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QT n. 21, 4 dicembre 1999 Servizi

Scuola per scuola

L'autogestione è arrivata anche quest’anno, attesa come di consueto con l’avvilente etichetta di "rito di novembre", ma consueta questa volta non lo è stata, in quanto al suo apparire ha dato adito a prese di posizione discordi. Vediamo nello specifico la situazione interna ad ogni scuola, sentendo l’opinione di alcuni rappresentanti d’istituto, per capire più profondamente le ragioni che hanno motivato le singole scelte.

Al Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci si è svolta l’autogestione a partire da lunedì 22 novembre, e si è conclusa con il corteo studentesco di venerdì 26. "Lunedì c’è stata l’assemblea d’istituto nel corso della quale si sono svolte le votazioni, e la maggioranza ha deciso per l’autogestione" - racconta Andrea Marchetto. I motivi che hanno spinto alla protesta sono sia esterni che interni: quelli esterni sono quelli nazionali, della piattaforma UdS, quelli interni riguardano l’istituto, la mancanza di strutture antincendio, l’assenza di un’aula magna sufficientemente capiente, lo scarso dialogo con il preside. "Per quanto riguarda le strutture – continua Andrea - al momento il Da Vinci è di proprietà della Curia, e forse tra poco verrà acquistato dalla Provincia, e allora si vedrà come comportarsi". L’organizzazione dei gruppi si è svolta come negli anni passati, con quelli classici di discussione sui problemi della protesta, e altri più innovativi, come un gruppo che ha creato una pagina Internet, o un altro che si è occupato di un mercatino di solidarietà in collaborazione con organizzazioni umanitarie. I rappresentanti d’istituto si dicono soddisfatti dell’esito dell’iniziativa.

All’altro scientifico, Galileo Galilei, la situazione è totalmente diversa: trovandosi in disaccordo con i motivi per cui si voleva inoltrare la protesta, i rappresentanti d’istituto hanno inizialmente tentato di esporre queste loro idee agli studenti. "Quest’autogestione ci sembrava politicamente strumentalizzata, c’era sotto una mano che non doveva esserci - spiega Yari Ognibeni - Inoltre i punti presentati come motivo di protesta sono sotto trattativa con l’assessore, non c’era alcun bisogno di ricorrere ad un’autogestione." Ma il risultato delle votazioni di mercoledì 17 ha visto la maggioranza degli studenti votare a favore della protesta, secondo i rappresentanti più per volontà di perdere giorni di scuola che per reale convinzione: "Noi abbiamo lasciato libera scelta agli studenti, e dopo che hanno votato per il sì noi rappresentanti ci siamo sospesi a tempo indeterminato e non abbiamo collaborato: ci sembrava l’unico modo per far capire cosa vuol dire organizzare qualcosa, e come per tale scopo occorra essere convinti e avere la volontà di muoversi sul serio – prosegue Yari - E difatti i tentativi di organizzare qualcosa non sono riusciti. Ci teniamo a sottolineare che non si è trattato di una nostra alleanza con il preside e contro gli studenti, come è stato scritto su un quotidiano, ma di una nostra autonoma presa di posizione che ha comunque lasciato totale libertà agli studenti."

Nel terzo liceo di Trento, il Classico Prati, la situazione di partenza appare analoga a quella del Galilei: i rappresentanti d’istituto dissentivano dai motivi proposti per l’autogestione, e ritenevano fuori luogo una protesta senza reali motivazioni, effettuata solo in nome di una consuetudine in corso ormai da qualche anno. "Abbiamo indetto un’assemblea d’istituto per spiegare i motivi dell’autogestione, cercando di fornire un’informazione il più asettica possibile, così da lasciare autonomia di scelta ai singoli, ma badando che tale scelta avesse delle fondamenta e non fosse costruita su voci o false informazioni." - illustra Joel Melchiori. In seguito a quest’assemblea, svoltasi il 18 novembre con gli studenti divisi in gruppi per poter affrontare meglio il problema, le votazioni hanno dato ragione ai rappresentanti, e l’istituto non ha aderito all’autogestione. "Siamo soddisfatti di questa presa di posizione del nostro istituto – dichiara Joel - Aderire a una protesta che si basava su motivi pretestuosi o infondati sarebbe stata l’ennesima conferma a un’immagine negativa di noi studenti. Così abbiamo invece dimostrato di avere una testa e di saper usarla, di saper capire quando è il caso di protestare e quando è meglio tacere per non far cadere nel ridicolo una cosa seria come l’autogestione."

L’Istituto Psico-socio-pedagogico Rosmini ha visto al suo interno invece l’attuarsi dell’autogestione. I rappresentanti hanno informato gli studenti anche delle alternative proposte dalla preside, prof. Cattani, di rinunciare all’autogestione per avere, all’interno della finestra tecnica, 3 giorni concessi agli studenti in modo che essi potessero gestirli da sé. "Noi l’abbiamo proposto, ma gli studenti non l’hanno accettato - spiega Guido Baraldi - L’autogestione è una protesta, non qualcosa che ci viene dato dalla preside così, concordato con lei, tanto per avere un contentino." Anche se all’inizio ci sono state alcune difficoltà, dovute al fatto che la preside non voleva concedere le aule, la protesta è comunque iniziata lunedì 22, e al suo interno si sono tenuti vari gruppi di approfondimento, discussione, tra cui uno che ha lavorato sull’attività di LIPU e WWF. I rappresentanti si dicono soddisfatti, eccezion fatta per un dissenso riguardante la conclusione della protesta: "C’era una spaccatura interna tra noi rappresentanti: alcuni la volevano chiudere col corteo di venerdì, altri continuare anche sabato. Così sabato solo una cinquantina di studenti hanno autogestito" - spiega Guido.

L’ITC Tambosi non ha autogestito, anche se all’inizio pareva avrebbe aderito alla manifestazione: "All’inizio eravamo favorevoli a causa di una scarsa informazione, e così l’istituto aveva votato per l’autogestione - dice Manuela Facci - Ma poi abbiamo saputo che le nostre richieste erano già in trattativa presso l’assessore, e così abbiamo convinto gli studenti a rivedere la loro posizione, e a non aderire." Tutto sommato quindi viene evidenziata una certa autonomia di ragionamento, anche se "al biennio volevano farla solo per perdere scuola; in realtà c’è disinteresse, e lo si vede quando nelle occasioni di dibattito nessuno parla o si mostra coinvolto"- commenta Manuela.

All’ITC Europa si è invece sviluppato il processo contrario: si è partiti con l’idea di non fare autogestione, perché i rappresentanti consideravano le motivazioni al di fuori della portata di una protesta studentesca, ma poi la situazione è cambiata: "Nell’assemblea di sabato 20 abbiamo esposto la nostra idea, ma gli studenti volevano l’autogestione –racconta Gabriele De Angelis - In assemblea d’istituto non abbiamo mai visto una partecipazione così decisa: tutti intervenivano, partecipavano… e così abbiamo tenuta un’autogestione volta a promuovere e propagandare l’istituto, che rischia, causa il calo di iscrizioni, di unirsi al Tambosi, cosa che vogliamo evitare." Sono stati stilati documenti, giornalini, volantini a questo scopo, per parlare soprattutto dei due nuovi corsi sperimentali, quello ad indirizzo turistico e quello ambientalistico-sanitario. Il risultato sembrava positivo, ma proprio alla fine si è verificato uno spiacevole episodio: "Uno studente è stato aggredito e sui giornali questo ha fatto scalpore; ma questo non può influire sull’esito positivo della nostra attività".

Problemi con l’opinione pubblica anche all’ITI Buonarroti, dove di fronte a una maggioranza che voleva l’autogestione il preside si è detto contrario, e non ha voluto concedere le aule. "Eravamo in tanti studenti fuori da scuola, per chiedere che ci venissero concesse delle aule, e per sbaglio si è rotto qualcosa – illustra Marco Antonio Rossi - Il preside poi ci ha dato un’assemblea d’istituto dove abbiamo potuto approfondire il problema, e di fronte alla nostra volontà di autogestire ha ceduto." Di fronte a questa prima vittoria è seguita però una sconcertante sconfitta: il giorno dopo pochissimi studenti erano a scuola, la maggior parte era rimasta a casa. "Abbiamo ritenuto che continuare nella protesta sarebbe stato un darsi la zappa sui piedi inutilmente, per cui, d’accordo con il preside, avremo alcuni giorni da organizzare con gruppi e attività alternative alla fine del primo quadrimestre. E’ brutto - conclude Marco Antonio - esserci danneggiati da soli con questa caduta, ma credo che aver smesso di fronte ad una scarsa partecipazione ci abbia riscattati, dimostrando che se le cose le facciamo, vogliamo farle bene, altrimenti sappiamo anche lasciar perdere."

L’Istituto d’Arte Vittoria è stato invece il primo a cominciare, ma anche il primo a finire. "Volevamo cominciare per primi per dare la spinta. Per far sentire che ci siamo, perché anche gli altri anni siamo sempre partiti per primi - dice Lorenzo Nicolodi - Abbiamo anche finito prima degli altri perché molti avevano paura delle assenze in vista della nuova maturità." I rappresentanti d’istituto hanno cominciato l’autogestione convinti che non sarebbe stata una di quelle proteste serie che vanno avanti per giorni, un po’ perché non c’erano i motivi, un po’ perché agli studenti paiono interessare sempre meno queste tematiche "Non c’è più la gente di una volta - commenta Lorenzo - Ora ti vengono dietro tanto per fare, per perdere scuola: non vale la pena di fare le cose così."

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