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Le sofferenze della sinistra

Il popolo della sinistra soffre. Dopo lunga attesa è giunto al governo e dovrebbe gioirne, ed invece soffre. Si assenta dalle consultazioni elettorali, non rinnova la tessera dei Ds, diserta le assemblee. E’ molto più facile mobilitare il popolo di destra. Meno tasse, meno burocrazia, basta con i vincoli ambientali, con la rigidità dei contratti di locazione e nei rapporti di lavoro. Delegificazione, flessibilità, garantismo nei processi, riduzione del carico fiscale e contributivo, meno Stato, liberazione insomma dai lacci e lacciuoli che imbrigliano la nostra esistenza: sono questi i termini di un lessico che incontra seguaci nelle vaste schiere della classe media ed anche fuori di essa.

Nella loro fortuna si esprime un naturale anelito alla libertà, a scrollarsi di dosso le bardature che frenano i nostri impulsi vitali, gli spiriti animali che coviamo dentro di noi e che sono insofferenti di ogni disciplina. Fu astuta e tempestiva l’intuizione di Berlusconi quando intercettò questa ondata latente e la fece affiorare, incanalandola nel "polo delle libertà". Non c’è dubbio infatti che le aliquote dell’Iva e dell’Irpef sono troppo alte, che la burocrazia è scarsamente efficiente, che la legislazione è farraginosa e talvolta vessatoria e probabilmente anche le regole sul rapporto di lavoro hanno bisogno di qualche ritocco. Ma sotto queste ragionevoli censure si celano anche gli interessi selvaggi che fomentano una concezione della libertà marcatamente egoistica, perché in omaggio ad un’idolatria del privato tende a negligere del tutto il sociale. Non è sempre agevole sceverare ciò che di primitivo e protervo si ripara sotto il manto di una pur nobile tradizione. Sta di fatto che il popolo di destra sembra più reattivo agli stimoli, ancorché illusori, di una propaganda liberal-liberista. Anche perché si trova all’opposizione.

Più penoso è lo stato del popolo di sinistra. Le sue antenne, pur niente affatto indifferenti alla libertà, captano però anche altri valori: l’uguaglianza, la giustizia sociale, il rispetto del prossimo anche se maghrebino, la solidarietà con gli ultimi, la salvaguardia dell’ambiente, la liberazione dei popoli dalla miseria, la persona umana a cominciare dal suo diritto ad un lavoro che gli consenta un’esistenza libera e decorosa.

Com’è che dopo tre anni di governo dell’Ulivo la disoccupazione non è diminuita, e l’evasione fiscale è ancora scandalosa? E mentre i profitti delle imprese sono aumentati, i salari invece sono rimasti stazionari? Perchè mai la televisione, anche quella pubblica, continua ad essere la spazzatura di sempre, e la scuola, malgrado il gran parlare che se ne fa, vivacchia tutt’ora nei suoi vecchi programmi e con il suo corpo docente screditato e malpagato? Siamo entrati nell’Euro, e sta bene, ma perché un’Europa continentale socialdemocratica non ha saputo opporre al "compagno" Blair, zelante caudatario di Clinton, una netta presa di distanza dalle sue avventure aggressive in Irak? E dove sono le riforme, le tante volte annunciate riforme, da quella elettorale a quella della pubblica amministrazione, fino alla riforma della Costituzione verso una Repubblica federale? Insomma, a cosa serve stare al governo se poi le cose continuano pressappoco come prima? Non ci resta nemmeno la soddisfazione magra, magra fin che volete, di scendere in piazza a protestare contro il governo!

Recentemente è stato Delors a ricordarci che, ai tradizionali valori della sinistra, bisogna aggiungere il valore della responsabilità. Fu Max Weber, se ben ricordo, ad insegnarci la distinzione tra etica della convinzione ed etica della responsabilità: la prima si esaurisce nel rapporto esclusivo con la mia coscienza, la seconda mi costringe a fare i conti con tutto ciò che mi circonda. Una cosa è credere nei valori e proclamarli, altra cosa è tradurli in eventi concreti.

La politica, la buona politica, può fare molto, ma non è onnipotente. Le strutture economiche ed amministrative esistenti, nelle quali si annidano le iniquità intollerabili alle coscienze del popolo di sinistra, hanno una loro forza di inerzia che di per sé oppone una formidabile resistenza alle riforme. Se poi la politica non è così buona come dovrebbe essere per vincere tali resistenze, ma contiene impurità infiltrate dai rapporti di forza esistenti, i caratteri propri di un governo di centro-sinistra fatalmente sfumano e perdono smalto.

Abbiamo il senso di responsabilità per capire tutto questo, ma almeno ogni tanto ci piacerebbe ascoltare una voce amica...