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Laicità, pluralismo e scuola

Cgil del Trentino

Le recenti affermazioni del presidente della Provincia Dellai, che ha voluto esternare in riferimento alla presa di posizione del vescovo in merito al dibattito sui Dico, non lasciano indifferente la Cgil. Se prese alla lettera, tali dichiarazioni sono preoccupanti perché configurano una visione della società piegata a logiche di parte con diritti esigibili in maniera differenziata sulla base della tipologia di legame affettivo. Il presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky in un suo recente saggio afferma che nelle democrazie "i fini e i valori sono da considerarsi relativi a coloro che li propugnano e, nella loro varietà, tutti legittimi. Democrazia e verità assoluta, democrazia e dogma sono incompatibili". Per questo troviamo inappropriate le dichiarazioni prima citate.

Preoccupanti anche dal punto di vista sindacale, in quanto, se applicate allo stato sociale, presuppongono diritti diversi e subordinati a certe condizioni dipendenti da progetti di vita legittimi ma unilaterali. Questo nel campo del sostegno alla convivenza, del diritto alla salute, all’assistenza e nel campo dell’istruzione. In quest’ultimo settore vogliamo riaffermare la non identità del servizio pubblico rispetto a quello privato, entrambi previsti dalla Costituzione ma non omologati, essendo il primo necessario, il secondo possibile. Avendo la caratteristica il primo di essere aperto a tutti e quindi rispettoso del primo comma dell’art. 34 della Costituzione, il secondo volutamente disponibile solamente a coloro che condividono quel particolare progetto educativo. Su questa differenza e conseguente difesa intransigente del servizio pubblico la Cgil ha sempre basato le sue politiche in tema di istruzione come servizio alla persona e non piegato a pure logiche di scelte familistiche che potrebbero essere, di fatto, discriminanti.

Tali politiche saranno sempre il nostro punto di riferimento anche nel momento del referendum provinciale di abrogazione di un articolo della legge 5 provinciale, pur considerando lo strumento referenderario inusuale alla prassi sindacale della Cgil e, nello specifico, inadeguato allo scopo. Precedenti sia provinciali che regionali fanno temere per un esito che potrebbe portare alla chiusura del dibattito su temi di tale rilevanza.

Come Cgil assumeremo un orientamento coerente con le nostre valutazioni di merito quando il referendum potrà svolgersi e affermiamo fin d’ora che non faremo venir meno, anche dopo la pronuncia popolare, il nostro impegno in difesa della scuola pubblica e a favore della sua valorizzazione.