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QT n. 12, dicembre 2013 L’editoriale

Finalmente

Silvio Berlusconi

Non ho mai provato simpatia per Silvio Berlusconi. Forse ero prevenuto. Sapevo che era compare di Bettino Craxi. La prima volta che ne sentii parlare fu quando le televisioni territoriali che aveva acquistato furono bloccate dai giudici perché trasmettevano servizi unificati su tutto il territorio nazionale, ciò che era vietato dalla normativa vigente. In ventiquattr’ore Craxi emanò un provvedimento che gli rese legittimo ciò che prima era vietato. Fu così che nacque il suo impero televisivo, il suo mercato pubblicitario, la sua potenza. In cambio versò all’amico Bettino qualche bel miliardo di lire. Già questo precedente diceva tutto. Poi seguirono le conferme.

Ma prima ancora dei fatti è la stessa fisionomia del personaggio che mi provocava una certa ripugnanza. La maniacale cura della sua persona fisica era l’indizio meno riprovevole ma già di per sé significativo. La cerchia di persone che lo circondava, servili più che fedeli, dipendenti più che consenzienti, ne tracciava un ritratto tipico del capo azienda, del padrone. Il suo linguaggio sempre autoreferenziale, io qua io là, “ghe pensi mi”, rivelava la mentalità di una persona piena di sé, un esemplare estremo di narcisismo.

Anche le sue feste private, ove troneggiava circondato dalle Olgettine, rivelavano la tendenza tipicamente senile a supplire con fastose offerte di grazia femminile alla incurabile impotenza erotica. Anche questa comunque era solo una manifestazione scenica del potere economico destinato al suo servizio. Il peggio sta altrove, ed è assai abbondante.

Entrato in Parlamento con i suoi avvocati e conquistato il Governo, ha sprigionato tutta la sua malvagità. Aveva promesso grandi riforme liberali ma in realtà ha provveduto soltanto a garantirsi la propria libertà. L’abolizione del falso in bilancio e le leggi riduttive del periodo di prescrizione dei reati di cui era sospettato formano un corpo organico di leggi ad personam che gli hanno consentito, con anche la clemenza di giudici che gli hanno riconosciuto le attenuanti generiche, di eludere la legge. Con il risultato di vedere condannati i suoi più stretti collaboratori e lui esente da sanzione per gravi reati di cui proprio lui era stato il beneficiario. Il suo avvocato Previti sta ancora scontando la pena. Il suo primo socio Dell’Utri è condannato per aver curato i suoi rapporti con la mafia. Lo stalliere Mangano godeva della sua riconoscente ospitalità. Suo fratello Paolo si è accollato una pesante condanna per avere corrotto la Guardia di finanza che indagava sugli affari delle aziende di famiglia. Come si vede, un quadro che nel suo complesso mostra il suo unico impegno politico, cioè garantire la propria personale incolumità rispetto a comportamenti illegali che ne caratterizzano l’intera biografia.

Purtroppo per lui, però, non ce l’ha fatta a scansare tutte le conseguenze delle sue malefatte. Frodi fiscali, sfruttamento della prostituzione minorile, compravendita di senatori sono capitoli ancora aperti. Ed allora tutta la sua irruenza si è scatenata contro i giudici, i giudici comunisti che ne hanno fatto un martire.

Ora è decaduto da senatore. Il 27 novembre 2013 è una data importante in questa ventennale vicenda. Fatte le giuste proporzioni, ricorda un po’ il 25 luglio 1943, quando il Gran consiglio del fascismo sfiduciò Mussolini, ma il dramma continuò anche dopo. Così oggi la decadenza di Berlusconi non coincide con la fine del berlusconismo. Egli stesso continuerà a farsi sentire. Ma soprattutto i suoi seguaci, i suoi incredibili elettori, il suo potere mediatico persisteranno a turbare la vita di questa nostra povera Italia. Ogni giorno siamo tormentati da notizie scoraggianti. I giovani non trovano lavoro, le aziende chiudono, i consumi calano, la povertà cresce. E noi siamo dominati dalle polemiche sulla decadenza di Berlusconi o sulle dimissioni della Cancellieri.

Riuscirà il Partito Democratico a coinvolgere il nostro popolo in uno sforzo culturale e politico capace di tracciare un percorso che ci faccia uscire da questa crisi?

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Commenti (1)

Accanimento giornalistico Giovannini

Mi dispiace signor Ballardini, ma non approvo affatto quello che lei scrive, il suo articolo peraltro non è corretto e non rispecchia la realtà. Dimostra inequivocabilmente che lei ha un forte pregiudizio nei confronti del signor Berlusconi un uomo che, con le sue aziende, da lavoro a migliaia di famiglie sia di destra che di sinistra e, con tutte le tasse che paga, contribuisce a mantenere anche tanti strafalcioni chiacchieroni dell'apparato statale. Pensi che cosa potrebbe accadere se la figlia Marina, di fronte alle ingiustizie che subisce quotidianamente il padre, decidesse di chiudere e portare tutto all'estero. Non sia così accanito e guardi meglio la realtà altrimenti rischia di alimentare solo odio e violenza verso un uomo che non merita questo. Buon Natale
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