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QT n. 6, giugno 2012 L’editoriale

Usato sicuro?

Grillo demagogo qualunquista o nuovo che avanza? Bersani morto che cammina o usato sicuro? A noi pare che ognuna di queste definizioni contenga una parte di verità.

Il comico genovese è indubbiamente un demagogo che, oltre ad alcuni disgustosi svarioni (la mafia che non uccide, i figli degli immigrati indegni della cittadinanza) soprattutto si propone con un’imbarazzante sguaiatezza autoritaria, pilastro del suo messaggio. Si differenzia dai molti capipopolo che abbiamo avuti negli ultimi anni? Orlando con la Rete, Di Pietro con l’Italia dei Valori, Bossi con la Lega e Berlusconi con Forza Italia?

Tutti questi avevano interpretato indubbie istanze dell’elettorato: la sete di onestà (Orlando e Di Pietro), il disagio del Nord produttivo (Bossi), il desiderio di persone “concrete” - il miliardario venuto dal nulla - eppur capaci di far sognare (il Berlusconi della prima ora). Istanze e speranze naufragate nella pochezza e/o nella disonestà di chi si proponeva di rappresentarle.

Come questi campioni Grillo si affaccia sulla scena politica in un momento di crisi e insicurezza. Era il ‘92 quando il deficit alle stelle e la lira alle corde costrinsero Giuliano Amato ad operare nottetempo un prelievo forzoso dai conti correnti di tutti gli italiani; era la certificazione del fallimento della lunga serie di governi Dc-Psi, Tangentopoli avrebbe poi aggiunto l’ignominia a una fine ormai segnata. Ne sortirono i demagoghi. La politica cercò di contrastarli rinnovandosi (Prodi, l’Ulivo, i sindaci): tentativo prontamente - e per due volte, nel ‘98 e nel 2007 - fatto abortire dalle trame partitiche.

Oggi la crisi della finanza e dell’euro ci riporta indietro di vent’anni. Ancora il fallimento dei governi, ancora provvedimenti duri per turare le falle, ancora il demagogo per spazzare via apparati politici obsoleti.

Quanto obsoleti? Centratissima l’autodefinizione di Bersani: noi siamo l’usato sicuro. Definizione minimalista (l’uomo non è uno sbruffone), eppure solo in parte vera. Il Pd (e il discorso è uguale, anzi, più grave, per l’Udc di Casini) non è un usato garantito, “sicuro”. In effetti ha saputo svolgere con una certa competenza e puntigliosità compiti ordinari, vedi le amministrazioni di tante regioni, ma anche le provvisorie bonifiche dei conti statali con i due governi Prodi; quando però si è incistato al potere, si è gradatamente ossificato, degenerando, vedi ancora le amministrazioni rosse (ultimo, clamoroso, il caso di Siena) e più in generale la cultura della struttura partitica, locale e nazionale. Se in un partito il ruolo preminente è mantenuto da personaggi come D’Alema o Veltroni, che hanno infilato vent’anni di errori, è perché risulta espressione di una casta indifferente alla storia e alla realtà; plasticamente rappresentata dalla Finocchiaro che si fa spingere dalla scorta il carrello della spesa.

Allora, usato sicuro? Magari.

E poi l’usato, di questi tempi, non basta più. Le minacce della finanza, la crisi dell’Europa, la necessità (che non si osa rivendicare a sinistra!) di un riequilibrio nella divisione della ricchezza, disegnano nuovi orizzonti, impongono nuovi obiettivi, nuovi approcci con la società.

Non si vede nulla di tutto questo. Il massimo della progettualità è riversato nei bisticci attorno alla (pur necessaria) nuova legge elettorale. E allora nei sondaggi Grillo avanza ogni settimana.

In Trentino la crisi (per ora) morde di meno. E i grillini (per ora) sono latitanti.

Ma la dinamica è la stessa. L’usato sicuro (il centrosinistra) con Dellai ha governato per 15 anni. Complessivamente non ha governato male. Quindici anni sono però tanti e, causa anche il temperamento del presidente, sono evidenti pericolose tendenze accentratrici quando non vagamente autoritarie: è l’ossificazione del potere che abbiamo visto anche altrove. Sarebbe necessaria una decisa rivisitazione del dellaismo: voltare pagina, mantenere il buono (ricerca, università, attenzione al sociale) e scartare il vecchio che sa ancora di doroteismo (clientelismo, assistenzialismo a settori decotti ma amici, sprechi e conseguente pericolosa tendenza all’indebitamento). Di questo si parla poco.

Ne parla talora il gruppo Pd in consiglio provinciale. Non ne parlano le scombiccherate opposizioni, vigorose solo nella demente lotta contro l’orso, per il resto desiderose soprattutto di subentrare nelle clientele. Non ne fiatano gli assessori, timorosi di irritare l’ancor potente presidente. Non ne parla il Pd: “Delle elezioni del 2013 parleremo quando il quadro nazionale sarà più chiaro, quindi dopo le elezioni nazionali” ci ha detto un alto esponente democratico.

Con questa idea della politica, il grillismo ha vaste praterie.