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“Effetti collaterali?”

La Cina è vicina, si diceva un tempo. Tanto vicina che è bastato che la Cia estraesse dai suoi aggiornati schedari la mappa di un vecchio dépliant turistico su Belgrado e la consegnasse ai piloti della Nato perché questi bombardassero l’ambasciata del più popoloso Stato del mondo. I morti sono stati appena tre o quattro e pochi di più i feriti: una trascurabile inezia, in termini di vite umane, rispetto agli altri "deplorevoli e tragici errori". Non è questo che turba le coriacee coscienze dei portavoce della Nato. Il maggiore imbarazzo è causato dal vulnus dell’immunità diplomatica della residenza di una potenza che siede nel Consiglio di sicurezza dell’Onu con diritto di veto, e che quindi può indursi ad irrobustire la consistenza e l’antagonismo del resto del mondo contro gli Stati Uniti. I quali si giustificano col dire che quando si fa una guerra gli errori sono inevitabili e dunque prevedibili le loro conseguenze.

Pensiamo ad un cecchino che ha sotto tiro un fuorilegge che trattiene avvinghiato a sé un ostaggio, ma esita a premere il grilletto perché teme di potere, per errore, uccidere l’innocente prigioniero. Se ciò malgrado si risolve infine a sparare accettando così gli effetti non voluti del suo possibile errore di mira, questa sua consapevole volizione comprende sia l’effetto legittimo - l’uccisione del sequestratore - sia l’effetto illegittimo, cioè l’eventuale morte del sequestrato. E’ evidente che in questa situazione la minore o maggiore probabilità del possibile errore, e della sua eventuale conseguenza, dipende dalle circostanze nelle quali si svolge l’azione: dalla precisione del fucile, dall’abilità del tiratore, dalla sua distanza dall’obiettivo. L’intensità del dolo, cioè la prevedibilità e l’accettazione dell’effetto non voluto, saranno dunque maggiori se l’arma è imperfetta, la mira non collaudata, la distanza eccessiva. In questi casi, in diritto penale si parla di "dolo eventuale", equiparato al dolo puro e semplice. Se lo sparo colpisce la vittima innocente, l’omicidio è volontario.

Le vittime innocenti, civili serbi, kossovari in fuga o nei loro villaggi, diplomatici cinesi, ormai a centiania uccisi dagli errori commessi nei bombardamenti della Nato, sono morti consapevolmente e volutamente provocate. La possibilità di errore è stata infatti determinata o dal cinico calcolo dei falchi della Cia che hanno forse volutamente consegnato mappe sbagliate per boicottare con l’incidente la trama della difficile trattativa diplomatica, o dalla scelta tattica dei raid, eseguiti ad alta quota per tenere i velivoli al sicuro da reazioni delle postazioni antiaeree. Fra il rischio che sia abbattuto qualche bombardiere, del resto assai basso, e quello di colpire obiettivi civili, che è assai elevato se si vola ad alta quota, gli strateghi della Nato privilegiano il secondo in premeditata consapevolezza. La guerra è guerra!

Ma non era un’operazione di polizia per difendere i kossovari dalla pulizia etnica ed i serbi dal folle tiranno? Non era un intervento di "ingerenza umanitaria"? Dunque, per affermare i diritti umani, per difendere l’eguaglianza delle etnie, per perseguire un fine di civiltà è accettabile l’uso di mezzi barbari?

Che il massacro di massa sia una pratica in uso in molte parti del mondo è cosa ben nota. Che Milosevic, come anche altri personaggi, non tutti serbi, di quelle terre, abbiano assassinato, distrutto, devastato, sospinti dall’odio razziale degno delle epoche più oscure della storia dell’umanità, è pure noto. Ed è illusorio pensare ad un avvenire roseo purificato da così abominevoli istinti. Ma questo fa parte ineliminabile del mondo del male, della illegalità, del disordine morale. Per contrastare ad esso, in un faticoso e contraddittorio corso della storia, si è affermato il principio di legalità, il monopolio della violenza legittima riservata allo Stato. Nel momento presente questa esigenza si pone a livello dell’intero pianeta, e sarà un’impresa gigantesca trovare le forme e creare gli strumenti per soddisfarla. Certo è che questo è un pessimo inizio. Se il nuovo ordine mondiale dovesse essere questo imposto dalla potenza oggi egemone quale si è presentato in queste settimane, c’è da rabbrividire.

Eppure già molto tempo fa Blaise Pascal enunciò questo concetto: "La giustizia senza forza è impotente..., la forza senza giustizia è tirannica. Bisogna dunque far coesistere giustizia e forza, cioè far sì che chi è giusto o chi è forte sia giusto".

La vecchia Europa, oggi,non ha nulla da dire?