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QT n. 9, settembre 2012 Trentagiorni

Lega in festa

Quando si tratta di organizzare appuntamenti estivi Cembra non scherza mica. 11 agosto: festa della Lega Nord. I big trentini tutti presenti: Savoi fa il padrone di casa con una bellissima t-shirt verde con scritto Trentino sul petto (ma chissà quale paese asiatico sull’etichetta del made in).

Civettini fa notare ai giornalisti come loro della Lega siano gli unici in giro a lavorare a metà agosto.

Arriva anche Fugatti, e ordina un bianco per tutti e tre.

Divina e Boso non mancheranno, ma preferiscono arrivare assieme a Lui.

Sì, perché il vero evento della serata non è la salsiccia a 3 euro e 50, né le ragazze che sfileranno mezze nude di lì a poco, ma la visita, in questa umile sezione di lavoratori del nord, del caro leader: Bossi sta arrivando.

L’attesa si percepisce tra tutti i presenti (non moltissimi), tranne una coppia che è proprio venuta per le salsicce.

I giornalisti intervistano i quadri del partito, nella speranza di strappare qualche espressione di sfiducia nei confronti del Senatur, ma i tentativi sono vani. Non si risparmia il biasimo verso figlio e moglie, ma Lui no: la nuova litania che accompagna il suo nome è: “senza Bossi la Lega non ci sarebbe neppure stata”.

Alle 9, quasi puntuale, arriva l’auto blu, e inizia la cerimonia che accompagnerà ogni passo di Bossi: strette di mano, facciamoci una foto insieme, dia un bacio al mio bambino (giuro!).

Tutti sono frenetici, giusto il tempo di farlo sedere sul palco, e in venti minuti la serata inizia davvero. La gente ora riempie la tenda, e forse è davvero un po’ emozionata.

In prima fila ci sono anziane che ridono e bambine con occhi illuminati dai riflessi delle scosciate che camminano, si fermano, ancheggiano, ripartono, si fermano di nuovo, e poi scompaiono.

Tutti sembrano perfettamente a loro agio nella surreale mescolanza di invettive contro Dellai (“Almeno quando c’eravamo noi al governo lo ricevevano, ora chiama a Roma e non gli rispondono neanche al telefono” - Fugatti), ringraziamenti ai volontari che stanno cucinando, e sorrisi finti delle sette ragazze in costume intero poi in bikini.

Ad un certo punto tocca a Bossi parlare, e rimango sorpreso perché si capisce tutto piuttosto bene. Le parole, intendo. I concetti sono un po’ più fumosi. Però mi è rimasta in testa la parabola dell’allodola (uccello irlandese che canta solo se è libero), che viene messa in gabbia da un cattivo soldato inglese che le ordina di cantare. L’allodola, ovviamente, triste per la libertà perduta, non canta. Allora il soldato imbufalito copre la gabbia con una coperta. Quando, dopo qualche giorno, va a controllare se l’orgoglio dell’uccello si è piegato al suo volere, scopre che l’allodola è morta.

Che metafore!

Le selezioni di Miss Padania finiscono, grazie a Dio, e un lungo tavolo viene preparato per la cena di quelli importanti.

Bossi si siede al centro e qualcuno, che potrebbe essere un Savoi o un Fugatti qualsiasi, taglia in pezzetti minuscoli la caprese appoggiata di fronte a lui.

Il brusio intorno al leader è un po’ scemato, e l’attenzione degli uomini della sicurezza (Digos? Polizia in borghese? Bodygard privati? Guardie padane?) si è improvvisamente accentuata.

Mi avvicino per fare una foto a questa incredibile scena che assomiglia troppo all’Ultima Cena, se non fosse che i piatti sono di plastica, e tra discepoli e Giuda padani negli ultimi mesi la distinzione non è così netta.

Uno bello grosso mi si para davanti, fa un gesto con la mano e perentorio dice: “Niente foto mentre mangia.”

Ma forse, più che dalla bocca di Bossi che si apre a fatica mentre ci infilano un pezzo di pomodoro, l’immagine della Lega risultava incrinata da una festa in cui, nonostante tutti gli sforzi, le sparate sull’economia strozzata del nord non erano l’elemento principale e salsicce e bikini il contorno, ma viceversa.