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Convenzione/Konvent e referendum

Partecipazione finta o vero cambiamento

Dunque, alcuni vogliono riformare lo Statuto d’Autonomia. Vecchio, dicono. Vero, se il riferimento è alla durata di uno smartphone. Chiuso nel 1992, non è poi così antico, se si pensi alla Costituzione americana e ai dieci emendamenti che hanno due secoli, o alla Magna Charta britannica (800 anni), o alla Costituzione italiana, che aveva 68 anni, quando pochi giorni fa è stata massacrata da un parlamento dedito ad altro ed è ora nelle mani dei cittadini che la possono salvare.

Bolzano, la manifestazione contro l’aggressione a Casapound

Il fatto è che i politici preferiscono modificare la Costituzione anziché attuarla. Potrebbero fare le leggi per introdurre i diritti civili, il diritto al lavoro, alla salute, a un ambiente sano, alla tutela del patrimonio culturale, allo studio, alla cultura.

Anche chi scrive si mette fra coloro che avrebbero voluto lo Statuto diverso, non fautore della separazione etnica, ma impegnato nello sviluppo di una società plurilingue, fondata sul bilinguismo, invece che sulla proporzionale.

A suo tempo però già questo Statuto è stato un immenso passo avanti, di fronte ad un conflitto perfino armato. E non è affatto certo che una riforma non lo peggiori. Infatti una Costituzione si fa quando c’è un’idea forte. L’Idea forte che farebbe cambiare lo Statuto è di superare il separatismo etnico che fa capo a una visione della “nazione” basata sulla nascita e sul sangue. Un nuovo Statuto dovrebbe andare nella direzione del “plebiscito di ogni giorno” (Ernest Renan), sul “patriottismo” (Maurizio Viroli) che si identifica nelle libertà e i diritti civili di tutti i residenti in un territorio.

Dalla legge che dà il via alla Convenzione-Konvent per la riforma dello Statuto, emerge la (buona) intenzione di evitare la segretezza che ha caratterizzato i lunghi decenni in cui si è fatto il Nuovo Statuto (dall’inizio degli anni sessanta alla chiusura nel 1992). Un grande passo avanti.

Ma il modo è alquanto sconcertante: si fanno le riunioni di popolo, come a Porto Alegre, dove le assemblee decidono sul bilancio comunale o in Iowa dove i comitati degli elettori (1681 caucus) votano i candidati delle primarie presidenziali. Temi concreti, su cui ognuno come cittadino è competente, se debitamente informato.

La prima tornata di riunioni della Convenzione sembra la democrazia diretta senza quorum: chi c’è, c’è e decide, e chi ha altro da fare, figli da sfamare, lavori da svolgere, persone da curare, non conta. Sfugge quale sia “l’idea forte” di coloro che hanno messo in moto questo processo. Perché è chiaro che nella SVP non c’è una maggioranza che vuole andare nella direzione di una società meno segnata dall’ossessione etnica. Forse si vuole prendere atto del cambiamento dei rapporti di forza fra gruppi, che esiste, sburocratizzare l’egemonia etnica. Ma è utile avviare un processo di riforma istituzionale, e correre il rischio di aizzare gli animi, o infliggendo un’umiliazione a chi già non conta niente?

Un brutto inizio

A Bolzano, nella prima riunione del 23 gennaio, gli Schützen hanno “occupato” le commissioni, con proposte che vanno ben al di là dell’autonomia. e si sono levati, sui soliti giornali, i lamenti per l’assenza degli italiani. Che, dal canto loro, se avevano voglia di partecipare alla vita civile, sono andati, soprattutto i giovani, alla manifestazione contro la violenza, dopo che una ragazza era stata picchiata davanti alla sede di Casapound, fatto di cui è accusato un consigliere del movimento.

In 600 o forse più hanno sfilato per la città, e i temi erano guerra, immigrazione, sfruttamento del lavoro e insufficiente risposta alle violenze. “In città il clima sta diventando cattivo: si sente intolleranza, chiusura, poca accoglienza”.

I giornali parlano di degrado, quando vedono un immigrato che dorme per terra, e spesso per favorire le speculazioni edilizie, ma stanno zitti sul precariato giovanile, sulle famiglie in difficoltà per le aziende che chiudono. E anche sulle attività di Casapound” - si sentiva dire dai partecipanti.

Come può la politica, che ignora l’inquietudine del popolo, che la gente si interessi ad una nuova fase normativa e istituzionale, dopo che per un’intera generazione la politica locale non ha fatto altro che questo, e il resto è rimasto nel cassetto, mentre il mondo andava avanti?

Francesco Palermo si è molto esposto. Ha parlato di necessità di modernizzazione, di sfida dell’integrazione ai rapporti tra i gruppi linguistici, di un quadro nuovo in cui affrontare temi come la toponomastica, la proporzionale, la scuola. Temi che la maggioranza etnico-politica vede in modo diametralmente diverso dal suo (e anche dal mio e di molti altri).

Il professore e senatore PD/SVP ha detto che il primo motivo del coinvolgimento del popolo è la legittimazione democratica della riforma. Ma se i politici facessero il loro mestiere, e facessero in tempi ragionevoli una proposta ragionevole, perché mai i cittadini non la dovrebbero accettare? Diverso è se la proposta si basa su una visione di una società sudtirolese in cui i gruppi linguistici sono in lotta fra loro, e mistilingue e immigrati continuano a non esistere ufficialmente.

La realtà è altrove, e lo dimostra il fatto che non solo a Bolzano le persone “normali” disertano.

Il festival della destra

Markus Lobis, un cittadino impegnato di Bressanone, ha partecipato alla riunione della Convenzione a Brunico. La descrizione della sua esperienza è divertente da leggere, ironica, amara. E altamente istruttiva. La schiacciante maggioranza dei partecipanti era composta da simpatizzanti della destra estrema. “Avevano in mano un foglio A4 - racconta - su cui erano elencate proposte che avevo già sentito in altre riunioni”. I temi di dibattito, proposti con molta determinazione, erano: Difesa della scuola tedesca, Autodeterminazione, “Los von Rom”, Amnistia per i terroristi, e la questione degli immigrati. Su 28 temi proposti, 20-22 vengono dalla destra estrema. La scuola è importante: non si può cambiare nulla; il CLIL (il sistema per l’apprendimento delle lingue diffuso da anni in tutta Europa) “causerà la rovina della scuola”; le ore di tedesco devono aumentare; l’italiano deve essere insegnato come lingua straniera; il dialetto va incentivato. Chi avesse voluto farsi un quadro della lista degli slogan più “in” del razzismo e dell’invidia sociale, scrive Lobis, era a suo agio nel gruppo “Problematica dell’immigrazione”.

Il blogger riconosce che pochi coraggiosi, pur duramente attaccati, si sono battuti per cambiare il tono della discussione. “Tuttavia - ammette, - ho sentito il suono del gong, che segnalava la fine del dibattito, come una liberazione”.

Nel gruppo di lavoro intitolato “Riunificazione del Tirolo”... in modo “tanto naif da essere commovente”, si sognava di “latte, miele e aumento delle cubature edificabili”, frutto della riunificazione del Tirolo storico. Alla sua richiesta di riassumere tre qualità che permettano di misurare la “tirolità” o la “non-tirolità” di una persona, la risposta è stata: fede cattolica, protezione dell’ambiente e l’amore per gli uomini. È seguito l’imbarazzo del caucus alla domanda se un bavarese o un calabrese possa diventare tirolese, condividendo queste tre cose.

Sono anche riuscito - continua Lobis - a introdurre due argomenti. Volevo discutere, come si potrebbe cambiare il separatismo, aspetto dominante nello Statuto d’autonomia, a favore di una società più aperta e disposta all’inclusione. Le prese di posizione sono state: l’autonomia è stata fatta per una minoranza minacciata, lo stato ‘walsch’ (italiano, dispregiativo) continua a voler cancellare la cultura della minoranza austriaca in Sudtirolo; una società aperta ce la potremo permettere solo in uno stato indipendente, quando saremo ‘noi’ a decidere; l’unica cosa che ci può salvare, in questa fase minacciosa è stare insieme, lo Stato ci deruba e comunque presto andrà in malora”.

Il reportage conclude con la considerazione che in fondo, a salvare la Convenzione, sono stati gli apologeti dell’autodeterminazione e i profeti della decadenza, perché i moderati e la parte progressista della società pusterese non hanno preso sul serio questa occasione di partecipazione e democrazia e non si sono presentati.

Come non dargli ragione? Dopo tanto segreto, finalmente si può parlare e ascoltare. Tuttavia a difesa dei moderati e progressisti della Val Pusteria, si deve dire che gli abitanti del Sudtirolo, senza differenze di lingua, non si fanno facilmente convincere dalle invenzioni della politica, anche quando questa fa uno sforzo, almeno formale, di coinvolgerli.

Non lo farà per coprire un colpo di mano che viene preparato nelle (segrete) stanze? Quale testo verrà scritto, “per rispettare la volontà popolare”?

E i referendum che vengono ora proposti dai governi cittadino e provinciale - quelli sì su temi scottanti come Benko e aeroporto - sono vere consultazioni, ci saranno le informazioni corrette fornite a tutti gli elettori e le elettrici, come democrazia vuole, o si tratta della formale legittimazione di scelte già fatte dai politici a favore dei potentati economici, che egemonizzano o possiedono i mass-media? È qui che si gioca la democrazia, e la partecipazione e non tanto negli eleganti open space della Convenzione.