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QT n. 6, 25 marzo 2005 Cover story

Un padre “non affidatario” racconta

Della mia vicenda, ciò che più mi  ha pesato è il fatto che le mie proposte per soddisfare diritti e necessità primarie di mio figlio, venissero sempre scartate se non c’era l’assenso di mia moglie, affidataria esclusiva. Questo derivava dall’applicazione implicita di due assiomi:

1. A fronte di due genitori considerati ambedue idonei, l’affidatario esclusivo, di serie A, persegue e realizza sempre il meglio per il figlio, e quindi a lui va concessa una delega incondizionata.

2. Tutto fila liscio se il genitore non affidatario, di serie B, collabora in modo meccanico, assecondando passivamente l’altro coniuge, poiché, come stabilito dal giudice, questi sa e fa tutto nel migliore dei modi nell’interesse superiore dei figli.

Risultato? Nel mio caso, vicende giudiziarie che si trascinano da 12 anni. Vari processi penali a mio carico con relative assoluzioni. Ricorsi vari al tribunale dei minori senza esito.

Tra mille altri disagi, ecco un figlio obbligato per tre anni ad essere con la madre ospite in una struttura protetta insieme ad altri disagiati, mentre la presenza del papà, sempre disponibile, veniva concessa con il contagocce. Molteplici segnalazioni della scuola al tribunale dei minori sul disagio sofferto del bambino rimasti senza esito.

Ultimissime: ormai dodicenne, il bambino si rivolge ai carabinieri: non vuole più stare dalla madre, e andrà quindi a vivere stabilmente con il padre. Bene per il tribunale dei minori. Ma non importa: il genitore affidatario resta la madre!

Recriminazioni? Peccato che l’attuale progetto non fosse già legge nel 1993, quando mia moglie chiese la separazione.

Il positivo della normativa vigente? Aiuta a rendere florida l’economia del settore forense e discipline satelliti, esperti del conflitto coniugale.