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QT n. 17, 9 ottobre 1999 Servizi

Un’assemblea di utopisti?

Con la tradizionale marcia Perugia-Assisi si è conclusa la terza assemblea dell’Onu dei popoli.

Si è conclusa dentro la tradizionale cornice di festa e colori della marcia Perugia-Assisi la terza conferenza dell’Onu dei popoli: musica, slogan, dipinti che hanno riassunto un lungo e difficile confronto fra 200 ospiti internazionali, rappresentanti delle organizzazioni non governative, che si sono ritrovati a lavorare su tutto il territorio nazionale per un’intera settimana.

Questa conferenza dell’Onu dei popoli non è certamente il solo appuntamento internazionale delle organizzazioni non governative, ma per le sue modalità di svolgimento è diventato il punto di riferimento più significativo del segretariato delle Nazioni Unite, un segretariato certo travolto da difficoltà e scarsamente credibile, ma che pure sta cercando percorsi di riforma e metodi di intervento nuovi e incisivi in tutte le situazioni di conflitto e di ingiustizia.

La particolarità dell’appuntamento è dovuta alla presenza di undici occasioni di riflessione specifica che spaziano dal tema dell’acqua a quello della giustizia, del turismo, dei diritti umani. Gli invitati stranieri sono stati ospitati da associazioni locali, comuni, province, regioni, e poi portati alla assise plenaria di Perugia, dove i documenti e le riflessioni hanno trovato sintesi in un documento finale che sarà proposto all’attenzione dell’Onu. Si costruisce così un fecondo intreccio fra le esperienze vissute dal volontariato nei vari settori e in paesi diversi, ed i momenti istituzionali delle periferie. Il governo di una cittadina o di una provincia si trova a a misurarsi con i problemi che investono le sorti dell’umanità intera, con la complessità e la violenza di tragedie lontane dalla nostra quotidianità, con religioni e modi di intendere la democrazia diversi, con economie fragili che subiscono ogni minimo contraccolpo politico.

Itre giorni dell’assemblea di Perugia non sono stati un appun- tamento rituale: il documento base preparato dagli organizzatori è stato radicalmente modificato, gli ospiti stranieri hanno preteso parole chiare e forti nella condanna del ruolo delle multinazionali, nell’analisi degli effetti della globalizzazione, nell’evidenziare le colpe di quei governi che hanno umiliato il ruolo dell’Onu, nel sottolineare le ipocrisie di chi parla di pace mentre continua a vendere armi e mine e a sorreggere economicamente e politicamente dei regimi autoritari.

Flavio Lotti, responsabile del Tavolo della pace, davanti al presidente della Camera Violante e alla ministra Patrizia Toia, ha chiesto che i governi dell’occidente recuperino coerenza e che la società civile presente a Perugia si muova per costruire una società sulla convivenza e il rispetto. I due parlamentari non si sono sottratti al confronto: Violante ha chiesto che si superi la Carta dei diritti dell’uomo con la definizione di una Carta dei doveri degli Stati sovrani e che l’angusta dimensione dell’interesse nazionale si allarghi ad una visione complessiva degli interessi dell’umanità.

Nell’intensità di un dibattito che risulta qui impossibile sintetizzare, ha destato impressione la veloce passerella degli ospiti di tanti paesi: passioni e volti straordinari, abbigliamenti e linguaggi fra loro diversissimi, ma un’unica tensione volta al superamento delle troppe violenze che sono oggi leggibili in tanti angoli del pianeta.

Dicevo che i gruppi di lavoro hanno modificato in modo sostanziale la piattaforma di partenza: hanno infatti preteso di inserirvi proposte operative concrete, un richiamo di attenzione indirizzato ai sindacati dei paesi industrializzati affinché i diritti dei lavoratori diventino internazionali; hanno richiamato l’esigenza di superare l’attuale miseria etica di chi governa l’economia; hanno chiesto attenzione alla economia su piccola scala, l’unica controllabile da parte dei popoli; hanno chiesto la fondazione di banche alternative, l’istituzione di osservatori permanenti sui temi della giustizia e della violazione dei diritti umani; vogliono infine che l’Onu sia più incisiva, non nell’intervenire con i bombardieri, ma nel prevenire le situazioni di conflitto.

La società civile in questo modo matura e si organizza: questa è la consapevolezza che è rimasta in quanti hanno partecipato ai lavori dell’assemblea.

Due parole vanno ancora spese a proposito dei com- portamenti della sinistra. Il presidente del Consiglio D’Alema ha risposto alla lettera del Tavolo della pace: una replica pubblicata solo dall’Unità e dall’Avvenire, nella quale D’Alema invoca il dialogo, ma subito riafferma la correttezza dell’intervento italiano nei bombardamenti alla Jugoslavia e l’attuale impostazione della nostra politica estera. Nel documento non si riesce a leggere né uno slancio emotivo, né una partecipazione reale al processo che a Perugia si stava costruendo.

Significativo è stato poi il suo modo di partecipare alla marcia: partenza, un paio di chilometri in discesa, e dopo decine di interviste in cui ha sottolineato di essere il primo capo del Governo che partecipava alla marcia, rientro a Roma in automobile. La sua presenza è stata insomma un fatto importante, ma poteva venir gestita in maniera più corretta, e rispettosa nei confronti di chi la marcia la fa per davvero.

Significativo è stato il commento alla marcia dei canali di Berlusconi: più che dimezzati, rispetto alla realtà, i partecipanti, e il tutto descritto come una scampagnata di profughi del pacifismo. Insomma, un quasi fallimento.

Significativo è anche il confronto fra i contenuti dei servizi letti sull’Unità e quelli apparsi sull’Avvenire e sull’Osservatore Romano. Il primo giornale riporta il confronto politico avvenuto all’interno della sinistra, e su ogni questione appare solidale con il governo. I due giornali cattolici invece, oltre ad offrire ampio spazio ai contenuti dell’assemblea, si diffondono nell’illustrare il significato dell’obiezione di coscienza e trattano del convegno di Pinzolo sulla solidarietà e la montagna: insomma, dei temi e delle analisi che dovrebbero far parte del patrimonio genetico della sinistra, anche di una sinistra al governo.

Anche se la televisione pubblica ha presentato ampi servizi sulla marcia di domenica, non si può tacere sull’assenza di informazione a proposito dei momenti più importanti di questo appuntamento. A quanto pare, il mondo dell’informazione fatica a svolgere il suo ruolo e preferisce dedicarsi alle frivolezze o ai fatti eclatanti che scuotono l’emotività.

I rappresentanti del Tavolo della pace sono accusati da qualcuno di essere degli utopisti; chiudiamo allora con una storia che proviene dal Ghana. Un’aquila viene allevata da una famiglia come fosse una gallina, al punto che lei stessa se ne convince e ritiene di non saper volare. Ma un giorno qualcuno la portò con sé in cima a una montagna, la puntò verso il sole e l’aquila, abbagliata, aprì le ali e iniziò a volare, sempre più in alto.

Ognuno di noi ha un’aquila dentro di sé - è stato detto a Perugia; e se smetteremo di pensare di essere delle galline, anche noi riusciremo ad aprire le ali.

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