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Streghe, streghette

È il pensiero di molti uomini: le donne o sono come la strega di Biancaneve o come la fata Turchina, in base all’umore che hanno. Della magia femminile esistono definizioni poetiche: le donne hanno la vista e l’udito di un gatto, parlano con gli alberi, gli specchi e le farfalle, possiedono la bellezza del mare in burrasca e il profumo della lavanda. Nella mia realtà le prime streghe malvagie furono alcune insegnanti delle scuole medie, età che coincide con la preadolescenza, quando nel corpo ti scoppia un petardo ormonale. E si trasforma in brufoli enormi, pelle e capelli unti, mal di pancia e tanti di “quei giorni”. In un altro secolo, quando non avevano ancora inventato, l’usa e getta, ogni bambina riceveva da sua madre, come corredo, un tot di panni di cotone riutilizzabili allo scopo.

Poi arrivò la strega Mammana, che mi fece partorire quando volle lei e non quando la natura aveva deciso, perché a quell’ora lei mangiava il risotto. E mi aveva pure chiesto: “Ci lascia mangiare il risotto, signora?” Ma certo, ho risposto magnanima, pensando a un piatto di riso uscito dalle cucine e che si stava raffreddando. Ingenua e oca come sono, con innato autolesionismo. Ostetrica e infermiera con il mio permesso si sono quindi volatilizzate per quasi due ore e rinchiuse in una cucinetta defilata a prepararsi il famoso risotto. Inutile suonare il campanello... quell’ostetrica era nota e sopportata perché prossima alla pensione. Ma se ti capitava all’ora di cena, pilotava i parti in base alla sua fame o alle colleghe che arrivavano quando smontava il turno di notte. Fui comunque molto più fortunata, della povera signora venuta dopo di me, e della quale ho scritto in “Coincidenze?”.

Ci fu poi la strega Apina, consigliatami come molto affidabile da un’amica. Era simile d’aspetto a una foca monaca trasandata e gonfia, indossava ridicoli fuseaux rosa fucsia, dimenando un sederone taglia XXL, spostando l’aria quando passava. Abitava in una casa Itea in collina e si dichiarava un’invalida al lavoro che arrotondava la misera pensione offrendo la sua consulenza per guarire malattie altrimenti incurabili. Una missione, la sua, che prendeva molto seriamente, studiando per ore in biblioteca la malattia di cui soffrivi. L’aggancio avveniva tramite conoscenze comuni che dovevano portarle una tua fotografia, poi lei con il pendolino avrebbe individuato la patologia e trovato la cura adatta. Ma prima voleva conoscerti di persona, spiegarti che era una cura costosa e complessa, richiedeva molto impegno e costanza dando però ottimi risultati. Soprattutto voleva un anticipo, perché lei si attivava solo dopo l’acconto. E lì una lunghissima pappardella riguardo ai medici che davano cure uguali per tutti, mentre lei agiva soprattutto sul tuo caso. A quel punto di solito arrivava Bobo, il suo fidanzato, che controllava andasse tutto bene e ritirava i contanti per correre in farmacia e ordinare le pozioni magiche. Amore ostacolato, il loro, dalla mamma di Bobo, che non si decideva a renderlo orfano.

La mia cucina si riempì allora di bottigliette di vetro marrone stile farmacia di tutte le misure. Estraevo con il contagocce cinque gocce di vitamina ABCDÌ, quattro di alimenti proteici, sei di sali minerali, mezza goccia di tabasco e dieci di apina che costava un milione al litro (eravamo nel 1994). Agitare il tutto per venti volte e bere velocemente dieci bottigliette di fila ogni ora. Apina mi spillò parecchi soldi e distillò la mia pazienza senza darmi nessun beneficio. Devo ancora ringraziare l’amica che mi diede la dritta! Purtroppo quando la malattia è grave, regredisci e ascolti tutti, ti dicessero di spargerti cacca di piccione sul capo lo faresti.

Invece la strega Taroccona, spacciatami come indovina esperta, mi provocò una settimana di agitazione e insonnia dopo una feroce interpretazione di tutti quei tarocchi che mi ero estratta da sola e che le avevano causato afasia, pallore e sguardo imbambolato; al mio imbarazzato chiedere rispondeva che non aveva mai visto delle carte così brutte... mai, sottolineava! Eppure gira a piede libero, l’ho incontrata da poco e ha pure lo sguardo tronfio del “te l’avevo detto io”!

Ora ci sarebbe bisogno di una fata Turchina, c’è molto lavoro arretrato.

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