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QT n. 4, aprile 2013 Servizi

Una novità: i Facebookumentari

Un nuovo giornalismo per recuperare la memoria

Di Facebook oramai tutti sanno tutto. Tutti sanno, cioè, che è uno dei più popolari social network del mondo. Che è stato inventato (se così si può dire) dall’ex ragazzino, oggi milionario, Mark Zuckerberg. Che è, per numero di accessi, il secondo sito al mondo, secondo solo a Google. Che “ospita” videogiochi e guadagna soldi attraverso banner pubblicitari. Quasi tutti sanno che è anche una società quotata in borsa sulla quale è stata fatta una velata speculazione finanziaria e che detiene, oggi, anche la proprietà di applicazioni succose (e lucrose) come Instagram. I suoi utenti sanno che, lo si voglia o meno, è una bacheca di scambio per milioni, miliardi di persone. Scambio di che? Di immagini, opinioni, documenti (non molti, a dire il vero), identità, passioni; di idee politiche, di idee non politiche, di messaggi di amore, di minacce e insulti, di foto di gattini, di pacche sulle spalle digitali. Su Facebook, in qualche modo (a tratti sgarrupato), si fa anche divulgazione.

Ma pochi, a onor del vero, hanno utilizzato il popolare strumento per raccogliere in un unico spazio fatti e dati di singoli avvenimenti e per ricostruire la storia di questi avvenimenti dal principio alla fine. È il caso di Isacco Chiaf, giovane autore - insieme a Cecilia Brioni - di un solido, dettagliato e puntuale documentario sulla strage fascista di Piazza della Loggia. Il documentario, o Facebookumentario (come l’ha definito l’autore stesso), sfrutta la timeline del social network per narrare, evento dopo evento, anno dopo anno, l’evoluzione dei dolorosi fatti e dei processi seguiti alla strage scandalosamente impunita di Brescia. Una sequenza, inesorabile e luttuosa, di fatti, date e nomi: le bombe del ’74 alla coop, alla sede del PSI e alla CGIL di Brescia; Ordine Nuovo; Francesco Delfino; l’Italicus e la strage di Bologna; l’assassinio di Pier Paolo Pasolini; i depistaggi; Angelo Izzo; la P2 e la Gladio; Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi; Gaetano Pecorella; le assoluzioni con formula dubitativa. Una verità “a portata di mano”, ma “coperta da una velina opaca e traslucida che impedisce di portarla in superficie”. La meritoria e ingegnosa idea è stata ripresa dall’autore per proporre un nuovo documentario all’interno del progetto “Ma chi me lo fa fare” che, oltre a Chiaf, ha coinvolto Andra Fama, redattore di “Libertà di stampa- Diritto d’informazione”, e Jacopo Ottaviani, giornalista freelance e collaboratore de “Il fatto quotidiano”. Il presupposto è che la libertà d’informazione, diritto costituzionale, viene pesantemente limitata e minacciata da intimidazioni, aggressioni, querele pilotate; e a farne le spese sono spesso giornalisti indipendenti, magari giovani e precari. “Ma chi me lo fa fare- Storie di giornalisti minacciati” è proprio il tentativo di dare voce e sfondo alle vicende preoccupanti raccolte dal l ’osservatorio Ossigeno per l’Informazione, per risvegliare le coscienze e, soprattutto, per evitare l’oblio. Partendo dai dati elaborati dall’osservatorio e attraverso mezzi e linguaggi digitali, sono nati una mappa interattiva, che geolocalizza i quasi duecento casi di minaccia (accorpati per tipo) che hanno colpito nel 2013 più di trecento giornalisti, e - appunto - il Facebookumentario di cui sopra, cha approfondisce alcuni dei casi documentati. Un modo interessante e non banale di utilizzare i nuovi strumenti comunicativi. E di fare memoria storica?

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