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La mia patria non è degli Schutzen

In un momento diffìcile, (l'assassinio Waldner) gli Schùtzen incontrano tre italiani che si spendono perla convivenza. Cronaca di un incontro diffìcile.

Ad un anno dall'assassinio del consigliere Christian Waldner per mano del loro responsabile culturale, e dopo alcuni "incidenti" di un percorso fattosi pericoloso e accidentato, gli Schützen hanno dedicato un seminario, cui hanno partecipato in circa cento venti, per riflettere sui contenuti della loro azione degli ultimi anni, caratterizzata dalla scelta di fare politica, allontanandosi quindi dal tradizionale ruolo culturale.

Tre incontri: il primo sulla Chiesa, verso cui gli Schützen hanno elevato una voce estremamente critica, dopo che il vescovo ha scelto di far celebrare la messa in due lingue laddove la popolazione sia mista; il secondo sui rapporti con l'estremismo di destra, che il comandante Piock aveva dichiarato in un'intervista al Dolomiten essere cessati da tre anni a livello ufficiale, ammettendo tuttavia che essi continuano a livello individuale; il terzo con "gli italiani", cui sono stati invitate tre persone, tutte note per essere tra coloro che cercano vie di convivenza.

E' stato detto esplicitamente che Alleanza Nazionale non era "democraticamente qualificata" per essere invitata (da che pulpito!). Fra i tre, oltre al sindaco Salghetti e al presidente delle cooperative ed ex-segretario particolare dell'assessore Viola, Alberto Stenico, c'era chi scrive. La "Lettera dal Sudtirolo " di oggi riassume alcune considerazioni da me fatte in questa occasione.

A Bressanone, dove si è tenuto l'incontro, ho parlato in tedesco, nonostante ci si aspettasse che tutti e tre parlassimo in italiano: mi pareva assurdo rivolgermi in italiano ad una platea tutta tedesca e volevo anche che non ci fossero equivoci.

Ho cercato di dare risposta a due domande, che nascono dal fatto che gli Schützen si presentano come difensori della patria e dell'entità tirolese:

1. è vero che gli Schützen hanno difeso la patria?

2. quale patria hanno difeso e quale identità difendono?

Dalla storia si possono prendere alcuni esempi. Naturalmente si incominci con Andreas Hofer. Allora gli Schützen hanno combattuto per Dio, patria e imperatore. E contro i diritti di uguaglianza e libertà, diritti che oggi nessuno porrebbe in discussione. Questi principi erano tuttavia portati da un esercito nemico e quindi i tirolesi tedeschi, italiani e ladini combatterono per salvaguardare la patria.

Ci furono poi Schutzen che durante il fascismo coraggiosamente si presentavano in pubblico con i costumi tradizionali: in un regime totalitario, difendere la tradizione è difendere la libertà.

Pochi furono invece gli Schutzen che si opposero all'orribile accordo fra i due fascismi per allontanare i sudtirolesi dalla loro patria, pochi che rimasero, come Dableiber, mentre la maggioranza obbediva al richiamo dei nazisti, "Heim ins Reich", a casa nel Reich, e abbandonava il Sudtirolo.

Questi Schützen sono tra coloro che hanno difeso l'onore della patria nei momenti drammatici e che hanno contribuito al fatto che il Sudtirolo esista ancora.

Per avvicinarsi ai tempi d'oggi e ai pericoli che oggi minacciano la patria, che sono pericoli di svendita e distruzione, mi sono sempre meravigliata che dagli Schutzen non sia mai venuta una parola contro il progetto di autostrada di Alemagna, contro la quale da tante associazioni culturali e patriottiche erano venute parole di sostegno e incoraggiamento a noi ambientalisti: non vale la pena di difendere la patria contro i progetti mostruosi della Batia G.m.B.H. che avrebbe provocato danni e distruzioni nel cuore delle Dolomiti? (Oltretutto anche questa volta, come ai tempi di Hofer, il nemico era bavarese).

Quale patria difendono dunque gli Schutzen?

Con il passare del tempo si ha l'impressione che perseguano un Sudtirolo che non esiste. Dimostrazioni davanti al monumento alla vittoria di Bolzano, che fanno passare per italiano anziché per fascista come è, usandolo però come palcoscenico insostituibile per scontri con il "nemico", diverso e uguale; la richiesta di abolizione della toponomastica italiana; l'ignobile sceneggiata sulla corona di spine (sulla quale si è aperto un abisso fra Schutzen sudtirolesi e tirolesi, questi ultimi non disposti a contribuire a far diventare una piazza di Innsbruck meta degli estremisti di destra di tutta Europa); il tentativo dell'euregio Tirol e oggi la "comunità regionale" progettata per loro dal professor Pernthaler.

Il comandante Piock ha affermato ripetutamente che gli italiani possono al massimo essere "ospiti" in Sudtirolo. E poi sono venuti gli attacchi alla Chiesa, fino al rifiuto degli Schutzen di Appiano di partecipare alla messa bilingue: evidentemente è l'influenza della cultura della Nuova Destra europea, che attacca, come la Lega in Italia, i portatori dei principi universali.

L’unico obiettivo degli Schutzen sembra essere dunque approfondimento delle differenze (durante il dibattito poi qualcuno ha parlato di "purezza", attribuendo agli Schutzen il compito di rendere appunto 1' "aria pura").

Nell'insieme le loro posizioni tradiscono un timore dello straniero, del diverso.

Ma in questo modo non si può dare nessuna risposta ai timori di cambiamento, né contribuire a creare una identità regionale.

Il Sudtirolo sta cambiando ed ha bisogno di nuovi simboli, di nuove visioni per il futuro, alla costruzione delle quali devono partecipare tutte le persone che. ci vivono. Le visioni del futuro e un'identità non possono fondarsi sui miti e sulla semplificazione dell'identità riducendola a nazionalità, pena il rischio del nazionalismo e del razzismo.

Per favorire questo sviluppo, non si deve perdere il contatto con la realtà, si deve essere in grado di interpretare i bisogni e i valori della società. Altrimenti si rappresenta solo se stessi. Ed è ciò che sta accadendo agli Schutzen, quando ignorano che la società sudtirolese è plurilingue e diventerà sempre più multiculturale.

Come donna provo una grande distanza verso uomini marcianti in divisa e che vorrebbero essere armati. Nego agli Schutzen il diritto di parlare a nome di tutta la popolazione (nel dibattito molti cominciavano con "WirTiroler", oppure "WirSiidtiroler").

Se non si può ignorare che oggi siamo qui, dipende dal fatto che un anno fa Christian Waldner è stato ucciso dal referente culturale degli Schutzen. (Dalla sala dopo queste parole si sono levate proteste e grida, che proclamavano l'innocenza di Rainer, mentre nel dibattito successivo alcuni sono arrivati a dichiarare che si trattava di una sentenza voluta per "mettere in difficoltà gli Schutzen" \).

E' evidente che si tratta per gli Schutzen di un momento difficile.

Tuttavia se si devono distinguere le responsabilità, è necessario un ripensamento.

E' necessario per gli Schutzen, come per tutti, un approccio diverso alla realtà dei rapporti etnici che sappia distinguere certe azioni individuali e opinioni della stampa da quelle attribuite a tutto un gruppo linguistico, e che sappia valorizzare i segnali positivi. Come quello dato dagli Schutzen delle compagnie di Bolzano, Gries e Dodiciville, che il 2 novembre si sono schierati a fianco dei militari e del sindaco di Bolzano in piazza del municipio per celebrare il giorno dei morti, prima alternativa al palcoscenico rumoroso del monumento.

Questi Schutzen hanno restituito l'onore perduto nei fatti di un anno fa e nei comportamenti che ne sono seguiti. Un segnale di speranza.

Agli Schutzen non ho detto (per mancanza di tempo, per l'angoscia che proviene da questo pensiero?) che la loro ossessione della tirolesità, qualsiasi cosa ciò voglia dire, sta purtroppo contagiando anche italiani e ladini.

E' da questa ossessione di chiudersi fra "noi", al "sicuro dall'estraneo", "più forti perché insieme" che hanno origine le aspirazioni e i tentativi di "comunità italiana omogenea", di partito italiano e di partito ladino. La "nazionalizzazione" delle società porta i suoi frutti velenosi dopo molto tempo. Per questo è stato importante il dibattito di Bressanone, più di quanto gli Schutzen stessi non credano o volessero. Per vivere insieme si deve conoscersi, stare attenti con le parole e con i giudizi, essere delicati e concreti, non sventolare bandiere dell'ombra delle quali altri non possano godere.

Gli Schutzen dovrebbero "difendere la patria", ma, pur mostrando i denti, manifestano una profonda debolezza, l'incapacità di affrontare con coraggio la complessità del mondo di oggi e la realtà, che non è quella dei loro sogni. Per paura di perdere se stessi rischiano di trascinare quei giovani dalla testa rapata e dalle parole forti, che erano seduti in fondo alla sala intorno al comandante Gutweniger, in un futuro senza sbocco.

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