scontato, al problema è quello di distinguere caso per caso: la situazione della Nigeria è sicuramente diversa da quella delle Filippine, come quanto avviene nei paesi arabi c’entra poco o nulla con gli scontri interreligiosi dell’India. Eppure fino a pochi anni fa ogni avvenimento tragico veniva etichettato sotto la categoria dell’assalto terroristico ai valori occidentali a cui bisognava rispondere con ogni mezzo, anche con guerre su larga scala.

Ora si parla di “persecuzioni contro i cristiani”. Questa affermazione è vera: infatti sono quasi sempre le minoranze cristiane ad avere problemi in paesi che non vogliono o non sono ancora in grado di garantire la tutela dei diritti fondamentali, tra i quali spicca quello della libertà religiosa. Solo gli stati di tradizione cristiana, a seguito di violentissime guerre di religione, hanno inventato e quindi tutelato nei loro ordinamenti alcuni principi, come la libertà di coscienza, la differenza tra peccato e reato, la separazione tra sfera politica e religiosa, che soltanto garantiscono una piena libertà di scelta anche di fede. Va detto che questo progresso storico è maturato in Europa (invece si è fermato bruscamente nella cultura islamica) grazie al pensiero laico e illuminista (che oggi verrebbe etichettato come relativista e laicista), che fu osteggiato dai poteri ecclesiali costituiti, a qualsiasi confessione appartenessero.

L’unica strada per giungere alla tutela effettiva della libertà religiosa è quella laica. Da questo punto di vista, pur senza tralasciare la propria tradizione culturale, lo stato deve essere neutro di fronte alle credenze e opzioni etiche dei suoi cittadini e non può diventare partigiano o tutore di una determinata religione, pena la discriminazione delle altre. L’Italia, che formalmente non ha più una religione di stato, mantiene un comportamento ambivalente nei confronti della Chiesa: essa, soprattutto negli ultimi anni, pretende non solo di essere rispettata, ma chiede di avere ovunque corsie preferenziali, favori economici, visibilità mediatica che apparentemente le conferiscono un grande protagonismo sulla scena pubblica, ma che alla lunga inficiano la sua autorità e credibilità.

Giustamente il Papa invoca la tutela dei cristiani dall’Iraq all’Egitto, entrando anche in polemica con regimi gelosissimi di mantenere il controllo sulla religione (va ricordato che il Grande Imam di Al-Azhar, l’importante università islamica del Cairo, Ahmad at-Tayyeb, non certo un liberale, è anche ministro del culto del governo egiziano e per questo ha protestato per la presunta ingerenza di Benedetto XVI negli affari interni dell’Egitto, a seguito della strage dei copti), ma cade in un insostenibile parallelismo con la situazione italiana che, a suo dire, non appoggerebbe abbastanza i “valori cattolici”.

Ma un governo democratico non può comportarsi così neanche per invocare la “libertà dei cristiani”, dimenticando troppe volte la necessità di tutelare i diritti umani a prescindere da religione e nazionalità. Eppure per rincorrere qualsiasi appoggio ecclesiale l’Italia fa proprio così, diventando in sede europea il pasdaran di una visione di un’Europa “cristiana” che deve proteggere i cristiani: un principio, quello della tutela della “propria” fede, che assomiglia a quello in vigore nei paesi islamici oggi sul banco degli imputati per essere il braccio armato a difesa della religione. Una contraddizione che solo il nostro provincialismo non vede.

Così il 20 gennaio scorso, durante un dibattito al Parlamento europeo che ha portato al voto quasi unanime su una risoluzione che condanna le violenze e auspica “una strategia per la libertà religiosa” il parlamentare Pdl Mario Mauro ha dichiarato che “Cristianesimo e occidente, per i gruppi fondamentalisti che stanno dilaniando le comunità cristiane di mezzo mondo, rappresentano il nemico da distruggere”. Per fortuna il giorno prima l’Alto rappresentante della UE per gli affari esteri Catherine Asthon, ha dato una linea diversa: “La migliore risposta all’estremismo è creare un fronte internazionale unito che si appoggi su standard universali di libertà di credo e religione”.

Ovviamente scegliamo questo secondo approccio.