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QT n. 5, maggio 2011 Servizi

Il miracolo di San Cristoforo

Niente cemento e asfalto: a sorpresa Pergine boccia la “perequazione”

Emanuele Curzel

I lettori di QT conoscono già alcuni aspetti del “Programma integrato di intervento per la riqualificazione dell’ambito del lungolago di San Cristoforo” (se ne è parlato nel numero di ottobre 2010). Le vicende della frazione posta sulla sponda settentrionale del lago di Caldonazzo sono giunte più volte anche sulle pagine dei quotidiani locali, per quanto non sempre in modo imparziale o comprensibile. Vale la pena di tornare sull’argomento per ricordare come la vicenda si è conclusa: in forme così inattese da far parlare di un “miracolo”, attribuibile forse al titolare della medievaleggiante chiesetta.

Per mesi vi è stato un braccio di ferro, all’interno della maggioranza che regge la Giunta comunale di Pergine, tra il PD - determinato a modificare il Programma, imponendo argini agli interessi privati più smaccati - e il resto della maggioranza (UPT, PATT, Socialisti e UDC) - che voleva invece giungere a una sollecita approvazione.

Il PD aveva ottenuto, nel merito, qualche risultato. La posizione degli assessori competenti Marco Morelli (UPT) e Massimiliano Beber (PATT) era però tanto più forte quanto più si rincorrevano le voci circa la disponibilità dei consiglieri di “Alternativa per Pergine” (PdL) non solo a votare il “Programma”, ma anche a entrare in Giunta estromettendo il PD, se quest’ultimo avesse continuato nel suo atteggiamento critico. Nel frattempo, un comitato era riuscito a raccogliere più di duemila firme che esprimevano una diffusa avversità al progetto.

In marzo il sindaco Silvano Corradi ha deciso di portare il “Programma” all’approvazione, contando sul fatto che in un modo o nell’altro una maggioranza in Consiglio sarebbe stata trovata. Il PD, dopo aver ottenuto dagli alleati di Giunta un impegno a introdurre modifiche prima della seconda adozione (per ridurre le volumetrie, difendere il verde pubblico e avere una migliore sostenibilità economica del progetto), ha accettato la prospettiva di votare a favore della prima adozione.

Con queste posizioni si è giunti, il 15 e 16 marzo, alla presentazione in Consiglio, cui è seguita però subito dopo l’approvazione a scrutinio segreto di un ordine del giorno di “Alternativa” che nei fatti annullava i contenuti dell’accordo politico al quale il PD aveva subordinato il proprio voto favorevole al “Programma”. Gli oltre 200 emendamenti presentati poi (soprattutto da parte della Lista Civica e della Lega Nord, all’opposizione in Consiglio e contrarie al “Programma”) hanno causato lo slittamento del voto finale, che si è tenuto nella seduta del 13 aprile. Quella sera, di fronte all’evidenza che l’accordo politico precedentemente raggiunto era ormai privo di significato, i consiglieri del PD e quello dei Verdi hanno scelto di astenersi; e nel segreto dell’urna anche altri hanno fatto lo stesso. Il “Programma” è così stato respinto. Il sindaco e alcuni assessori l’hanno presa malissimo, e al momento in cui scrivo le prospettive del governo comunale sono alquanto incerte.

Il miracolo di san/San Cristoforo è stato permesso dalla mobilitazione popolare (il comitato), dalla caparbietà di alcune parti politiche (il PD, essendo in maggioranza, ha avuto certamente il compito più difficile) e da una dose di buona sorte (è cosa complicata da spiegare, ma è probabile che nel momento del voto qualcuno sia caduto nella trappola che aveva predisposto). Quanto è avvenuto, però, non rappresenta solo una vittoria in difesa dell’ambiente e dell’interesse pubblico in una specifica area. Stava infatti per passare l’idea che la perequazione può essere lo strumento con il quale l’imprenditore “previdente” (quello che rastrella le aree perché certe informazioni le viene a conoscere prima degli altri) può imporre all’ente pubblico i propri progetti, ottenendo diritti edificatori altrimenti improponibili in cambio di un pugno di spiccioli e un po’ di orti da trasformare in parcheggi. Un modello tanto pericoloso quanto facilmente imitabile: pare infatti che fossero già pronte centinaia di proposte simili, in cui non sarebbe stato il Comune a concedere qualcosa ai privati in cambio della possibilità di portare avanti progetti di interesse pubblico, ma i privati a farsi forti di questa legge per travolgere i vincoli urbanistici.

Il 13 aprile è stata dunque sconfitta la tesi secondo cui l’interesse prevalente è quello dell’imprenditore privato, che per il fatto di presentarsi come creatore di ricchezza e sviluppo (?) può considerare secondari non solo i vincoli ambientali e urbanistici, ma anche la trasparenza e i processi partecipativi. Ci si può dunque augurare che il voto perginese sia stato il segnale di un’inversione di tendenza di più ampia portata.

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