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I precari e la ministra

Adida (Associazione Docenti Invisibili da Abilitare)
La ministra Gelmini

Parlare di precariato scolastico è davvero complicato! Sia per la particolarità della materia, sia per l’angolazione ideologica da cui si osserva il fenomeno, sia per gli interessi che si rappresentano. Infatti, si tende ad oscurarne alcuni aspetti e ad esaltarne altri. Si mescolano questioni diverse tra loro e alla fine si genera una gran confusione, presentando così un quadro della situazione assai diverso dalla realtà.

È proprio ciò che balza agli occhi in modo lampante, per chi si occupa di scuola. Il riferimento è alla lettera del ministro Gelmini, pubblicata il 24 agosto sul Corriere della sera riferita a come si accede alla professione di insegnante. Non per l’assunzione, ma semplicemente per conseguire tramite appositi corsi di formazione la qualifica di docente, altrimenti detta abilitazione. I numeri sembrano essere talmente minimi che, per il momento, non sono abbastanza per avviare le procedure di selezione, almeno non per tutte le materie, tra le quali resterebbero fuori le principali.

Ebbene, il ministro Gelmini giustifica questa politica dicendo che non si possono alimentare nei giovani false speranze, poiché la scuola non avrebbe, a suo dire, più lavoro da offrire.

Il ministro, rivolgendosi ai giovani, omette di dire che in Italia esistono migliaia di docenti, magari anche giovani (oggi si è giovani fino a sessant’anni!) ma di certo esperti, poiché siedono in cattedra da oltre un decennio, e che sono ancora in attesa che tale titolo di abilitazione gli venga riconosciuto.

Si tratta di quell´esercito di migliaia di insegnanti, possessori di titoli validi ed idonei all´insegnamento, ma che il ministero, con una incoerenza rara, dopo averli regolarmente assunti per anni e valutando positivamente il loro operato, li chiama “non abilitati”.

Va premesso che, ai sensi dell´art. 33 della Costituzione non è possibile essere considerati idonei e non abilitati al contempo e che ai sensi della Direttiva Europea 36/05 recepita in Italia con dlgs. 206/07, i possessori di titoli validi all´insegnamento, siano essi abilitati o no, sono da ritenersi in ogni caso possessori di qualifiche professionali valide allo svolgimento di una professione regolamentata. Pertanto, sotto un profilo giuridico, ciò che risulta non solo incomprensibile, ma anche illecito, è la volontà del ministero di negare loro qualsiasi riconoscimento adducendo la responsabilità agli stessi precari, colpevoli a suo dire di non essersi formati, ed in nome di questa loro colpa soprassedere e calpestare ogni loro diritto fondamentale, rinnegando loro lo “status” di cittadini e lavoratori, arrivando addirittura a definirli “finti precari”.

Eppure questi “finti precari” hanno bocciato e promosso alunni, sono stati responsabili della classe e della formazione delle future generazioni, hanno firmato documenti ufficiali e sono stati perfino commissari d´esame. È bene ricordare che il vigente contratto di lavoro del comparto scuola non fa distinzione tra abilitati e no, pertanto le mansioni e prestazioni richieste ed attribuite al profilo professionale di docente sono esattamente le stesse.

Spiace inoltre constatare che il ministro Gelmini, con la scusa di non voler illudere le future generazioni, non solo le schiaccia sotto un macigno, ma si dimentica perfino che nelle centinaia di migliaia di contratti sottoscritti tra i dirigenti scolastici e i precari “non abilitati” vi è riportato che la formazione è un diritto del lavoratore e che i docenti in servizio dovrebbero accedere direttamente ad essa, che dovrebbe essere fornita gratuitamente ed addirittura retribuita come orario scolastico e di lavoro! Anche il Dlgs. 165/01 stabilisce in modo inequivocabile che è responsabilità del datore di lavoro, ossia del ministero, e non del dipendente, curare la formazione professionale dei lavoratori. L´art. 35 della Costituzione sancisce altresì il diritto alla formazione per il lavoratore e così anche il dlgs 368/01. Detto altrimenti, è bene ricordare al ministro che non spetta a lei preoccuparsi delle possibili illusioni di un “giovane” d’oggi, che potrebbe ritrovarsi abilitato ma disoccupato.

In compenso è suo preciso dovere onorare i contratti sottoscritti e la normativa vigente, secondo la quale o dichiara abilitati tutti i suoi dipendenti, o provvede a sue spese all´immediata formazione di coloro che non ritiene tali.

A ciò si aggiunge il fatto che, nonostante i forti tagli, non si può negare l’altissimo numero di pensionamenti che ci sono stati e che di certo ci saranno nei prossimi anni. Si arriva così alla conclusione che non solo ci sono i posti per la stabilizzazione di chi attualmente è precario, ma addirittura ci saranno anche per i giovani e i meno giovani che vorrebbero intraprendere la professione di docente.

Questi non possono vantare diritti di assunzione, ma è loro diritto sacrosanto completare se necessario la loro formazione e gareggiare per i posti di insegnamento che di certo nei prossimi anni si libereranno ed eventualmente utilizzare la loro abilitazione per insegnare nelle scuole paritarie o all´estero. Qualora venissero poi assunti, è giusto che vengano garantiti loro tutti i diritti che agli attuali precari “non abilitati” non sono stati finora riconosciuti.

La verità è che dietro ai “finti precari” non c´è mancanza di professionalità e competenza. Sembra, invece, faccia comodo tenere decine di migliaia di professionisti in condizione da non poter essere stabilizzati, neanche nel settore privato, quindi sottopagati e sfruttati. Sembra faccia comodo anche alle università ed alle organizzazioni private che stanno predisponendo corsi preparatori ai TFA (anche senza che tali corsi abilitanti siano stati banditi) definire “non abilitato” chi in possesso di lauree e titoli validi all´insegnamento ha prestato per anni servizio alle dipendenze del ministero. Sembra anche che ciò faccia comodo alle organizzazioni che “vendono” abilitazioni all´estero, sfruttando la disperazione di queste persone.

La verità è, per rispondere al ministro, che negando la formazione si evita forse di “creare nuove illusioni”, ma ancora una volta si creeranno precari destinati a vivere nell´incertezza e nella precarietà di un lavoro, diritto sancito dalla Costituzione italiana.

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