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QT n. 7, 1 aprile 2000 Servizi

Barriere: vent’anni di attesa

L’Unione Commercio chiede l’ennesimo rinvio per l’eliminazione delle barriere dagli edifici pubblici e privati aperti al pubblico. I politici ascolteranno questa indecente richiesta?

Anesi Graziella

Solitamente del trascorrere del tempo ci si rende conto in prossimità di scadenze e anniversari. Soprattutto in questi frangenti, infatti, ci si accorge di "come passa": un fluire impercettibile del quotidiano vivere, che piano piano muta l’aspetto di ciò che ci circonda.

La settimana scorsa abbiamo avuto un’altra occasione di riflessione di questo tipo. L’Unione Commercio e Turismo in vista dello scadere (appunto) del termine previsto per l’adeguamento dei locali pubblici e/o privati aperti al pubblico rispetto all’eliminazione delle barriere architettoniche, ha chiesto alla Giunta provinciale di Trento di prorogare detta scadenza e, già che c’era, di togliere le sanzioni previste dalla Legge 1/91 e successive modifiche.

Non ci voleva molta fantasia per intuire che la richiesta sarebbe prima o poi venuta, visto il ritardo col quale avviene tale adeguamento, ma dalla notizia non possiamo che trarre forte timore. Facciamo per un attimo la storia della legge in questione.

La Provincia di Trento il 27 luglio 1981, fra le prime in Italia, approvò la legge 12 nota come "Legge sull’eliminazione delle barriere architettoniche". Una legge presentata dal volumetto illustrativo come un "contributo di partecipazione della Provincia" all’Anno dell’handicappato.

Ma la 12/81 non cambiò visibilmente la situazione. Solo dopo qualche anno, anche grazie ad alcune forti e drammatiche proteste, cominciò un significativo mutamento che però non trovava all’interno della normativa un sufficiente sostegno per contrastare chi non la rispettava.

Così, dieci anni più tardi, venne sostituita dalla legge 1 del 7 gennaio ‘91. Tale normativa - con varie modifiche e integrazioni - è tutt’oggi in vigore e comprende piani di intervento anche finanziari per l’eliminazione delle barriere architettoniche dagli edifici pubblici e privati aperti al pubblico, contributi per l’acquisto e l’adattamento di mezzi di locomozione e infine servizi di trasporto e accompagnamento per disabili.

Per quanto riguarda le barriere, la sostituzione della legge si rese necessaria perché il passo indispensabile affinché fosse incisivo il suo effetto, era rendere obbligatorio e preciso l’adeguamento.

Inizialmente si stabilirono 6 anni di tempo (scadenza il 30 gennaio ’97) per l’adeguamento, poi si approvò una prima proroga al 31 dicembre ‘98 ed una seconda al 31 dicembre 2000, introducendo una sanzione (2 per 1000) ai gestori inadempienti. Questi rinvii dovevano essere supportati da una incisiva campagna di informazione e programmazione su titolari, proprietari e gestori di locali pubblici, in modo che essi avessero la possibilità di adeguare le strutture e, al contempo, non fosse più possibile rinviare ancora la scadenza.

Eadesso, come la mettiamo? Sono cambiate molte cose in questi due anni. E’ trascorso del tempo. C’è un’altra Giunta in Provincia formata anche da persone e forze che in passato sono state a fianco dei portatori di handicap e che oggi hanno incarichi e responsabilità precisi. Consentirà questo di avere un confronto costruttivo, senza veder passare sopra le teste dei disabili - magari votato all’interno dell’assestamento di bilancio, tra migliaia di piccole e grandi modifiche - l’ennesimo rinvio?

Ricordiamo, perché testimoni sul campo, il vivace andirivieni di rappresentanti di associazioni delle categorie interessate, salire le scale del Palazzo della Regione nei giorni del dibattito. Tutti alla ricerca del consigliere o dell’assessore da convincere, tutti a perorare buoni motivi di rinvio e tutti agili, perché il Palazzo - per chi non lo sapesse - è barrierato, con un ascensore non a norma e quindi non accessibile alle persone in sedia a rotelle (c’è un provvedimento, votato per l’occasione, che stabilisce l’adeguamento del Palazzo, ma dei lavori di sbarrieramento neanche l’ombra...).

Si era allora approvato un provvedimento che poteva essere una buona partenza per un piano organizzato e che invece è stato un limbo che ha condotto all’attuale ennesima richiesta.

Avremmo molte cose da chiedere: quante le domande presentate di sbarrieramento? Quanti i controlli? Quanti i progetti di ristrutturazione? Quante le sanzioni pagate dagli inadempienti?

Non vorremmo fosse ancora una volta affrontata con un rinvio una questione con implicazioni sociali e culturali che incidono sulla mobilità, la partecipazione e la relazione di tante persone.

Quanto ricade nel "quotidiano" di un disabile il ritardo nell’applicazione della legge? Di chi è la responsabilità se per 10-15 anni una persona non ha potuto entrare in un edificio pubblico o salire su un autobus? Oppure solo per alcune categorie di persone il tempo, oltreché danaro, è anche opportunità mentre per altri vale di meno? Non può il tempo (ancora lui..) dei disabili essere considerato di minor valore rispetto a quello degli altri o, se così è, lo si deve dire chiaramente evitando di parlare di solidarietà e integrazione.

Come molte altre realtà che si impegnano per i disabili, siamo disponibili a incontrare persone e forze per un confronto costruttivo, confidando in un segnale chiaro e diverso su queste problematiche.