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QT n. 10, ottobre 2013 Servizi

Il fallimento della territorialità

Lo sconfortante panorama elettorale della Valle di Fassa

Non poteva andare diversamente in Fassa. Una valle, nemmeno diecimila abitanti, spaccata da personalismi e da egoismi, non poteva che presentarsi a questa tornata elettorale divisa. Si confronteranno ben tre liste ladine (delle quali una cassata dal Tribunale per una raccolta di firme non conforme). Come abbiamo scritto nel numero scorso, le responsabilità maggiori ricadono sulla UAL, il partito di raccolta, che non è stato capace di fare sintesi delle culture che animano il territorio e che non ha nemmeno provato ad elaborare un disegno politico e sociale; oggi, quanto rimane della UAL è un insieme più disunito che mai di singoli personalismi e di visioni deboli della valle.

La lista guidata da Emilio Talmon - Autonomia Ladinia Dolomites - vicina alla Lega, richiama solo vecchi rancori: l’alta Fassa che vuole liberarsi di Moena e propone la riapertura della diatriba sui confini della Marmolada. È la lista che il Tribunale ha bocciato.

Alessandra Cloch, capolista della lista Fassa

Il clamore vero è rappresentato dalla lista Fassa. Una lista che raccoglie esponenti della destra fassana, ex amministratori come la signora Cloch, già sindaco di Pozza, capolista di facciata, l’ex sindaco di Campitello Leonardo Bernard, e la sorpresa del sindaco di Moena Riccardo Franceschetti, esponente storico della UAL, avviato allo scadere del suo terzo mandato e quindi non più candidabile nelle amministrative del 2015.

Questa lista merita attenzione, in quanto fa a pezzi ogni passaggio della cultura di Dellai e Gilmozzi. L’UPT ha fatto della territorialità il suo programma e la base della sua esistenza. Illudendosi che politiche territoriali spezzatino, come quelle insite nelle Comunità di valle, riescano a superare i localismi per inserirli in una prospettiva di politica più generale, capace di dialogare con i territori vicini e anche oltre confine. In realtà minuscole e che si ritengono autosufficienti, come la valle di Fassa, l’esaltazione della territorialità non poteva che alimentare l’autosufficienza dei comuni-polvere, il conflitto fra le varie istituzioni e l’emergere degli egoismi di territorio.

La lista Fassa è la sintesi di questa deriva e nasce dallo scontento di Moena. Una società privata, la SMA, propone un collegamento funiviario non previsto né del PUP, né da altri piani dei comuni interessati (Moena, Soraga, Vigo di Fassa). Presenta in Provincia un piano di finanza discutibile, sia nelle modalità di stesura che nei contenuti sociali ed economici, incurante di aspetti paesaggistici e di una valutazione d’insieme dei problemi reali del turismo e dell’accoglienza. Solo perché il piano stralcio della mobilità di Fassa non prevede la realizzazione dell’opera, alcuni protagonisti dell’impresa si sono attivati nella costruzione della lista alternativa alla UAL. Le candidature sono una sommatoria di dirigenti della SMA, amministratori insoddisfatti e rancori personali in valle divenuti cancrena.

Da parte degli animatori della lista Fassa nessuna riflessione sulle conseguenze politiche di un simile passo. Non è casuale che il direttore dell’Adige con prontezza abbia proposto l’abolizione del privilegio del seggio garantito alla valle di Fassa. Come non sarà casuale, subito dopo le elezioni, l’ulteriore emarginazione della realtà di Fassa dal contesto della politica provinciale; chiunque si ritrovi eletto, sia questo membro della UAL o della lista Fassa. Il consigliere sarà rappresentativo di un contesto frantumato, animoso e forte di un gruzzolo di poche centinaia di preferenze. Impossibilitato perfino a fare sintesi della realtà, per la verità poco complessa, di Fassa.

Il tutto è nato dalla mancata votazione in Comun General del piano sociale elaborato da Trentino Sviluppo in vista della pianificazione territoriale della valle, un piano che, qualora adottato, avrebbe permesso agli amministratori ben altre riflessioni sul loro territorio e sul futuro delle loro genti. È Moena che delude il Trentino: un comune che ospita la più stupida delle strutture, il teatro di Navalge, un sarcofago ingestibile, oggi vorrebbe imporre sui suoi boschi più eleganti un impianto che ha come obiettivo reale solo quello di risolvere problemi economici e di passaggi degli impianti di Carezza e che prevede, nel medio periodo, la distruzione del gruppo del Latemar, collegando Carezza a Pampeago. Altre comunità “Alpine Pearls” nelle Alpi, più deboli di Moena, avvicinano gli ospiti con piccoli ed efficaci segni, sentieri ad alta specificità, risparmio energetico, lavori di miglioramento ambientale su boschi e pascoli. E queste iniziative, questi impegni, sono la struttura portante e magica della loro offerta. Non ci si può stupire della caduta di credibilità dell’insieme di un territorio. Un territorio che dimentica perfino Dolomiti UNESCO, appuntamento che raccorda reti e dalle quali Fassa, troppo supponente, rimane sempre assente.