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Regione: una grande responsabilità

La riforma dello Statuto d'Autonomia: perchè è difficile, perchè è importante.

Vincenzo Passerini

Questa legislatura del Consiglio regionale, come le due precedenti - in particolare l’ultima -, ha l’ambizione di essere una legislatura costituente. E’ soprattutto la materia elettorale che preme sull’acceleratore della riforma dello Statuto del Trentino-Alto Adige sulla scorta di quanto già avvenuto a livello nazionale. Ma è complessivamente il ruolo della Regione che ha urgente bisogno di essere ridefinito, a più di un quarto di secolo dal secondo Statuto, che questo ruolo aveva fortemente ridotto innescando il meccanismo di un suo ulteriore, progressivo ridimensionamento.

Sul finale della precedente legislatura il generoso tentativo dei Democratici di sinistra di attuare una riforma elettorale a Statuto invariato fu, come si ricorderà, vanificato dalla sentenza della Corte costituzionale. Quella strada, dunque, sembra non più praticabile.

Resta la strada della riforma complessiva dello Statuto all’interno della quale collocare anche la questione elettorale. Isolare quest’ultima, come in parte si è cercato di fare con la mozione precipitosamente portata in consiglio regionale e in quello provinciale dalla maggioranza centro-sinistra/SVP, credo non porti lontano. Quella mozione ha raccolto una maggioranza di voti risicatissima, ha inasprito i rapporti con l’opposizione, che invece deve essere coinvolta nel processo di ristrutturazione della casa comune, ha permesso a Durnwalder di dimostrare ancora una volta che l’SVP è pronta a rilanciare su ogni risultato provvisoriamente acquisito in assenza di un disegno organico.

Ma si può imparare anche dagli errori.

L’importante è non dimenticare che ci stiamo muovendo in un contesto di confine che ha una complicata e sofferta storia alle spalle e che è stato pacificato con una sofisticata architettura istituzionale (sostenuta dal cemento di abbondanti finanziamenti).

Il primo Statuto, quello del 1948, è nato da due guerre mondiali e un trentennio di lacrime e sangue; il secondo, quello del 1972, da un lungo conflitto politico, di dimensioni internazionali, segnato anche da sanguinose vicende terroristiche; il terzo, per fortuna, può nascere non più dalle lacrime e dal sangue ma da una volontà comune pazientemente costruita qui, in questa terra, da coloro che vi vivono, non più a Roma, a Vienna, a Parigi o all’ONU.

Ma ciò significa che dobbiamo essere consapevoli di questa enorme ed inedita responsabilità che per la prima volta possiamo pienamente assumerci. Dobbiamo essere consapevoli che non ci sono scorciatoie per una terza riforma di uno Statuto che ha una storia siffatta alle spalle.

Che nulla può essere fatto precipitosamente, nulla isolando un pilastro - tanto più "portante" come quello della materia elettorale - dal complesso della architettura istituzionale.

Tutto si tiene, tutto si lega. Immaginare che si possa trasferire alle due Province la competenza elettorale, senza che ciò metta radicalmente in discussione l’intero originale e complesso ordinamento istituzionale è una madornale semplificazione di cui è bene liberarsi quanto prima.

Uno Statuto con simili precedenti può essere riformato solo attraverso una commissione regionale che comprenda rappresentanze politiche e tecniche, che tenga conto delle esigenze della minoranza regionale di lingua tedesca, delle altre minoranze linguistiche, delle minoranze politiche, che sia luogo di elaborazione, punto di convergenza di un ampio e approfondito dibattito che deve coinvolgere l’intera società regionale nelle sue varie componenti culturali, sociali, economiche. Tale commissione deve cercare di produrre in tempi ragionevoli una proposta da sottoporre all’assemblea legislativa regionale e quindi al Parlamento. Tutte le altre soluzioni mi sembrano francamente delle scorciatoie inadeguate, pericolose e inconcludenti.