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Gli alberi del parco di Levico

WWf del Trentino

Da parte di diversi soci e simpatizzanti è stato richiesto un interessamento del WWF relativamente agli interventi operati in questi giorni sul Parco di Levico da parte del Servizio Provinciale di Valorizzazione e Ripristino. Nel frattempo sono apparse sulla stampa proteste e critiche, rispondendo alle quali il Servizio ha a sua volta rivendicato la validità del proprio operato. A seguito di un sopralluogo di suoi incaricati, il WWF ritiene ora di poter esprimere al riguardo una sua valutazione e un giudizio.

Come sottolineato dai responsabili dei lavori, si tratta di un progetto tuttora in corso di realizzazione, destinato a protrarsi per ben tre anni. Le perplessità sollevate risulterebbero tardive, posto che all’incontro di presentazione fatto a suo tempo non si palesarono opposizioni. Il Servizio Provinciale chiarisce infine come scopo dei lavori sia lo sfoltimento dei troppi alberi presenti e soprattutto l’esigenza di ricreare le prospettive originarie, ormai cancellate.

A nostro parere queste ragioni e considerazioni non sembrano però sufficienti a giustificare un intervento così pesante, in un parco di queste caratteristiche e di questo valore. Il Parco di Levico, risultato di un secolare processo di crescita e di arricchimento botanico, deve considerarsi di gran lunga il più prezioso arboreto di cui disponga il Trentino, una vera e propria rassegna di specie rare e di esemplari monumentali. Di tale grande interesse botanico il Servizio Ripristino non sembra avere tenuto conto.

Non è qui possibile parlare, come pure è stato fatto, di un abbattimento "di alcune piante", né di un puro e semplice "sfoltimento". Sono stati eliminati oltre 130 alberi e molti tra loro appartenevano a specie di interesse notevole. Come noto, il Parco di Levico vede la presenza di folti gruppi di abete rosso, di grande sviluppo ma di debole resistenza agli agenti atmosferici e comunque di modesto interesse botanico. Gli schianti dell’autunno 2003 hanno interessato appunto l’abete rosso. Purtroppo gli sfoltimenti in atto non si sono limitati a questa specie, come sembrava auspicabile, ma hanno sacrificato piante assai più rare ed interessanti, nonché esemplari monumentali e probabilmente più che secolari. In questo modo è stato arrecato un serio danno al patrimonio botanico del Parco. Sono stati abbattuti interi viali, eliminando indistintamente abeti Nordmanniana e Cephalonica, magnolie e thuje, tutti esemplari di assai bel portamento.

Dispiace poi in particolare l’indifferenza e la vera e propria brutalità con le quali sono state eliminate piante secolari di straordinario sviluppo, monumenti naturali meritevoli della più attenta tutela, che ad un primo esame sono risultati in condizioni perfette. Non lontano dall’entrata del Parco sono stati abbattuti uno stupendo esemplare di pino strobo, nonché una betulla di dimensioni eccezionali. Un ceppo posto al di là della via comunale, all’aspetto sembra il resto di una sequoia (tagliata presumibilmente nelle medesime circostanze) misura un diametro di ben 160 cm. L’elenco potrebbe continuare a lungo.

A nostro giudizio le ragioni fatte proprie dai responsabili del Servizio Provinciale Ripristino non giustificano interventi di questo tipo. Il Parco deve essere considerato un organismo vivo, il prodotto di uno sviluppo plurisecolare e il frutto dell’opera di più generazioni. I monumenti vegetali presenti costituiscono una componente di altissimo pregio e valore, che meritano accurata tutela e che non possono essere messi alla mercé delle astratte decisioni e dei desideri di sia pur ben intenzionati progettisti.

I commenti raccolti durante il sopralluogo del WWF, provenienti da molti visitatori, esprimevano tutti totale disaccordo e viva indignazione per l’intervento.

Sarebbe bene che i responsabili dei Servizi Provinciali tenessero in futuro miglior conto di queste opinioni, pur provenienti da comuni cittadini e da profani. Suscita infatti preoccupazione la prospettiva di modifiche altrettanto radicali al non lontano Parco delle Terme di Roncegno, più piccolo certo e meno monumentale, ma che rappresenta anch’esso una ricchezza botanica e ambientale meritevole di tutela.

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