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Sindaci, Pifferai e Parolai

Adriano Rizzoli

Incuriosito dai numerosi interventi sui quotidiani locali (ma anche su periodici nazionali) dal basso Sarca e dalle strane "anomalie" che in quelle cronache si potevano intravvedere, mi sono recato in una bella domenica di sole in quel di Torbole ed ho fatto una salutare passeggiatina partendo dalla strada statale, salendo poi lungo il limite a nord dell’ormai arcinoto "Oliveto di Goethe" per giungere in località Busatte.

La curiosità era cresciuta anche per i numerosi interventi a mezzo stampa secondo cui detta località era stata rifugio per i partecipanti al contro-vertice di Riva ed il primo cittadino di Torbole aveva così caldamente appoggiato e sostenuto l’iniziativa (con qualche contrasto con il collega della sponda adiacente rivana) facendosi fotografare sorridente accanto agli organizzatori. Mi chiedevo come poteva un sindaco, un cittadino "primo" così ben disposto verso l’ospite ambientalista, insistere per la realizzazione di quel noto pezzo di viabilità, acconsentendo alla cancellazione dell’identità, dunque della storia, di un bel pezzo di quell’oliveto secolare, rendendo irriconoscibile uno degli angoli più tipici dell’intero paesaggio gardesano.

Vi ero giunto da sud, proveniente da Malcesine, ed avevo potuto notare due gru di buone dimensioni innalzate nei pressi di altrettante ville di elevata cubatura; non mi ricordavo la stessa vista poche settimane prima allorquando ero transitato in zona. Mi dicevo che quella visione sarebbe potuta diventare la costante negli anni a venire se le pressioni speculative avessero dovuto prevalere sul buon senso.

La zona dell’oliveto sorge, data la conformazione obbligata dei luoghi, (stretto lungo lago, borgo, versante della montagna) proprio a ridosso della Gardesana orientale, a poche decine di metri dal centro di Torbole. Si legge in quei terrazzamenti, sorretti da muri eretti con la tecnica a secco, la tenacia e l’attaccamento degli uomini alla terra quale madre di sostentamento prima, benessere e ricchezza poi. Un tempo lontano in quei luoghi c’erano soltanto scoscesi versanti e dunque oggi, a maggior ragione, non possiamo che apprezzare e portare rispetto per questo genere di straordinarie opere ingegneristiche, altrimenti dette dell’architettura spontanea o rurale. La zona presenta un delicato e mantenuto equilibrio tra spazi vuoti e pieni, tra luoghi aperti ed edificati dando salutare respiro agli insediamenti umani prossimi al lungolago.

Ma c’è ancora qualcos’altro che incanta salendo oltre quell’oliveto: è la splendida zona delle Busatte, un minuscolo altopiano che la natura ci ha generosamente concesso e che resiste ancora nella sua quasi totale integrità. Da quel terrazzo ad anfiteatro si gode una vista incantevole sul lago e il clima mediterraneo del luogo, data anche la particolare configurazione delle morfologie, è certamente più mite e temperato che altrove.

Qualcuno indubbiamente ha messo da tempo gli occhi, ma non solo, su questo angolo di paradiso. Quale miglior sfruttamento, magari tacciato come valorizzazione, sostenibilità, migliore qualità della vita… (cose dette, lette e rilette), se non quello di pianificare su tale incantevole gradone qualche decina di migliaia di metri cubi di nuove strutture alberghiero/ricettivo/residenziali?

Dunque il "modello di sviluppo" che anche in quel di Torbole si vuole perseguire è quello della speculazione edilizia? Ed in tal senso si spiega la necessità di quella amministrazione comunale di provvedere a servire quella zona di un’adeguata viabilità, ora fortunatamente insufficiente o inadatta al transito dei mezzi e automezzi pesanti indispensabili alle necessità cantieristiche?

La volontà espressa dal sindaco, strumentalmente amico dei new global e riscopertosi pure terzomondista in vista delle elezioni, sarebbe appunto quella di cancellare quell’oliveto con imponenti opere di sostegno del progettando nuovo tratto stradale (muri alti fino a 9 metri), malgrado i pareri contrari di tutti gli uffici provinciali competenti. Chissà che cosa spinge un primo cittadino, ciò malgrado, a presentare ricorso ai pareri avversi insistendo su un progetto devastante, improprio e pesantemente incurante delle specificità locali, uniche in tutta la Provincia.

Chissà cosa intende il primo cittadino per "sviluppo compatibile" quando si infervora preparando il terreno per operazioni immobiliari ben oltre il limite della pubblica decenza.

Appaiono altresì poco omogenei gli indirizzi programmatici dei tre "moschettieri" (quale il Re e quale la causa comune?), così definiti dal giornalista e fotografati in cronaca locale su L’Adige". Vi si parla pure di "salvaguardia del nostro territorio veramente unico" (ogni riferimento parrebbe obbligato). Vi si legge ancora la seguente affermazione di uno dei tre candidati: "In questi ultimi anni abbiamo fatto molto per evitare speculazioni edilizie, e questo lo si può fare se si costruisce con il controllo della pubblica amministrazione…". Sembrerebbe allora naturale concludere che "il riferimento a persone e cose non è affatto casuale".

Sorge spontaneo chieder loro e chiederci che cosa si intende per salvaguardia dell’ambiente e sviluppo compatibile. O meglio: di quale salvaguardia e sviluppo si sta parlando e quali sono gli interessi da difendere?

Quelli dei pochi noti o quelli propri delle regole della civile convivenza; del rispetto e del mantenimento, o della valorizzazione, dei patrimoni e dei tesori lasciatici dai nostri padri e che dovrebbe essere nostro dovere consegnare al meglio possibile ai nostri figli?

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