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Morire per troppo lavoro?

Sindacato di Base Multicategoriale, Trento

Si è rivolta al nostro sindacato la moglie del camionista della Baldo Trasporti di Nomi, trovato morto nella cabina dell’automezzo pesante parcheggiato dietro al magazzino ortofrutticolo Valentina di Mezzocorona. Il decesso dell’autista (serbo di 59 anni, in Italia da almeno due decenni, all’epoca della morte residente ad Ala) è avvenuto lo scorso 28 aprile. Il camion da lui guidato, giunto in Rotaliana verso l’ora di pranzo, era posteggiato in attesa di un carico di frutta da eseguirsi nel pomeriggio.

I responsabili del magazzino, constatato che l’autista non rispondeva alle chiamate telefoniche ed il suo veicolo pesante era parcheggiato da tempo nel retro del luogo di carico, allertavano la ditta Baldo Trasporti e le sale operative di Trentino Emergenza, dei vigili del fuoco e dei carabinieri. Giunti sul posto e aperto il mezzo, i soccorritori potevano solo constatarne la morte, probabilmente avvenuta per attacco cardiaco.

Fin qui una storia triste, ma comune. Se non che la moglie dell’autista, che da mesi tenta di ottenere la busta paga del marito defunto e la retribuzione che allo stesso sarebbe spettata per il lavoro eseguito fino alla sua morte, ha deciso di rivolgersi a un’organizzazione sindacale per richiedere il dovuto, rifiutatole fino ad oggi dalla ditta d’autotrasporti di Nomi.

E qui l’amara scoperta. La signora consegnava al nostro sindacalista la “carta del conducente” di suo marito, dalla quale è emerso che, pochi giorni prima di morire, l’autista aveva lavorato 16 ore su 24, con 15 ore e 42 minuti di sola guida, percorrendo 1.148 chilometri.

L’autista non soffriva di malattie cardiache, secondo quanto dichiarato ufficialmente dal suo medico di base, era del 1958 e quindi in piena età lavorativa. Da qui il nostro dubbio che il decesso possa essere correlato allo stress lavorativo patito nei giorni precedenti ed il giorno stesso della morte.

I principi del Codice della Strada in materia di guida dei veicoli pesanti, mutuati dalla normativa europea, prevedono un periodo di guida giornaliero di 9 ore non consecutivo, ovvero dopo 4,5 ore di attività alla guida continuata sono necessari almeno 45 minuti di interruzione. Inoltre il riposo giornaliero regolare è pari ad 11 ore minime consecutive. Nel caso dell’autista deceduto, la giornata lavorativa supera ogni limite legale (ed anche contrattuale) di lavoro. Attività illegittima che dovrebbe essere impedita dall’imprenditore, che detiene il controllo costante dei propri automezzi attraverso gli apparecchi satellitari montati sui veicoli. Purtroppo, però, nel caso specifico l’impresa non pare abbia effettuato alcun intervento nei riguardi dell’autista, lasciandolo “libero” da ogni vincolo regolamentare. E questo è avvenuto non certo nell’interesse di quest’ultimo.

La ditta Baldo Trasporti non è nuova alla richiesta di prestazioni lavorative oltre i limiti legali ai propri lavoratori mobili. Solo un mese fa la Corte d’Appello di Trento con due sentenze emesse il 20 ottobre 2017, ha condannato la ditta di Nomi dichiarando illegittimi, perché ritorsivi e discriminatori, due licenziamenti interessanti altrettanti autisti, espulsi dall’impresa in quanto rifiutavano di violare le norme e di lavorare oltre l’orario previsto.

Già durante l’istruttoria effettuata in primo grado dal giudice del Tribunale di Rovereto, era emerso che il titolare della ditta usava consegnare ai propri autisti una potente calamita da applicare nel veicolo aziendale per mandare in tilt il cronotachigrafo digitale, la cosiddetta “scatola nera” del TIR. Il magnete provoca il blocco delle registrazioni, così facendo risultare l’automezzo fermo, anche se in realtà l’autista sta guidando. Ne consegue che, in caso di controllo successivo delle autorità di polizia, le eventuali ore lavorate in più o i riposi e le pause non effettuati dal conducente, non risultano registrate.

Scrivono i giudici della Corte d’Appello di Trento: “Baldo Trasporti ben conosceva per ogni viaggio il numero di chilometri da percorrere e il tempo mediamente necessario; non poteva quindi né non accorgersi del numero di chilometri e di ore inferiori risultanti sistematicamente dai cronotachigrafi, né soprattutto, se non fosse stata pienamente consapevole e direttamente interessata all’uso della calamita, dare disposizioni per carichi e spostamenti incompatibili con il rispetto del numero massimo di ore di viaggio consentito e del numero minimo di ore di riposo obbligatorio” (Sentenza n. 69/2017 del 20/10/2017, pp. 18 e 19).

Nei prossimi giorni redigeremo, tramite i nostri legali, un esposto da inviare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, competente per territorio, affinché si faccia piena luce sulla morte del camionista serbo alle dipendenze di Baldo Trasporti e si verifichi se ci sia un nesso di causalità fra l’eccessivo stress per le ore lavorate ed il suo decesso.

Inoltre verrà presentato un ricorso, da parte degli eredi dell’autista, al giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto per la consegna della busta paga nonché della retribuzione che sarebbe spettata al defunto per le prestazioni rese, stante il rifiuto dell’azienda di pagare il dovuto.

Non si può morire per arricchire imprenditori insensibili verso i diritti e la stessa vita degli operai dipendenti, ma soprattutto non si può morire di lavoro.

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