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Il mondo non è una merce

A Rio, il vertice dei Popoli per la giustizia sociale e ambientale

Francesca Stanca

Mentre gli occhi del mondo erano puntati al G20 di Los Cabos in Messico e alla decisione di investire un miliardo di dollari nei combustibili fossili, dal 20 al 22 giugno si è svolta a Rio de Janeiro la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile: 72 ore per decidere le sorti del mondo in materia di sostenibilità ambientale, chiamata Rio+20 perché lanciata a 20 anni esatti dal Vertice ONU su Ambiente e Sviluppo.

Fin dall’apertura dei lavori, il titolo più significativo comparso sui quotidiani nazionali era “Senza ambizioni”, con la previsione che i politici “insostenibili” avrebbero messo in scena il solito teatrino mediatico, offrendo alla crisi strutturale delle false soluzioni, come ad esempio la green economy.

Contemporaneamente, dal 15 al 23 giugno, si è tenuto a Rio il Vertice dei Popoli (Cupula dos Povos), un summit democratico e partecipativo al quale i movimenti sociali di tutto il mondo hanno voluto dare vita come alternativa dal basso all’incontro blindato dei potenti.

La Cupula dos Povos ha preso forma nello splendido scenario dell’Aterro do flamengos, un parco dal nome evocativo (“Atterraggio dei fenicotteri”), che si affaccia sulla splendida baia di Guanabara: qui, all’ombra delle mangrovie, decine di padiglioni ospitavano incontri, assemblee, conferenze, riunioni, installazioni artistiche e appuntamenti culturali attraversati ogni giorno da circa 40.000 persone.

L’intento della Cupula dos Povos era di denunciare la green economy, spacciata come via d’uscita dalla crisi: una falsa soluzione che punta alla mercificazione della natura e alla privatizzazione dei beni comuni, l’ennesimo tentativo da parte delle multinazionali di accaparrarsi le risorse del pianeta, legittimare la violazione dei diritti umani e privatizzare la natura a scopo di lucro.

Nella giornata conclusiva, l’assemblea della Cupula ha presentato un documento, frutto del lavoro delle 5 plenarie che hanno discusso per costruire delle soluzioni condivise (plenaria su giustizia ambientale e sociale, beni comuni, sovranità alimentare, energia e lavoro), consegnato da una delegazione al segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon.

Nel documento si descrivono le proposte dei movimenti sociali che hanno partecipato al Vertice dei Popoli, ovvero contadini, indigeni, donne, studenti, neri e tutti coloro che vengono emarginati: le soluzioni alternative risiedono nei popoli stessi, nelle loro storie, conoscenze e sistemi produttivi tradizionali: la difesa degli spazi pubblici nelle città, la partecipazione popolare, l’economia solidale e la valorizzazione di quella locale, la sovranità alimentare, un nuovo modo di produzione, distribuzione e consumo delle risorse.

Nel documento si parla poi della necessità di riconoscere il lavoro delle donne, il loro diritto ad una vita libera dalla violenza, e di stabilire una rete di sicurezza sociale, con politiche pubbliche che garantiscano condizioni di lavoro degne.

Sono i popoli stessi che vogliono determinare a cosa e a chi vanno destinate le risorse energetiche e naturali, le quali devono essere mantenute sotto un controllo comunitario e democratico, secondo un nuovo modello energetico basato sulle energie rinnovabili decentralizzate, che garantisca energia per le popolazioni e non per le multinazionali.

Ban Ki Moon ha definito l’incontro con la delegazione della Cupula dos Povos come il migliore della sua vita: chissà se avrà realmente compreso che solo l’agricoltura locale e contadina, a differenza di quella industriale, può realmente “raffreddare” il nostro pianeta.

Francesca Stanca - Associazione Ya Basta, Trento

* * *

La dichiarazione finale del summit e i documenti delle plenarie, gli articoli e le interviste raccolte (tra le quali ad Alex Zanotelli, Vandana Shiva, Leonardo Boff, Boaventura de Sosa Santos...) sono disponibili nella sezione “Mondi” del sito globalproject.info.

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