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Egregio direttore dell’Adige...

Graziano Ferrari
Il direttore dell’Adige Pierangelo Giovanetti

Venerdì 6 gennaio, leggo sull’’Adige l’intervento del direttore Pierangelo Giovanetti a sostegno del contratto unico, uno degli elementi significativi della nuova riforma del lavoro in discussione in questi giorni a livello nazionale tra governo e parti sociali. Riforma del lavoro che teoricamente si pone l’obiettivo del superamento della precarietà, come il titolo del l’intervento del direttore: “Basta precari”. Non entro nel merito della proposta, anche perché non è cosa ben definita. Ma le argomentazioni usate dall’egregio direttore, a sostegno del contratto unico, le ho trovate, quelle sì, ideologiche e prive di collegamento con le realtà del mondo del lavoro. Provo a spiegarmi.

L’egregio direttore dice: “Oggi la questione sociale più grave è la divisione fra lavoratori garantiti e non garantiti”. Sono convinto che oggi la questione sociale più grave, per tutti i lavoratori, sia il diritto al lavoro ed il suo giusto compenso.

L’egregio direttore dice: “La rigidità del diritto del lavoro ha portato alla proliferazione dei contratti atipici”. Non è la rigidità del diritto del lavoro che ha prodotto i contratti atipici, ma la scellerata e criminale “esigenza” del mondo imprenditoriale che in nome della competitività pratica la riduzione del costo del lavoro attraverso la precarietà, che si traduce in mobilità e cassa integrazione a nostre spese. Precarietà come elemento ricattatorio, senza alcuna distinzione, diffuso in tutti i settori del lavoro dipendente.

Continua l’egregio direttore: “I garantiti, contratto a tempo indeterminato, non vengono mai toccati in nome del rispetto dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori”. Non so dove viva l’egregio, ma da anni assistiamo a uno stillicidio di lavoratori licenziati, in mobilità, o in cassa integrazione, indipendentemente dall’art. 18 e dal numero dei dipendenti che compongono l’azienda. Omsa,Fincantieri, Ferrovie, Fiat Pomigliano, Termini Imerese, Melfi... l’elenco sarebbe quasi interminabile.

Oggi i garantiti sono un’entità astratta che frulla nelle menti di chi ha fatto del libero mercato la sua dottrina. I lavoratori, quelli che resistono, sono arrampicati sulle gru per chiedere rispetto e lavoro. L’art. 18 dovrebbe perlomeno richiamare a quel senso di responsabilità sociale alla quale anche le aziende sono tenute, visto che la quasi totalità ha beneficiato e beneficia di lauti contributi pubblici, e che in taluni casi sfrutta risorse di proprietà collettiva.

Continua l’egregio direttore: “Tale sistema profondamente ingiusto è causa di una spaccatura generazionale... Superare tale dualismo del mercato del lavoro è oggi urgenza del Paese... per ridare fiato e dinamicità all’economia”. La spaccatura generazionale la state creando voi, egregio direttore, con la vostra subdola propaganda liberista. Abbiamo sotto gli occhi una realtà imprenditoriale che ha investito, sia in passato che oggi, le briciole dei suoi profitti e che delocalizza senza dover rendere conto a nessuno. Credo che se a questi disinvolti signori si chiedesse di restituire tutti i capitali pubblici con i quali si sono ingrassati, quasi nessuno delocalizzerebbe. Sarebbero con buona probabilità con le pezze al culo. Ma no, non si può colpire così brutalmente l’anima del bel Paese! Forse potremmo chiedere loro che là dove vanno a delocalizzare applicassero ai lavoratori gli stessi contratti di lavoro, visto che l’azienda madre rimane in Italia. Ma no, è troppo, il libero mercato è così perché è libero e senza regole. Forse invece che speculare in borsa e giocare con la finanza (non quella dei controlli fiscali) sarebbe utile investire nel lavoro restituendo, in un momento di crisi, quello che tutta la collettività ha dato anche attraverso le proprie fatiche. Ma forse è troppo. Abbiamo creato ricchezza, stiamo ricevendo prediche e restrizioni.

Non stiamo vivendo un buon momento sotto l’aspetto democratico, siamo deboli e soli, ma per quel che vale, mi permetto di dare, egregio direttore, un metaforico calcio in culo a chi come lei, attraverso i media, ci istruisce al liberismo togliendo diritti a tutti e proponendo un livello di tutele che ci porrà tutti sullo stesso piano, cioè licenziabili in qualsiasi momento, come del resto sta già succedendo.

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