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Un genocidio di cent’anni fa

Come lo Stato turco sterminò quasi completamente il popolo armeno. Da “Una Città”, mensile di Forlì.

Sebbene il termine “genocidio” sia stato introdotto nel 1944, quindi molto tempo dopo gli avvenimenti del 1915-16, anche il massacro degli armeni può configurarsi come un genocidio. Si parla di “genocidio”, infatti, quando un intero gruppo umano viene distrutto. E nel caso degli armeni fu annientato quasi completamente un gruppo nazionale, etnico e religioso. Chi rientrava in quel gruppo venne ucciso solo per via della sua appartenenza, cioè solo perché era nato armeno. L’altro elemento che configura un genocidio è l’intenzione di chi lo commette. E questa intenzione era evidente in chi organizzò il genocidio armeno: il governo turco.

Nel corso dell’Ottocento l’impero Ottomano, in piena decadenza, aveva perduto grandi porzioni di territorio a causa della pressione delle potenze europee. L’impero contava 22 milioni di abitanti, di cui almeno 10 erano cristiani. Per tutto l’800, il diritto d’intervento negli affari interni ottomani in difesa dei cristiani fu utilizzato dagli Stati europei per suddividersi le spoglie dell’impero, soprattutto nella sua parte europea. Così la Russia intervenne più volte in difesa delle popolazioni ortodosse dei Balcani (rumeni, bulgari e serbi), mentre l’Inghilterra appoggiò la lotta dei greci per l’indipendenza. Fra le popolazioni cristiane dell’impero gli armeni erano un caso a parte, non essendo cattolici né ortodossi né protestanti, ma gregoriani monofisiti (la dottrina monofisita, riconoscendo la sola natura divina in Cristo, fu condannata come eretica nel V secolo). Per questo gli europei si mostrarono sempre poco disponibili a proteggere questi cristiani “particolari”. Quando, periodicamente, i turchi scatenavano violenti pogrom contro gli armeni, le potenze europee si limitavano a proteste diplomatiche. All’inizio del ‘900, avendo l’impero Ottomano perso tutti i territori europei, all’interno dei suoi confini restava una sola, grande popolazione cristiana, gli armeni appunto, sparsi fra la parte orientale dell’Anatolia e il Caucaso. Neppure la rivoluzione del 1908, che trasformò l’impero in monarchia costituzionale e portò il partito di Unione e Progresso dei Giovani Turchi alla guida dello Stato, cambiò le cose per gli armeni, le cui aspirazioni nazionali rimasero frustrate.

Allo scoppio della Grande Guerra, il governo turco si alleò con Germania e Austria-Ungheria e attaccò la Russia lungo la frontiera caucasica, nella regione abitata dagli armeni. Ma nel gennaio 1915 i turchi vennero sconfitti e costretti a ritirarsi. A quel punto il governo organizzò il programma di eliminazione della popolazione armena, temendo che anche in Asia Minore, in seguito all’indipendenza ottenuta dagli armeni, si verificasse lo stesso processo di smembramento territoriale già avvenuto nei Balcani. I Giovani Turchi temevano questo esito perché capivano che la Turchia non sarebbe più stata una potenza europea, ma essenzialmente asiatica, potendo ormai estendere la propria influenza solo verso il Caucaso e l’Azerbaigian. Una nazione armena indipendente avrebbe ostacolato queste mire territoriali.

In occasione della ritirata dei loro eserciti, i Giovani Turchi pensarono di risolvere definitivamente la questione col pretesto di dover allontanare gli armeni dalla zona di guerra perché avrebbero potuto collaborare col nemico.

Così, nella notte del 24 aprile 1915, a Costantinopoli vennero arrestati i notabili e gli intellettuali della locale comunità armena, che avrebbero potuto dirigere un movimento di resistenza nella parte orientale dell’impero, dove risiedeva più della metà degli armeni. E iniziò la deportazione, a piedi, di donne, vecchi e bambini, mentre gli uomini validi, separati dal resto della popolazione, vennero fucilati sul posto. Prima ancora di quella data, però, si era già provveduto a disarmare i soldati armeni che servivano nell’esercito, eliminandoli successivamente.

Tecniche di massacro

Fin dai primi giorni si registrarono dei massacri: la popolazione di interi villaggi venne infatti eliminata. Ma l’originalità di questo genocidio sta nel fatto che fu la deportazione il principale mezzo di sterminio. Gli armeni non vennero uccisi in campi di concentramento, ma massacrati prima ancora di arrivarvi. Ufficialmente, furono inviati verso Aleppo, nel nord della Siria, ma non vi arrivarono mai, salvo una piccola minoranza. Fu sulle strade della deportazione che vennero attaccati ed eliminati.

Terminata questa prima fase, tra il maggio e l’agosto del ‘15, si procedette a deportare l’altra metà degli armeni, dispersi nel resto dell’impero. Questa nuova deportazione avvenne in maniera più “moderna”: le persone furono caricate sui treni e mandate a est. Tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916 una parte degli armeni fu inviata in Siria, nei cui campi di concentramento vennero rinchiuse 200.000 persone e un’altra parte fu mandata verso Deir es Zor, che era la porta del deserto della Mesopotamia, e lì venne uccisa oppure fu mandata a morire di fame e di sete nel deserto. Ecco, a grandi linee, come si svolse il genocidio armeno: iniziato nell’aprile del 1915, nel luglio 1916 era già compiuto. Il programma di estirpazione degli armeni dal seno dell’impero Ottomano venne portato a termine in soli 15 mesi.

Uno sterminio politico

Come si è detto, le motivazioni non furono religiose: i Giovani Turchi erano infatti un movimento ateo e con la loro rivoluzione avevano rovesciato il potere del sultano e abolito la legge islamica. Le motivazioni furono essenzialmente politiche: si voleva risolvere un problema ritenuto altrimenti insolubile eliminando una popolazione che dava fastidio.

Erano però presenti anche motivazioni razziste. Secondo l’ideologia del partito Unione e Progresso, i turchi appartenevano a un antico popolo sparso in tutta l’Asia che doveva essere riunito. Dapprima, occorreva riunire i turchi dell’Asia Minore, e questo era il turchismo. Poi, bisognava raggruppare i turchi dell’Asia Centrale e dell’Azerbaigian, e questo era il panturchismo. Ma vi era un livello superiore, il turanismo, che riattualizzava l’antico mito di Turan, secondo cui si dovevano raggruppare in un solo Stato tutti i popoli originari dell’Altai, l’altopiano dell’Asia Centrale, allo scopo di riprendere l’antica lotta dei turaniani contro gli ariani. Questa mitologia razzista e la dimensione mitologica hanno sempre un ruolo nella preparazione di un genocidio, e gli armeni cristiani furono le prime vittime di questo mito razzista che, se avesse continuato a realizzarsi, avrebbe coinvolto gli arabi, anch’essi votati alla distruzione in quanto ulteriore ostacolo sulla strada del turanismo.

Le cifre delmassacro

Le cifre di un genocidio sono sempre difficili da calcolare. La difficoltà maggiore sta nel fatto che non sappiamo con certezza quanti armeni vivessero nell’impero Ottomano prima del 1915. La maggior parte degli storici calcola in 1 milione e 800.000 la popolazione armena prima del genocidio e in 1 milione e 200.000 le vittime. In pratica, due terzi degli armeni morirono nel giro di 15 mesi. Di questi, una metà venne assassinata sul posto, mentre l’altra metà fu eliminata nel corso della deportazione. Dei 600.000 sopravvissuti, una parte si rifugiò in Russia approfittando dell’avanzata dell’esercito zarista, un’altra parte restò a Costantinopoli e in altre città, dove gli armeni vennero risparmiati per non suscitare le proteste delle ambasciate europee; una parte ancora, soprattutto donne e bambini, si salvò rifugiandosi in orfanotrofi o in case di turchi e venne in qualche modo “turchizzata”. Infine, 200.000 deportati sopravvissero ai campi di concentramento e riapparvero a guerra finita.

In sostanza, l’organizzazione della strage fu condotta da un piccolo gruppo alle dipendenze del partito Unione e Progresso, ma anche la popolazione vi prese parte perché non aveva il diritto di proteggere gli armeni e anzi aveva interesse a impadronirsi dei loro beni.

Questo genocidio non è mai stato veramente sottoposto a giudizio: i soli processi istituiti furono quelli celebrati in Turchia nel biennio 1919-20. Gli inglesi, che nel dopoguerra occupavano Costantinopoli, volevano giudicare loro stessi i criminali, ma il governo turco, che non era più composto dal partito Unione e Progresso, rifiutò questa soluzione e nominò una commissione che raccolse una massa enorme di documenti e testimonianze per istruire i cosiddetti “processi di Costantinopoli”.

Ma quando si stavano per giudicare i maggiori responsabili, giunse al potere il movimento kemalista (movimento nazionalista guidato dal generale Mustafà Kemal, detto Ataturk, fondatore della Turchia moderna) e i processi vennero sospesi, i sospetti liberati e la documentazione scomparve.

Il governo turco non solo mantenne il segreto su quanto fu commesso, ma continua ancor oggi a negare che sia avvenuto un genocidio. Il governo dei Giovani Turchi rispose alle proteste dei paesi europei che quanto era avvenuto nel corso della deportazione era dovuto alla guerra e all’insicurezza delle strade infestate dai briganti curdi. In un secondo momento, accusò gli armeni di essersi cercata la deportazione, rendendosi complici dei nemici dell’impero. In tutti i genocidi troviamo il medesimo modo di ragionare: è la vittima a costituire una minaccia tale per gli assassini da averli obbligati ad ucciderla..

I genocidi moderni

In questi ultimi anni abbiamo visto genocidi compiuti non da Stati, ma da gruppi criminali che si consideravano Stati. È il caso della Bosnia, dove un parlamento serbo autoproclamato, che non corrispondeva ad alcuno Stato reale, ha portato a termine un programma di distruzione e sterminio. È il caso del Ruanda, dove lo Stato andò in pezzi dopo l’abbattimento dell’aereo presidenziale e una parte di esso si costituì in governo provvisorio per compiere il genocidio. E credo che in futuro i genocidi saranno sempre piùspesso commessi da gruppi criminali di questo genere. D’altra parte, anche in passato intere popolazioni sono state distrutte senza che ciò dipendesse dalla volontà di un governo. Pensiamo al più grande crimine mai avvenuto: la distruzione delle popolazioni indie dopo la scoperta dell’America. La stragrande maggioranza degli indigeni del Sud e del Nord America e la totalità di quelli delle isole caraibiche non scomparvero in seguito a un genocidio condotto da uno Stato. E la stessa cosa avvenne in Australia, dove gli aborigeni scomparvero del tutto nell’isola di Tasmania e quasi completamente in Australia perché i primi coloni bianchi, galeotti provenienti dall’Inghilterra, erano entrati in conflitto con loro. ?

(a cura di Marco Bellini ed Emanuela Fronza)

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Yves Ternon vive e lavora a Parigi ed è autore di numerosi saggi sul genocidio degli armeni. In Italia è stato pubblicato da Corbaccio “Lo Stato criminale. I genocidi del XX secolo”.