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Ricordo di un giornalista libero

È morto a Istanbul Andre Vltchek, reporter di guerra e instancabile autore di denunce dei crimini della pseudo-democrazia occidentale.

Andre Vltchek

Il 22 settembre Andre Vitchek, americano di origine russa di 57 anni, un mito del giornalismo d’inchiesta che aveva girato come un globe trotter l’intero mondo – il terzo e il quarto mondo soprattutto - è morto in circostanze non chiare a Istanbul. Notizia pressoché ignorata nei nostri media nazionali.

Con la moglie aveva preso di notte un taxi per tornare a Istanbul dopo un soggiorno sul Mar Nero. Arrivati davanti a un hotel a Karaköy verso le 5.30 del mattino, la moglie ha cercato di svegliarlo, ma André non ha risposto. I medici, sopraggiunti, non hanno potuto che constatarne la morte; la polizia ha recintato la zona e la magistratura di Istanbul ha avviato una indagine “per morte sospetta”.

André Vltchek, poliglotta nato a San Pietroburgo, un “mezzo asiatico” figlio di un fisico nucleare cecoslovacco e di una madre russo-cinese del Kazakhstan, dopo la caduta dell’URSS si era trasferito in America, e successivamente, in Cile e in Spagna, soggiornando a lungo anche in Medio Oriente e in America Latina, lavorando per un periodo come collaboratore dell’UNESCO.

Reporter di guerra sin dai conflitti della ex-Yugoslavia, André si definiva socialista e identitario. In sostanza era un irriducibile e testardo dissidente del Nuovo Ordine imperialista globale, additava le menti occulte e palesi dell’odierno neocolonialismo finanziario e guerrafondaio, denunciando con forza in articoli, reportages e documentari in varie lingue i crimini planetari della “pseudo-democrazia occidentale” (v. il sito: https://andrevltchek.weebly.com/articles.html).

Qualche titolo eloquente dei suoi ultimi libri: “Terrorismo Occidentale: da Hiroshima ai droni”, scritto con Noam Chomsky; “Exposing lies of the Empire” (Le bugie dell’Impero); “The World Order and Revolution, essays from the Resistence”.

Uno tosto, insomma, un rompicoglioni, non un giornalista da interviste in ginocchio o inchieste all’acqua di rose. Aveva lasciato una comoda carriera al servizio di grandi testate tipo il Guardian per viaggiare e fare il reporter senza bende sugli occhi da almeno 140 paesi. Ma André non se la prendeva solo con i potenti e le grandi mafie transnazionali della politica contemporanea, legate al business del petrolio e delle armi; denunciava anche la mistificazione dei diritti umani branditi come clava per scardinare i paesi nemici dell’Impero, le ipocrisie “progressiste” del politicamente corretto e del pensiero unico, veicolate dal sistema dei MSM (Media Main Stream), senza troppa distinzione di colore politico.

Effetti dei bombardamenti sauditi in Yemen.

In un articolo intitolato “The Death of Independent Journalism”, Vitchek aveva scritto: “Senza reportage indipendenti, i cittadini del mondo continueranno a ridere nelle sale di intrattenimento o a giocare con i gadget elettronici, ignorando il fumo degli incendi che si alzano all’orizzonte”. Ecco, questa dell’indipendenza del giornalista dalla piovra del sistema MSM fu una vera ossessione di André, e non ho iniziato a caso questo articolo commemorando la sua figura, perché l’indipendenza dell’informazione è oggi non un problema, ma è il Problema.

In uno dei suoi ultimi scritti intitolato “Ora l’Occidente si dovrebbe sedere, restare in silenzio e ascoltare gli Altri”, André Vltchek inizia con questo brano che ci dà il senso del suo giornalismo di parte sì, ma traboccante di rara tensione etica e sempre con la spina dorsale diritta: “Sono anni che ci viene detto cosa pensare; quello che è corretto e ciò che è sbagliato. E ci viene imposto da persone bianche che vivono o provengono dall’Europa e dal Nordamerica. Costoro sono a conoscenza di tutto. Sono i più qualificati. Quando scrivo “bianco”, non intendo solo la razza o il colore della loro pelle. Per me ‘bianco’ identifica la cultura a cui appartengono, la loro identità. Noi russi, cubani, venezuelani, cinesi, iraniani, turchi non siamo [per loro] veramente ‘bianchi’, anche se il nostro colore della pelle in realtà lo è. Non che moriamo dalla voglia di essere bianchi, credeteci! Abbiamo il nostro modo di vivere, di pensare e la maggior parte di noi è dalla parte degli oppressi, dei ‘miserabili del mondo’, intuitivamente.

Per secoli, le nostre nazioni sono state saccheggiate e attaccate. Abbiamo perso milioni di nostri fratelli, la nostra gente, per invasioni, genocidi, come quelli avvenuti in Africa e in tutte le altre parti del mondo ‘non bianche’ Siamo sempre stati oggetti di studio; analizzati e descritti da quegli scribi e giornalisti provenienti principalmente dal Regno Unito e dal Nordamerica. Sanno loro chi siamo e che tipo di sistemi politici e culturali ci meritiamo o quelli ai quali dovremmo mirare. Queste persone sanno come parlare. I loro accenti sono così perfetti, così ‘scientifici’. Se dicono qualcosa, deve essere pura verità, semplicemente perché sono qualificati, governano il mondo da secoli. […] Dio non voglia che uno di noi, individui ‘non bianchi’, possa esprimere pubblicamente [dai loro media] un giudizio, soprattutto negativo, sull’Europa, il Nord America o l’Australia! Nessuno ci ascolterebbe, non ci è permesso giudicare l’Occidente. Siamo qui per sederci educatamente, sottomessi, per ascoltare e prendere appunti”.

Chapeau! Si può essere in disaccordo su tutto, anche sullo stile o sul tono, ma la morte di un giornalista “di parte” così è una perdita, un impoverimento del nostro panorama informativo (e etico) non facilmente rimpiazzabile. André chiamava con nome e cognome i responsabili del grande caos internazionale che da decenni sconvolge il Medio Oriente, che ha distrutto paesi meravigliosi come la Siria, l’Iraq o lo Yemen in nome della democrazia e dei diritti umani, creando decine di milioni di sfollati e profughi, centinaia di migliaia di morti per fame e mancanza di medicine (le sanzioni all’Irak dell’era Bush…); André denunciava recentemente lo strangolamento del Venezuela chavista, secondo lui diventato con evocativa espressione “la Stalingrado dell’America latina”.

Oggi, mentre i nostri telegiornali e testate del sistema MSM disciplinatamente ci bombardano sul tiranno Lukashenko e i diritti calpestati in Bielorussia, sulla repressione cinese della dissidenza a Hong Kong - che insieme hanno portato nella peggiore delle ipotesi a una decina di manifestanti morti - tranquillamente ignorano le centinaia di morti civili giornalieri dell’aggressione saudita allo Yemen, i morti e profughi innumerevoli degli orrori della guerra siriana o afghana. Nell’est della Siria basi USA garantiscono il furto sistematico del petrolio siriano dei giacimenti di Deir Ezzor a beneficio di compagnie americane; si uccidono i locali capitribù ostili alla depredazione delle risorse del loro territorio, si taglia l’acqua e si incendiano i loro campi di grano con l’appoggio di intelligence e missili israeliani e americani, ivi intervenuti “per sconfiggere l’ISIS”.

Assad anni fa, mentre la Siria era effettivamente occupata a metà dallo Stato Islamico del califfo nero al-Baghdadi, aveva chiamato in soccorso la Russia e l’Iran, riuscendo così a rovesciare la situazione sul campo. L’ISIS oggi in Siria è sconfitto e ridotto a poche sacche di resistenza, e potrebbe essere facilmente cancellato, ma questo non avviene. Non solo: altri gruppi terroristici si sono come per incanto moltiplicati, foraggiati e armati sottobanco da americani e sauditi con un unico scopo: lasciare la Siria nel caos permanente, la situazione ideale per condurre al meglio il proprio business, rubando petrolio e vendendo armi.

Poco più in là, al di là del confine siro-irakeno, le basi americane sono schierate nel nord kurdo lungo il confine con l’odiato Iran e, ancora più a est, basi USA sono installate nell’Afghanistan – altro paese martoriato dal 2001 - lungo il confine iraniano. Risultato: l’Iran è circondato da basi americane a ovest e a est, e nel Golfo Persico scorrazzano le navi e le portaerei della U.S Navy. Ma qui viene il bello: tutta l’informazione (?) che passa nel sistema MSM denuncia l’Iran come paese con intenzioni aggressive contro Israele, contro i poveri staterelli arabi del Golfo, che di recente hanno fatto la pace (erano mai stati in guerra?) con Israele e il serafico Netanyahu.

L’Iran ha più volte ironicamente chiesto: con le forze armate americane alle nostre porte, a est a ovest e a sud, saremmo noi gli aggressori? Ci sono forse eserciti iraniani ai confini degli USA? Con Israele che infischiandosi del trattati di non proliferazione nucleare ha costruito in silenzio un poderoso arsenale di bombe e missili nucleari, venite a fare le pulci proprio a noi?

Assad, dal canto suo, ha più volte denunciato la presenza illegale delle basi USA nel territorio siriano e, all’obiezione americana che in Siria ci sono anche basi iraniane e russe, ha risposto: è vero, ma quelli li abbiamo chiamati noi per sconfiggere lo Stato Islamico che occupava il nostro paese, mentre non abbiamo mai invitato voi americani che siete qui per rubare a man bassa e seminare il caos. Queste notizie passano mai nei nostri media?

Oggigiorno le forze armate americane hanno, secondo le stime, tra 800 e 900 basi militari sparse per il mondo e circa 60 laboratori sperimentali di guerra biologica; la Cina e la Russia sono di certo paesi autoritari e persino dittatoriali, ma risulta che il primo abbia all’estero una sola base militare navale a Gibuti (Corno d’Africa) e il secondo abbia basi militari solo in Siria, per le ragioni su richiamate. E tuttavia Cina e Russia sono presentati ovunque nel sistema MSM come i cattivi che minacciano il mondo e gli USA come i difensori indefessi dell’umanità e della pace.

Questa è la tragica situazione dei media e dell’odierno Medio Oriente che Andre Vltchek non si stancava di documentare con inchieste accurate e condotte sul posto, non come certi nostrani reporter che ai TG parlano della Siria o dell’Irak, da un ufficio a Istanbul comodamente seduti.