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QT n. 21, 7 dicembre 2007 L’intervista

Quando lui è musulmano

L’immagine stereotipata che balena nella nostra mente, quando si parla di unione mista, è quella con partner africano di religione islamica. Subito si prova ad immaginare la coppia intenta ad amalgamare nel ménage quotidiano cibi, lingua e tradizioni diverse. Le curiosità allora fioccano: come gestiranno i diversi stili di vita nel sociale? Quale religione sceglieranno per i figli? Quale sarà la lingua più usata? Avranno un modello paritario di coppia?

Per conoscere questi aspetti abbiamo contattato una coppia trentina, sposata da tre anni. Anna e Mustafà, li chiameremo così, ci offrono un’accoglienza calorosa, mentre il loro figlioletto di quattro anni scorrazza libero in salotto, cercando ogni tanto coccole da mamma e papà. "Sono una trentina d’adozione, provengo dal Sud, lui viene dal Marocco, amiamo molto l’ospitalità ed il contatto con la gente", ci dice lei, un’impiegata dal viso dolce e solare. Anna, 33 anni, si è convertita dalla religione cattolica all’Islam due anni prima di sposarsi.

Come mai hai fatto questa scelta?

"E’ una religione che sento più adatta a me, ho trovato in essa una spiritualità più profonda ed anche una certa libertà interiore. Così ho iniziato a frequentare la comunità islamica".

E’ lì che è nato il vostro incontro?

Sorride Anna e cerca timidamente lo sguardo del marito, mentre riaccende i ricordi: "Alla comunità organizzavano qualche festa e delle riunioni, così ho conosciuto lui. Il nostro amore è cresciuto pian piano. Ci siamo sposati in municipio ed anche in moschea, con una bella cerimonia".

E i tuoi parenti come hanno reagito alla notizia delle nozze?

"Io sono fortunata, perché la mia famiglia è molto unita e quindi non mi ha creato problemi, più che altro erano dispiaciuti perché andavo a vivere lontano".

Nel vostro caso le affinità religiose sono state un motivo d’incontro, per altre coppie le differenze di fede possono rappresentare uno scoglio difficile da superare ed un motivo di conflitto. Voi cosa pensate?

"Quando una religione la senti in modo forte, ci possono essere dei problemi, -incalza con tono deciso Mustafà, sgranando i suoi grandi occhi scuri - perciò io non avrei accettato una sposa con fede diversa. C’è un regolamento preciso dell’Islam, che permette all’uomo musulmano di sposare una cristiana, mentre una donna musulmana può sposare un cristiano solo ad una condizione: che lui si converta all’Islam prima del matrimonio. Questo per permettere una continuità nell’educazione religiosa dei figli. Io penso che una coppia mista, con un coniuge cattolico e l’altro islamico, non possa funzionare a lungo perché ogni genitore, inevitabilmente, cercherà di attirare il figlio verso il proprio credo, creando in lui un atteggiamento di sfiducia verso i genitori. Al nostro bimbo vogliamo dare una formazione islamica, ma lo lasceremo libero di scegliere più avanti. Io vorrei che sentisse la sua fede naturalmente, senza forzature od obblighi, altrimenti rischi di perderlo".

Mustafà si alza in piedi, prende delicatamente dallo scaffale un grosso volume, dall’elegante legatura, e lo mostra con orgoglio. E’ il Corano. Ma in casa c’è anche la Bibbia. Ogni tanto lui ed Anna consultano le pagine dei due libri, per trovare tra loro affinità e differenze. L’Islam, dice, è aperto al confronto con le altre religioni e le rispetta. Le perplessità sulle coppie mix nella fede sono condivise anche da Anna che sospira: "Ho conosciuto molte coppie che si sono sfaldate. Coppie in cui lei aveva paura della religione islamica. Certo, anche noi abbiamo i nostri screzi, ma cerchiamo di venirci incontro e rispettarci a vicenda. Nel mio caso, l’incontro con Mustafà è stato un arricchimento a livello culturale. Adesso sto frequentando una scuola d’arabo perché voglio che mio figlio impari le nostre lingue. Anche nei cibi, alterniamo le tradizioni senza problemi, secondo chi cucina".

Mescolare cibi e culture diverse desta sempre molto interesse nella comunità d’accoglienza. Come l’hanno presa i trentini?

"Io qui non mi sento straniero - ci dice Mustafà. - Le persone forse guardano più ai nostri comportamenti che alla nostra religione. Lavoro come operaio e non ho mai litigato con nessuno. Nel mio condominio io coordino un po’ le cose, sono capo-scala, e vedo che tutti sono contenti di ciò che faccio. Poi ogni famiglia segue la sua scelta. Ad esempio, il Ramadam noi lo viviamo in privato. Le festività le facciamo insieme ai nostri cari, consumando i dolci tradizionali".

Fa capolino nuovamente il pargoletto e si avvinghia dolcemente alle gambe di mamma. Mustafà porta in tavola un gran piatto di datteri gustosi, ma deve congedarsi in fretta, un vicino di casa gli ha appena chiesto un favore. La solidarietà è una cosa molto importante ed ogni giorno, dice, "cerco di essere un buon musulmano".