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“Il silenzio è mafia”

Oltre il teatro civile

Giuseppe Fava

“Teatro civile”, può essere la denominazione del lavoro di Luigi Lo Cascio su Pippo Fava. E subito vengono in mente gli spettacoli di Marco Paolini, a cominciare da quello sul Vajont, e a seguire tanti altri, tra cui anche il nostro Andrea Brunello, ad esempio con “Sloi Machine”. Una tradizione, se vogliamo recente, ma nobile, che ha saputo proporre, attraverso la narrazione, il monologo, tematiche di grande rilievo politico e sociale, esposte con grande, dolente forza drammatica.

Nello spettacolo di Luigi Lo Cascio, presentato al Teatro Sociale di Trento dall’Ordine degli Avvocati e introdotto da un bel cortometraggio esplicativo di Lorenzo Pevarello, a nostro avviso non c’è solo teatro civile. Il di più sono gli stessi scritti di Giuseppe (Pippo) Fava. Giornalista, direttore (scomodo e pertanto licenziato) del Giornale del Sud, fondatore del mensile I Siciliani, drammaturgo, è stato ucciso nel 1984 dalla mafia.

Ma Fava non è solo (ed è già moltissimo) un eroe civile, un martire potremmo dire con una certa enfasi: è soprattutto un profondo indagatore della società e un grande, grandissimo artista. Le sue rappresentazioni della realtà siciliana, con toni ora sarcasticamente irridenti, ora perdutamente dolenti, hanno valore letterario assoluto. Stupiscono, avvincono, lasciano senza fiato.

Luigi Lo Cascio

L’interpretazione di Lo Cascio è stata all’altezza dei testi. In un’intervista al nuovo governatore della Sicilia, ci si trova davanti, denudata dalla sapienza delle parole di Fava, la vergognosa boria, il vacuo sfoggio di inutile cultura, il reale nulla umano e intellettuale del ceto dei potenti siciliani, ultimi sciagurati eredi della pomposità borbonica. Con tali esemplari al potere, non ci può essere speranza.

Nel brano successivo, se ne vedono i risultati. Fava descrive la situazione di totale degrado di una plaga miserrima, Palma di Montechiaro, affogata negli escrementi e torturata da miliardi di mosche, un’agricoltura che potrebbe far sopravvivere stentatamente cinquemila persone ma gli abitanti sono ventimila, e chi non emigra affonda nella disperazione.

Alla dolente descrizione dell’abbrutimento sociale, fa da controcanto la disperante storia dei miliardi che sono sì stati stanziati per Montechiaro, ma regolarmente mai spesi. Un racconto che ti lascia scosso e ti fa capire perché Pippo Fava lo hanno ammazzato.

Una bella, nobile iniziativa questa, dell’Ordine degli Avvocati e del suo presidente Andrea de Bertolini, che mostra di saper promuovere iniziative non corporative, in una visione ampia, feconda, della professione, vissuta non come congrega di azzeccagarbugli, ma come importante tassello sociale all’interno del complessivo impegno civile di tutti per la tutela della legalità.

Il teatro era strapieno, tanto che diverse persone, pur in coda da oltre un’ora, non sono riuscite ad entrare: evidentemente il messaggio è stato recepito.