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QT n. 22, 22 dicembre 2006 Scheda

Testimonianze

Roberta, Emma, Paolo, Annamaria

Mia madre, 78 anni; dopo tre infarti e cinque conseguenti by-pass che, in ogni caso, le permettevano di essere autonoma, in primavera ha avuto un ictus e perso l’indipendenza fisica, pur mantenendo la lucidità mentale. La sua vita è diventata molto difficile, assistita completamente da me, mia sorella, una badante. Qualche settimana fa, dopo aver perso conoscenza, è stata portata d’urgenza in Pronto Soccorso. Al medico che mi chiedeva se lei aveva lasciato detto qualcosa riguardo alle manovre di rianimazione, ho potuto solo rispondere che mia madre, nonostante tutto, voleva vivere, convinta com’era di guarire. Non potevo da sola prendere una decisione così grave. E’ stata rianimata e dopo qualche giorno dimessa con una diagnosi di epilessia che si aggiunge alle altre patologie.

E’ proprio la sua voglia di vivere che si scontra con l’eutanasia, ma amaramente o forse con disperazione, vista la drammaticità del suo caso, vorrei farmi tatuare sul petto la scritta “Non rianimatemi” così, se mi dovesse capitare un incidente, i medici leggerebbero la mia volontà senza chiedere il da farsi ai miei familiari.

Roberta, 47 anni

Da qualche anno a mia madre hanno diagnosticato l’Alzheimer e giorno dopo giorno questa malattia le sta rubando la sua identità, la sua storia, i suoi affetti, non permettendole di ricordare e nemmeno di riconoscere le persone che le sono vicine. La terapia farmacologica è ancora agli albori in questo campo e già sappiamo che potremo solo assistere impotenti alla sua perdita totale di autonomia e alle sue sofferenze, senza la possibilità di rimanere in contatto con lei.

L’argomento “eutanasia”, anche se eccessivamente trattato dai mass media in questo periodo, credo necessiti a tempi brevi di una normativa specifica che ne permetta l’attuazione. Ideale sarebbe un testamento biologico in vita che almeno non permetta un accanimento terapeutico sul malato e nel contempo non imponga scelte dolorose ai parenti. Io penso che la sofferenza e il dolore, senza speranza siano inutili, sia per chi li subisce sia per chi vi assiste impotente: quando, condividendo l’esperienza, ci si rende conto che la persona a cui vogliamo bene non avrebbe mai accettato una qualità di vita ”non dignitosa”, è solo egoismo prolungare questa loro agonia. Capisco che l’eutanasia è un tema dalle mille implicazioni, che investe ambiti religiosi, etici, morali, psicologici, deontologici, ma reputo che una società basata sul rispetto delle libertà umane debba considerare una libertà poter decidere il tempo e il modo come morire.

Emma, 52 anni

Ho assistito all’agonia di un amico malato e poi morto di una grave malattia. Lucido fino alla fine, chiedeva spesso di togliere la macchina che lo stava forzatamente tenendo in vita, da solo non poteva farlo. Da allora mi chiedo perché una scienza che tiene in vita contro la propria volontà, sempre più perfetta e precisa, non possa inventare un qualcosa che renda possibile al malato stesso, qualora lo decida, di staccare la spina. La responsabilità e la decisione sarebbe solo del malato, sua la scelta, suo il diritto al suicidio.

Paolo, 55 anni

Ho la sclerosi multipla da oltre quindici anni e, progressivamente, non sono più in grado di camminare. Alterno periodi in cui mi sposto con le stampelle ad altri durante i quali sono costretta alla carrozzina. Da alcuni anni sono rimasta vedova e vivo con mio figlio di 25 anni che ha diritto a farsi una sua vita indipendente. Sono preoccupata per il mio futuro, ma da quando ho sentito parlare del testamento biologico mi sembra di avere una possibilità in più perché, comunque vada, non vorrei subire l’accanimento terapeutico tipico della fase terminale della mia malattia. Mi auguro che presto anche in Italia sia resa valida e legale questa opportunità.

Annamaria, 49 anni