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QT n. 11, novembre 2013 Monitor: Arte

Antonello Da Messina

Il percorso di un pittore

Antonello, Annunciata. Palermo, Palazzo Abatellis.

Curata da uno dei massimi esperti dell’artista, Ferdinando Bologna, affiancato nell’impresa da Federico De Melis, la mostra consacrata dal Mart ad Antonello da Messina (fino al 12 gennaio) ha già fatto parlare molto di sé, tra plausi e polemiche. Una mostra col suo doppio: ad affiancare la mostra ce n’è infatti un’altra, inscindibile, dedicata al ritratto contemporaneo: “L’altro ritratto”. Tuttavia, vista la portata dell’evento, realizzato in partnership con la Regione Sicilia e forte di numerosi prestiti internazionali, vale per ora la pena concentrarsi solo sul lato antico della medaglia, rimandando a un prossimo numero l’analisi della mostra curata dal filosofo Jean-Luc Nancy.

La mostra su Antonello da Messina offre innanzitutto quello che ci si aspetterebbe, ma che raramente accade in una mostra di artisti da tempo storicizzati: un passo avanti nella storia dell’arte. Certo, ci sono i capolavori amati dal grande pubblico, per giunta fragilissimi, con tutto il peso dei loro 600 e più anni. Ci sono però anche le date precisate, i raffronti, le opere fresche di restauro e dunque pronte per essere viste sotto una nuova luce, la filologia dell’analisi storico artistica che torna ad esprimersi.

Al contempo, però, la mostra è assolutamente visionaria. Non nel senso fantastico del termine, quanto nella capacità di offrire una visione del milieu artistico in cui Antonello da Messina si mosse, influenzando altri artisti e venendone a sua volta influenzato. Rispetto alle altre mostre dedicate al messinese (l’ultima è del 2006 alle Scuderie del Quirinale) quella di Rovereto ambisce a ricostruire non solo l’evolversi stilistico dell’artista, ma anche il contesto alla base di tale evoluzione. Un contesto che ha come opposte influenze da una parte l’arte fiamminga, con il suo dettagliato realismo, dall’altra la centralità prospettico-luminosa portata avanti da Piero della Francesca. Accanto alle numerose opere di Antonello la mostra ospita per tale ragione anche importanti lavori di artisti quali Giovanni Bellini, Jan van Eyck, Alvise Vivarini, Jan Fouquet - il massimo pittore e miniatore francese del Quattrocento - e Colantonio, per citare solo i nomi più noti.

Seguendo uno sviluppo cronologico, il percorso parte dalla formazione di Antonello, avvenuta nella Napoli di Alfonso d’Aragona, tra influenze provenzali-borgognone e fiamminghe, per approfondire poi la lezione tutta italiana di Piero della Francesca, che diffuse successivamente a Venezia e nella Milano sforzesca. È però il periodo della formazione, quello appunto pre-veneziano, ad essere approfondito e indagato tramite raffronti. Ovvero il periodo finora meno investigato, a causa della scarsità di opere, tanto più in buono stato, dovuta innanzitutto a due drammatici eventi sismici che interessarono la Sicilia e Messina, in particolare a fine ‘700 e nel 1908.

Ad aprire il percorso è una Sant’Eulalia desunta da una delle figure del Trionfo della Morte a Palazzo Abatellis a Palermo, unica opera giuntaci della primissima formazione di Antonello, anteriore al trasferimento a Napoli presso la bottega di Colantonio. In tale contesto, dominato da influenze fiamminghe e borgognone, l’artista si avvicina alla lezione di Piero della Francesca, tradendo tale influsso già in un’opera emblematica come l’Annunciata della Pinacoteca di Como, secondo lavoro del messinese posto in mostra. Queste due prime opere, per tornare al discorso della qualità “filologica” di questo evento in raffronto all’esposizione del 2006, sono state ricondotte in maniera puntuale ai pennelli di Antonello soltanto ora.

Ci sono poi i veri capolavori, quelli che muovono le folle per il semplice fatto di essere molto noti. Due su tutti: l’Annunciata di Palermo (1476 circa), una delle opere più emblematiche del Rinascimento italiano, e l’Annunciazione di Siracusa, freschissima di restauro e giunta inaspettatamente nel corso dell’inaugurazione, con tanto di folla ad attenderla per una buona mezz’ora, quasi fosse un happening.

Modernità di Antonello...

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