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QT n. 6, 21 marzo 1998 Servizi

Otzi apre il suo museo

L'uomo del Similaun in esposizione a Bolzano a partire dal 26 marzo.

Marta Bazzanella

Fra una settimana, sabato 28 marzo, apre ufficialmente i battenti nell'ex edificio della Banca d'Italia a Bolzano, all'incrocio tra via Museo e via Cassa di Risparmio, il Museo Archeologico Provinciale dove sono ospitate le varie collezioni che fino ad ora giacevano affastellate nei magazzini della Sovrintendenza e del Museo Civico.

Il fiore all'occhiello tra le varie collezioni e ciò che ha costituito la spinta definitiva a favore della realizzazione del Museo Archeologico (costo totale intorno ai 17 miliardi) è senza dubbio la sala ove finalmente riposa (dopo un lungo soggiorno di sei anni in Austria e in Germania per un difficile make-up) la mummia dell'età del Rame detta "l'uomo dei ghiacci" o "Uomo del Similaun", familiarmente detto anche "Òtzi", rinvenuta il 19 settembre 1991 da una coppia di escursionisti tedeschi nei pressi del rifugio Similaun in Val Venosta, poco sotto il Giogo di Tisa, a 3210 metri di altitudine vicino al confine con l'Austria.

La nuova casa dell'Uomo del Similaun è composta da quattro locali: una camera di conservazione climatizzata (-6°C, 98% di umidità relativa),controllata da un computer, una camera climatizzata di riserva, un laboratorio ed un locale di decontaminazione dotato di impianto a raggi ultravioletti contro le cariche batteriche (costo 3 miliardi).

Ma chi era l'uomo del Similaun?

Òtzi era un uomo dell'età del Rame, che in area alpina significa di un'età intorno ai 5000 anni rispetto a oggi, era alto circa 160 cm, pesava intorno ai 45 chili, aveva i capelli ondulati di colore castano scuro, lunghi circa 9 cm, ed aveva un'età compresa tra i 35 e i 40 anni.

All'altezza dei reni, sul ginocchio destro, sul piede destro e sul polpaccio sinistro, vi sono dei tatuaggi.

Se si trattasse di segni puramente ornamentali o se avessero un'altra funzione, questo non è dato sapere. La Tac ha però rilevato che in corrispondenza dei tatuaggi si riscontrano osteocondrosi e spondilosi: si potrebbe forse ipotizzare che quei segni avessero una valenza magico-taumaturgica.

Otzi è morto sorpreso forse dal maltempo: il contesto ella scoperta non è quindi di carattere funerario, come solitamente è il caso, il suo equipaggiamento è quello di un vivo. Gli attrezzi, le armi, i resti di cibo nello stomaco, rispecchiano la vita quotidiana d'un individuo equipaggiato per l'alta quota. Le campagne di scavo susseguite alla scoperta della mummia ed il restauro condotto nel laboratorio di Mainz in Germania hanno stabilito che Òtzi portava scarpe imbottite di paglia, gambali, un perizoma, una tunica, un berretto e un mantello realizzato in fibra vegetale ad intreccio. Le cuciture del vestiario erano realizzate con tendini di animale o fili d'erba.

Il suo corredo era costituito da un arco in legno di tasso di 182.5 cm ancora in corso di lavorazione (alle due estremità mancano infatti le tacche per tendere la corda); una faretra in pelle di capride con telaio in nocciolo contenente 14 frecce in viburno di cui solo due munite di punta in selce; un'ascia con lama piatta in rame e immanicatura in legno di tasso; un pugna-letto con lama in selce e relativo fodero in fibra vegetale; una piccola borsa in pelle che veniva fissata intorno alla vita contenente un grattatoio/raschiatoio, e ancora un perforatore, una lamella in selce, una lesina in osso con punta spezzata, due funghi Piptoporus betulinis avvolti in una striscia di pelle forse legata al polso, resti del fungo Foemes fomentarius che serviva da esca per accendere il fuoco, due recipienti cilindrici in corteccia di betulla, contenenti alcune foglie di acero che avvolgevano carboncini di legna. E infine corde in fibra vegetale e in pelle, due asticelle in larice con estremità a doppio incavo e una verga di nocciolo piegata a U costituenti l'intelaiatura di una gerla. E' inoltre, da segnalare il rinvenimento di due chicchi di grano Triticum monococcum ,che starebbero ad indicare la sua provenienza da una comunità ad economia agricola stanziata in valle.

Che cosa faceva il nostro amico a 3.000 metri di altitudine? Siamo davanti ad un pastore, un cacciatore o un ricercatore di metalli?

Anzitutto va precisato che all'epoca di Òtzi il clima era di qualche grado più caldo di oggi. Al momento del decesso l'uomo sembra non si trovasse sulla neve, la sua attrezzatura è infatti stata recuperata a diretto contatto con la roccia.

La maggior parte degli studiosi (K. Spindler, L.H. Barfìeld ed in particolare Annaluisa Pedrotti, ricercatrice di Paletnologia presso l'Università di Trento, che si è occupata a lungo della vicenda) concordano nell'asserire che l'uomo del Similaun dovesse essere un pastore recatesi a quelle quote per l'alpeggio o la transumanza, che ancor oggi è praticata dai pastori della Val Senales. Questi nella tarda primavera portano le greggi nella Òtztal valicando il passo di Tisa per poi ripercorrere lo stesso tragitto a fine estate. D'altra parte, anche le analisi paleobotaniche effettuate nella Òtztal confermano attività legate all'alpeggio a partire dal IV millennio a.C e, per altro verso, se pensiamo che l'Europa era ricoperta in gran parte da foreste, capiamo come le praterie d'alta quota dovessero costituire degli spazi privilegiati per la pastorizia. Òtzi sarebbe dunque stato un pastore. E' l'ipotesi più accreditata, quella che vanta i maggiori indizi, ma non è l'unica. La sua attrezzatura potrebbe anche indurci a pensare che fosse un cacciatore, oppure - perché no? - un ricercatore di metalli, visto che tra i capelli del nostro sfortunato viaggiatore è presente un'alta concentrazione di arsenico, rame, nickel e manganese, interpretata come possibile conseguenza di un'attività legata alla metallurgia.

Sulla base di analisi dei residui di cibo dell'intestino, la morte di Òtzi dev'essere sopravvenuta agli inizi dell'estate. Il cadavere è intatto: inspiegabilmente né bestie, né insetti lo hanno attaccato. Il suo corpo è stato disidratato dai venti di alta quota, quindi coperto di neve senza rivedere più la luce. Dai pezzi d'osso di vertebre cervicali di stambecco trovate vicino ad Òtzi si evince che, prima di morire, egli avrebbe mangiato della carne. Il cattivo tempo lo avrebbe indotto a passare la notte rifugiato tra le rocce ed il gelo lo avrebbe infine sorpreso.

Marta Bazzanella è dottoranda in archeologia preistorica presso l'Università di Ginevra.