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Culi di pietra, il tramonto continua

Dall'Unione Commercio alla Cassa di Risparmio, le ultime battaglie della lobby dei burocrati.

La tenacia nell’attaccamento alla poltrona dei culi di pietra si sta rivelando fuori misura. In particolare all’Unione Commercio Turismo, i burocrati trombati alle elezioni, cacciati dalla porta, cercano disperatamente di rientrare dalla finestra, utilizzando quel tanto di controllo che ancora hanno sull’apparato. In questi giorni i quotidiani sono pieni di irridenti cronache sui tentativi messi in atto per arginare il rinnovamento: minuziosissime verifiche poteri alla ricerca del cavillo per invalidare le elezioni; ostacoli ai nuovi eletti per impedire la scalata alla complicata piramide del potere nell’associazione, ecc. Non entriamo nei dettagli che comporterebbero lunghe spiegazioni: basti dire che i nuovi eletti si sono sentiti negare - in nome della legge sulla privacy! - l’elenco dei nominativi degli altri commercianti da contattare per proseguire nella propria campagna elettorale; e che per averlo han dovuto minacciare di rivolgersi alla magistratura.

L’esito finale? Incerto. I burocrati sembrano ripiegare su una linea gattopardesca: accettare un modesto cambiamento di uomini (sacrificando cioè Buratti - presidente trombato degli esercenti - e in parte Bertoldi, presidente uscente dell’Unione, cui comunque verrebbe mantenuta la ricca presidenza della Seac) per mantenere il potere del gruppo.

L’altro fronte su cui si muovono i culi di pietra è la Cassa di Risparmio. I nostri lettori sanno dello scontro feroce aperto dal Presidente della Camera di Commercio, Marco Oreste Detassis, con gli altri burocrati dietro di lui, per controllare la Fondazione Caritro, l’istituto proprietario della Cassa; il tutto all’insegna della visibilità - leggi poltrone - per gli imprenditori - leggi rappresentanti degli imprenditori, cioè loro.

L’assalto alla Fondazione ha dato magri frutti: dopo aver dovuto rinunciare a cambiare il presidente Pegoretti - aborrito capofila dei "professori" (gli universitari che hanno usurpato le poltrone dei burocrati), ci si è accontentati di un cambio del vicepresidente. Adesso lo scontro si è spostato sulla Cassa vera e propria, di cui è in scadenza il consiglio d’amministrazione, nominato in gran parte proprio dalla Fondazione. La sconfitta su Pegoretti ha comportato l’inamovibilità dell’attuale presidente della Cassa, Mario Fedrizzi, anch’egli professore alla facoltà di Economia. Per i culi di pietra quindi sono rimaste disponibili le poltrone del consiglio d’amministrazione; le nomine in corso (forse già avvenute quando questo giornale sarà in edicola) risulteranno indicative di quanto potere è loro rimasto.

Ma il punto di scontro più importante è un altro: il futuro della Cassa di Risparmio. La strategia di Pegoretti è nota: privatizzare la Cassa (come richiede la legge) vendendo le quote della Fondazione a un’altra grossa banca extra-regionale, meglio se tedesca, perché l’economia trentina per essere competitiva ha bisogno di una finanza all’altezza dei tempi. Tale strategia non è stata mai contrastata apertamente; ma nell’ostilità dei culi di pietra al professore, c’era anche lo sconcerto nel vedersi portar via il bel giocattolone.

Ora la scelta del grosso partner è in dirittura d’arrivo: alla Fondazione stanno arrivando le proposte di acquisto di alcuni gruppi, tra cui spiccano Credito Italiano (con intervista dell’amministrastore delegato su L’Adige) e la Deutsche Bank (in proposito c’è stato un ampio articolo sul Corriere della Sera). Ed ecco che i culi di pietra si muovono: attraverso il capofila palese Marco Oreste Detassis, in simbiosi col capofila occulto, il presidente della Tecnofin Giuseppe Todesca, che grazie all’appoggio del Patt è in pochi anni passato da semplice avvocato a burocrate piglia-tutto. Il duo Detassis-Todesca, in opposizione all’ipotesi Credit/Deutsche Bank, sponsorizza un altro istituto: la Cassa di Risparmio di Padova.

La proposta non sta in piedi: prima di tutto perchè la Cassa di Padova non è all’avanguardia, non ha dimensioni adeguate e non potrebbe trasferire a Caritro il know-how, i rapporti internazionali, i servizi di cui ha bisogno. E poi perchè è essa stessa una Cassa di Risparmio, e quindi va per legge privatizzata e le sue quote azionarie fatalmente passeranno in altre mani, secondo meccanismi che Trento non potrà controllare.

Come logica vuole, il consiglio di amministrazione della Fondazione ha quindi risposto picche a Detassis, ricordandogli le precedenti delibere - da lui approvate - che stabilivano i principi che dovevano ispirare la privatizzazione. Si parla di reazioni molto vivaci di Detassis (e di successivi malumori di Todesca); sarebbe la riprova che ai culi di pietra quello che soprattutto interessa è tenere sotto controllo alcune ricche poltrone; magari solo per qualche annetto ancora, e magari attraverso gli appoggi di altre lobby di fuori provincia.