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QT n. 6, giugno 2018 Trentagiorni

Sondaggio sul ’68: il niet della Fondazione

Pensavamo di aver presentato un bel progetto, ci piacerebbe conoscere i motivi della bocciatura

Noi pensavamo di aver presentato un bel progetto. In occasione del cinquantenario del ’68, non i ricordi dei reduci, ma una ricerca su quanto dei valori e delle illusioni di allora è rimasto nei giovani di oggi. Di qui il lavoro con il prof. Nevola del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, il questionario che presentiamo in questo numero, il coinvolgimento di ben 15 scuole di tutta la provincia, la fattiva collaborazione dei ragazzi dell’Alternanza Scuola-Lavoro del Liceo Prati, e quella degli universitari del Club Alpbach Trentino.

Questo progetto prevedeva anche la pubblicazione di un libretto con i risultati completi, e diverse analisi e commenti; e inoltre l’organizzazione di momenti di valutazione e discussione, nelle scuole e nell’università, con testimonianze, interventi di storici, nonché ascolto di canzoni legate al movimento e lettura di documenti dell’epoca.

Infine la realizzazione, in una sala teatrale, di un evento con esecuzione dei canti del movimento accompagnati da una presentazione critica e contestualizzazione storica dei relativi testi.

Tutto questo concorreva a un bando della Fondazione Caritro, alla quale chiedevamo un contributo di 4.100 euro. Ci è arrivato un secco no. Ci piacerebbe conoscerne le motivazioni.

Forse non era una richiesta effettuata nel bando giusto, essendo una ricerca mirata alla pubblicazione. Eppure, a parte il fatto che l’individuazione burocratica della tipologia di bando l’avevamo fatta congiuntamente a un funzionario della stessa Fondazione, la pubblicazione di un libretto ad hoc era solo una parte del progetto; e d’altra parte la Fondazione finanzia – e giustamente – pubblicazioni, come pure contribuisce – ancora giustamente – a iniziative dell’Università. Ci sembrava – e tutt’ora ci sembra - che far interagire operatori culturali della città, studenti delle superiori e universitari, con la struttura accademica in un lavoro comune, potesse essere un’ azione finanziabile. Ma evidentemente ci siamo sbagliati.

Oppure il progetto non è piaciuto per la scelta del questionario. Eppure anche tale argomento ci pare strano: riuscire a coinvolgere 15 scuole, 500 studenti delle superiori e i loro insegnanti, un’associazione di universitari, una decina di altri volontari, può essere considerato un progetto quantitativamente limitato?

A noi pare che mettere a confronto valori e idealità di diverse generazioni sia una modalità proficua per approcciare un periodo storico recente profondamente segnato dalle idealità dei giovani; e così pure l’utilizzo dello strumento del questionario-sondaggio. E ancora, è pur vero che ci sono settori della sociologia che raccomandano di prendere con cautela i risultati dei sondaggi, e probabilmente hanno motivati argomenti; ma nessuno dice che questionari e sondaggi sono una sciocchezza, tant’è che partiti, giornali, industrie, agenzie di marketing ne commissionano di continuo, pagando profumatamente. Quindi non capiamo proprio il senso di questa bocciatura. Né capiamo perchè le motivazioni con cui i progetti sono valutati debbano rimanere riservate. Crediamo che l’Istituto, nel decidere di sostenere o non sostenere iniziative nell’ambito della ricerca e della cultura, che è il – meritorio - compito che si è assegnata per statuto, lo debba fare nella massima trasparenza anche rendendo pubbliche, almeno agli interessati, le motivazioni con cui il progetto è stato valutato, proprio perché la Fondazione Caritro non gestisce un patrimonio elargito da qualche magnanimo mecenate, come possono essere gli Agnelli o i Rockfeller, ma che proviene dalla comunità trentina e alla quale deve rispondere.

Per parte nostra, comunque, il nostro sondaggio lo abbiamo fatto e crediamo che i risultati siano significativi e possano ripagare i tanti che, gratuitamente, hanno concorso a questo lungo e complesso lavoro.

Non ci sarà la pubblicazione di un libretto ad hoc, né eventi collaterali, che non possiamo permetterci. Pazienza, vorrà dire che ci riproveremo.