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QT n. 17, 10 ottobre 1998 Servizi

Sulle tracce dell’orso

Orsi, linci e lupi ripopoleranno i nostri boschi? Dipende come sempre dall'uomo, ma le prospettive sono buone.

Avremo ancora l'occasione di rimanere sorpresi dalla paura davanti all'apparizione di un orso nei boschi delle Alpi? O riusciremo a seguire il riposo di una linee sdraiata su una roccia, a vedere il passaggio di un branco di lupi, o a cogliere il salto di un gatto selvatico? E' possibile, è auspicabile e probabilmente in tempi non molto lontani. Questa conclusione ci viene consegnata dalle prime riflessioni che il naturalista trentino Stefano Mayr ha portato a maturazione durante 38 giorni e 800 chilometri di viaggio nei boschi, fra forcelle e scoscesi versanti, sotto le spettacolari vette dolomitiche, un viaggio che lo ha portato da Lockve in Croazia fino a Capo di Ponte in vai Camonica.

Il lungo trekking è stato organizzato dall'associazione ambientalista Mountain Wildemess con lo scopo di monitorare le diverse aree, valutarne le potenzialità naturalistiche, studiare i possibili corridoi faunistici che permettano il reinserimento naturale dell'orso e di altri animali * predatori nelle Alpi Orientali e centrali.

Stefano è così partito dalla Croazia per arrivare nella valle dell'Isonzo, attraversare i massicci prealpini del Friuli Venezia Giulia, le Dolomiti Bellunesi, il Lagorai, il Brenta fino in Lombardia nelle valli di Fumo e Val Camonica. Ha attraversato ben 9 parchi naturali, partendo da quello croato di Risnjek per toccare lo sloveno parco del tricorno, il parco naturale delle Prealpi Giulie e quello delle Dolomiti friulane, il parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, i due trentini (il Paneveggio-Pale di San Martino e dell'Adamello-Brenta), quello altoatesino del Monte Como, fino all'ultimo, il parco dell'Adamello in Lombardia.

Passi, questi, importanti, in quanto i parchi non vengono vissuti come l'altare della natura, il momento dell'assoluta inviolabilità dell'ambiente, ma individuati come isole, presidi, punti di appoggio per studiare il reinserimento degli animali predatori, la loro biologia, le loro esigenze; dovrebbero essere i territori dove si prepara culturalmente l'uomo affinché sappia offrire un'accoglienza di rispetto verso la presenza di questa fauna affascinante, capace di suscitare diffusi timori, ma di regalare nel contempo emozioni irripetibili.

Ma è anche evidente come i parchi non siano sufficienti: se si vuole investire in una riconciliazione dell'uomo con la natura, l'intero ambiente alpino e prealpino deve essere considerato ambiente pregiato e come tale andrebbe tutelato, a prescindere dalla possibile presenza dell'orso o di altre specie faunistiche rare. Questo è il messaggio forte, l'impronta che il trekking ha lasciato.

Gli 800 chilometri percorsi hanno dimostrato la presenza di una grandissima varietà di habitat forestali, di situazioni fra loro diversissime con vaste aree di montagna abbandonate dall'agricoltura e dall'uomo e definite marginali o povere, ed altre invece arricchite dal turismo, ma contemporaneamente impoverite a livello paesaggistico e di habitat. Vi sono quindi aree di totale abbandono, specie sul confine sloveno, in Friuli e nel Bellunese che favoriranno anche in tempi brevi il reinserimento dell'orso, ed altre invece molto antropizzate, come l'Agordino e il gruppo del Brenta, che porteranno l'animale a comportamenti parzialmente erratici.

In Slovenia oggi vivono stabilmente 300-400 esemplari di orsi, generalmente protetti; alcuni abbattimenti sono consentiti in aree marginali sotto stretto controllo della sorveglianza faunistica e scientifica. Alcuni di questi esemplari con regolarità frequentano i boschi del Friuli Venezia Giulia: si tratta di una decina di esemplari che con sempre maggiore intensità si spingono fino nei boschi del Bellunese e con grande facilità potranno raggiungere le distese foreste del Lagorai.

Ma una volta scesi dal Monte Corno verso Salorno, troveranno una barriera invalicabile formata dalla presenza del fiume Adige, dalla violenta ed impraticabile autostrada del Brennero, dalla ferrovia. Un insieme di situazioni che rendono impossibile il passaggio. Stefano auspica che presso la stretta valle dell'Adige a Salorno si possa costruire un corridoio faunistico serio che permetta a tutta la fauna selvatica di passare sui piccoli altopiani del Monte di Mezzocorona, altrimenti a livello di presenza faunistica le Alpi Centrali rimarranno separate da quelle Orientali.

Per quanto riguarda l'area del Brenta è necessario avviare da subito il progetto di rinsanguamento. Allo stato attuale, dalla Slovenia sono giunte tutte le più importanti autorizzazioni burocratiche e sanitarie, ed è quindi probabile che fin dall'aprile-maggio del prossimo anno vengano rilasciati i primi tre esemplari di orsi. Inizierebbe così una grande avventura, il ritorno del confronto diretto di un selvatico timoroso, solitario, con l'uomo, inserito in un'area altamente urbanizzata. Una scommessa che la nostra società può vincere se investe in intelligenza e in pazienza, in capacità di confronto e coinvolgimento di tutti i soggetti, partendo dalle istituzioni per arrivare alle associazioni imprenditoriali, a quelle ambientaliste, al mondo dei cacciatori.

E' un grande sogno quello che si va aprendo. L'uomo nel secolo scorso è riuscito a distruggere la presenza nelle Alpi di tutti i grandi predatori, a partire dalla linee per passare al lupo, al gatto selvatico, all'orso. Negli anni '60 è scomparsa la lontra da tutti i corsi d'acqua. Oggi la minore pressione che l'uomo esercita sull'ambiente d'alta quota non più coltivato, la diminuzione del carico del pascolo, cacciatori più maturi e più controllati, creano le condizioni positive per il successo di questi ripopolamenti.

Così facendo diventiamo tutti più ricchi, più orgogliosi della varietà faunistica e del fascino che il nostro territorio presenta; diventiamo anche tutti più timorosi e attenti nel passeggiare nei boschi, sperando in un fugace incontro, nel passaggio di una veloce immagine, di un'ombra che possa assomigliare all'orso alpino o ad osservare l'agile balzo di una linee che fugge la nostra indiscrezione, la nostra curiosità.

Il trekking organizzato da Mountain Wilderness ha dimostrato che le potenzialità del successo ci sono: orsi, linci, sciacalli possono raggiungerci da est, mentre il lupo, in tempi probabilmente più lunghi, potrà arrivare sulle nostre Alpi provenendo da ovest, passando per il Piemonte e la Lombardia, sfruttando le grandi potenzialità offerte dai monti prealpini. I grandi rapaci, in parte presenti e mai estinti, possono ampliare i loro habitat e convivere con il reinserimento guidato del gipeto.

I problemi invece riguardano la lontra, l'animale che viveva lungo tutti i nostri torrenti, fino a pochi anni fa, considerato il nemico principale dei pescatori e da questi fatto estinguere. La lontra abbisogna di tranquillità, di acque che non presentino minime tracce di inquinamento e popolate da ricca fauna ittica.

Il Trentino e l'intero arco alpino, specie nel versante italiano, ancora oggi non presentano caratteristiche simili. Ogni rigagnolo in quota è stato regimato, l'azione dei bacini montani non trova tregua, i grandi torrenti vengono travolti con regolarità da insulsi interventi del servizio acque pubbliche con la costruzione di briglie, soglie e argini imponenti, o di privati e municipalità che costruiscono centraline idroelettriche.

Finché non viene modificata drasticamente la tecnica di intervento di questi servizi, finché non si agisce nella pulizia dei corsi d'acqua, il reinserimento della lontra nei nostri torrenti è impraticabile, nonostante la categoria dei pescatori ormai da anni dimostri sensibilità, rispetto, volontà di difesa del territorio.

Sapremo meritarci la realizzazione di questi sogni? La fiducia e la speranza sono sempre state alleate del mondo scientifico, della sensibilità degli ambientalisti, le finestre dell'intelligenza dell'uomo. L'orso in particolare è l'animale simbolo della selvaticità, della naturalità di un ambiente.

E' l'animale che raccoglie la simpatia dei bambini e degli adulti, è la sintesi della grazia, della delicatezza e della forza, è l'animale che ci trasmette timore ed ansia e che ci regala, alla sua vista, gioia ed euforia. Se riusciamo a vincere la scommessa del suo reinserimento nell'arco alpino, avremo fatto un importante passo nel processo di riconciliazione con la natura.