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QT n. 19, 7 novembre 1998 Servizi

Acqua, sicurezza e dighe

Da mesi un vivace confronto anima la comunità del Vanoi. Argomento: la progettata diga.

L'intera comunità è oggi chiamata a confrontarsi con la corretta gestione della risorsa acqua. In alcune realtà - Israele e Palestina, Turchia e Siria - questo elemento naturale è la vera fonte dell'origine di conflitti o dell'impedimento dell'avvio di processi di pacificazione, mentre in vaste aree della Cina e dell'India le falde vanno esaurendosi. Nei Paesi occidentali il problema assume contorni per ora meno drammatici e meno conflittuali, ma non per questo meno dirompenti.

Un primo conflitto vede contrapposte le popolazioni montane con quelle dei fondovalle o delle pianure: questo avviene in Francia, in Germania, in Austria ed ovviamente da noi, nel piccolo Trentino, con le aperte vicende delle dighe di Valda e del Vanoi. Fino ad oggi le acque delle popolazioni di montagna e le loro pertinenze di scorrimento sono state oggetto di conquista - altri direbbero di rapina - da parte degli interessi delle popolazioni di pianura: sfruttamento idroelettrico attraverso la costruzione di grandi invasi artificiali. prelievi per scopi irrigui dell'agricoltura, canalizzazioni forzate motivate da problemi di sicurezza. La montagna si è vista privare della risorsa idrica e della complessità di bisogni che questa assolve anche a livello paesaggistico e ricreativo.

In pochi decenni gli ampi areali dei torrenti si sono visti trasformare in canali cementati, sono stati rettificati e ridotti, nei loro alvei si è proceduto al sistematico prelievo di sabbie e di grandi massi, sono divenuti elemento di scorrimento di fognature, sono stati impoveriti della fauna che ospitavano con la scomparsa dei gamberi, di "pesci autoctoni, della lontra; sono stati ridotti o interrotti nel flusso delle acque da una miriade di centraline idroelettriche volute anche dall'imprenditoria privata o da municipalità che cercavano di arrotondare le loro entrate anche grazie alla vendita, fuori dei prezzi di mercato, degli esuberi di produzione ENEL.

Oggi si sta imponendo una nuova coscienza e una nuova cultura: la liberalizzazione del mercato dell'energia sta dimostrando in tutta Europa che la diffusione della produzione di energia idroelettrica su piccola scala non è competitiva, che la risorsa idrica non è riducibile alla banale equazione acqua uguale energia.

Solo il Trentino non si accorge di quanto avviene in Europa: per convincersene è sufficiente leggere le banalità inserite nella documentazione che hanno permesso l'istituzione dell'ASPE, basta leggere le proposte di pianificazione della Provincia in materia di acque.

Questo limite culturale, pesante e preoccupante, lo abbiamo letto anche in alcuni amministratori pubblici durante il confronto che ha animato il Vanoi sulla questione della prospettata costruzione del grande invaso in vai Cortella, un enorme bacino di raccolta di 30 milioni di metri cubi d'acqua voluto dal consorzio di bonifica pedemontano del Brenta. Nel fine settimana, a Canal S. Bovo, il Comune ha organizzato un dibattito che ha visto la presenza dei proponenti la diga e un pubblico da grandi occasioni. Con una serie di diapositive che illustravano allagamenti e altre situazioni negative per la popolazione della pianura, i rappresentanti del consorzio hanno spiegato come la falda acquifera nell'area del Brenta stia calando anno dopo anno, come si vadano esaurendo le centinaia di risorgive, come nei periodi di magra manchi perfino l'acqua per depurare gli scarichi fognari, specie nell'attraversamento della zona urbana di Padova, come ad ogni pioggia alquanto insistente si verifichino allagamenti. A loro dire, una diga a monte in val Cortella risolverebbe questo insieme di problemi, come d'altronde invitava a lavorare la Commissione Marchi incaricata di studiare la situazione di sicurezza dei bacini idrici dopo l'alluvione del 1966.

Anche in questo caso, come nelle valutazioni che portano a proporre la costruzione della diga di Valda, lo studio della commissione Marchi viene recepito con estrema parzialità. Non lo si valuta nel suo insieme, nell'emergenza che affrontava: amministratori ed interessi privati preferiscono porre attenzione solo al momento della realizzazione della grande struttura, del costoso ed impattante manufatto, la diga. Ogni altra considerazione ambientale, economica, di ripristino "leggero" dei corsi d'acqua viene accantonata. Nonostante l'insostenibilità economica, sociale ed ambientale della diga, come ben rilevato da Italia Nostra, anche chi è contrario alla costruzione del grande sbarramento non può comunque sottovalutare o nascondere l'insieme di emergenze che la pianura sta vivendo a causa della scellerata politica urbanistica e agricola seguita per decenni dalle amministrazioni padane, e a causa dei continui lavori di bonifica agraria e semplificazione del corso d'acqua che si sono avuti nel tratto trentino: le comunità montane devono comunque farsi portatrici di proposte di solidarietà.

Con il pieno accordo dei sindaci della pianura è stata proposta l'istituzione di un confronto che studi le alternative alla costruzione della diga, che elabori proposte concrete di soluzione dei problemi di sicurezza e rifornimento idrico che la pianura vivrà con sempre maggiore drammaticità nell'immediato futuro. Tocca oggi ai sindaci dei comuni interessati farsi interpreti di questo progetto, e agli amministratori della Regione Veneto e della Provincia Autonoma di Trento.

Quest'ultima, con i suoi rappresentanti, anche in piena campagna elettorale ha per la sua assenza: nessun rappresentante della maggioranza di Giunta era presente a Canal S. Bovo nonostante fossero stati invitati. Del resto, alcuni amministratori della Provincia di Belluno solo pochi giorni prima mi riferivano della loro sorpresa riguardo il comportamento della Provincia di Trento a proposito della diga. Non appena proposto un simile progetto, si attendevano un immediato rifiuto, anche da parte del Comune di Canal S. Bovo. Ed invece il rifiuto è arrivato dal comune di Lamon (Belluno) e da quello di Arsiè: silenzio e attendismo da parte trentina.

A Canal S. Bovo si è navigato nell'incertezza: il sindaco ancora oggi mantiene una prudenza incomprensibile ai residenti del Vanoi e del Primiero, non si espone in pronunciamenti chiari e attende la risposta a sette quesiti posti dalla sua amministrazione alla Provincia sulla reale necessità della diga, sulle questioni ambientali e di sicurezza, sul risarcimento dovuto alle popolazioni. All'interno dell'amministrazione di Canal S.Bovo si manifestano due comportamenti contrastanti che vedono opporsi le azioni di sindaco e vice sindaco. Fortunatamente quest'ultimo, coordinando il lavoro dell'Ecomuseo Vanoi, ha consentito che si sviluppasse un incisivo lavoro di informazione presso la popolazione: così, tramite la mostra estiva organizzata da associazioni e cittadini, è stato possibile conoscere l'entità e la complessità del problema, si è animata nella valle una discussione di alto profilo culturale e di grande fantasia (ricordiamo gli interventi dell'attore Marco Paolini e dell'alpinista Mauro Corona), e si è costretto il consorzio del Brenta a rendere pubblici i suoi intendimenti e la fragilità, anche economica, del progetto. E' stata un'iniziativa durata mesi, molto impegnativa, ma che ha dimostrato come sul territorio trentino vi siano anche amministratori dotati di buona fede, di capacità e correttezza: un aspetto che leggiamo raramente nel panorama politico sia dei comuni che della nostra Provincia.

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