Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Immigrati: è questa la vera integrazione?

L’amministrazione comunale di Rovereto ha recentemente ristrutturato la piscina delle scuole medie Gandhi che sarà diretta a gruppi specifici quali neonati, bambini, anziani, post-traumatici e portatori di handicap che hanno necessità di svolgere attività fisica in tutta tranquillità. Inoltre, ed è su questo punto che qui ci si vuole soffermare, essa sarà a disposizione di quelle donne mussulmane le quali, per tradizione culturale e religiosa, non possono esporsi in costume da bagno davanti ad uomini.

Tale decisione, testimonia di un’attenzione e di un atteggiamento di apertura, da parte dell’Amministrazione roveretana per favorire, a detta del sindaco, l’integrazione di alcune donne mussulmane, (non tutte le mussulmane sono così strettamente osservanti) nella vita della città.

In questi casi, quando una cultura dà segno di comprensione verso un’altra cultura, si usa la parola "tolleranza". A monte di tale atto di comprensione verso la donna islamica mi chiedo però se vi sia stato un ragionamento a tutto campo sulla questione. In altre parole, mi chiedo, se l’Amministrazione roveretana abbia tagliato corto affermando un generale principio di accettazione delle differenze o se si è spinta ad un’analisi socio-culturale e giuridica più approfondita.

Perché qui noi andiamo a - mi si passi il termine - "rivisitare" quei diritti civili fondamentali concernenti la libertà della persona, nel caso specifico il diritto alla non discriminazione tra uomo e donna. E sappiamo quanto lento e tormentato è stato il processo di liberazione ed emancipazione sociale e politica che la donna si è conquistata nel mondo occidentale, tale da portarla oggi, quanto meno sulla carta, alla parità di diritti con l’uomo. Rimettere in gioco tale diritto acquisito con tanta fatica, non rappresenta un pericolo per la donna occidentale? E più in generale non vi è il pericolo di creare un precedente che vada poi a scapito della laicità (intesa come apertura a tutti) dei luoghi pubblici?

La questione è quanto mai aperta. Si ricorderà ad esempio la laicissima Francia, quando nel 1989 un preside di scuola proibì l’entrata in classe ad una ragazza mussulmana perché portava il chador, ledendo così il "sacro" principio di laicità sancito duecento anni prima dalla Rivoluzione. Scoppiò un’accesa querelle e qualche tempo dopo il Consiglio di Stato sentenziò a favore del chador in classe e di qualsiasi altro segno religioso che una persona volesse portare su di sé. Il fatto, di per sé di importanza relativa, fu però significativo di come anche il valore della laicità, che è disposizione critica al dialogo e mai imposizione di una "verità", ebbene quello stesso principio, divenisse paradossalmente un atto di intolleranza. In Italia, dove la laicità ha una storia diversa ed un’applicazione più attenuata, un caso del genere non è neppure pensabile.

Nel caso delle donne mussulmane e di una piscina a loro riservata, andiamo a toccare, come si diceva sopra, un diritto fondamentale. Sino a dove, sino a che punto è giusto e si deve mostrare un atteggiamento di tolleranza? Sino a che punto una cultura deve cercare di inglobare e di non escludere? Non è forse più costruttivo e coerente, venire incontro a queste donne spiegando ad esse ed ai mariti, che la cultura europea considera l’emancipazione e la non discriminazione della donna una conquista o meglio una "acquisizione" (i francesi parlano di acquis) di civiltà che non si è disposti a relativizzare, che non concede né deroghe né eccezioni?

L’integrazione passa attraverso il confronto, il dialogo. Qui il pericolo è che la donna mussulmana rimanga chiusa, per non dire ghettizzata nelle sue abitudini senza possibilità di scambio e di interazione col mondo circostante. La tolleranza è un valore proprio in virtù di un limite dettato per la cultura occidentale da quei valori laici che sono la base delle Costituzioni degli Stati democratici moderni.

Quello della piscina alle donne mussulmane è solo un caso, ma parimenti si potrebbe allargare ad altri ambiti, quale ad esempio quello della scuola materna. Alcuni genitori mussulmani, non vogliono che il loro bambino si vesta in maschera il giovedì grasso, non vogliono che festeggi il carnevale coi suoi compagni, non vogliono che collabori all’addobbo dell’albero di Natale, non vogliono che festeggi San Nicolò, ecc. E in molti casi, gli insegnanti accondiscendono e li esonerano. Come credo che non ci sia peggior genitore di colui che dice sempre di sì al proprio figlio, così credo che l’integrazione passi talvolta attraverso dei passaggi forzati, dei divieti, dei limiti, tenendo ben presente che essa è anzitutto reciprocità.

Esonerare o creare nicchie in nome d’un principio astratto di tolleranza, è un modo per chiudere la porta al dialogo, alla conoscenza dell’altro, delle sue abitudini e dei suoi valori.

Tutto il contrario dell’integrazione.

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.