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QT n. 11, 2 giugno 2001 Monitor

Milva, ape regina

"Su vieni qua Milord, e non pensare a lei ma bevi insieme a me… Se hai freddo il cuor, vedrai, con me ti scalderai…" - così cantava Milva, alcuni anni fa; era l’epoca del suo debutto, bellissima, si presentava in scena con un impermeabile e quella voce affascinante, che ha guadagnato ogni anno nuovi colori.

In una serata fortemente voluta da Peter Keuschnig, che è anche riuscito a convincere Milva a registrare insieme all’orchestra Haydn le canzoni proposte a Trento giovedì 17 maggio, la pantera di Goro ha graffiato ancora. Il pubblico era letteralmente rapito, alcuni focosi fan hanno quasi interrotto il concerto, mentre una Milva versione diva si concedeva a dialoghi improvvisati, forse anche un po’ troppo fuori programma. Sono state eseguite "Et maintenant", "L’important c’est la rose", "Desormais", "Hier encore", "La Bohème", "Les feuilles mortes", "Parlez-moi d’amour", "Quand on n’a que l’amour", "Ne me quitte pas", "La vie en rose", "Non, je ne regrette rien", e la favolosa "Milord", anche in versione italiana. L’orchestrazione è stata curata da Hubert Stuppner, che ha fornito anche un numero di "preludi" pari alle canzoni, che hanno avuto la doppia funzione di dare spazio all’orchestra e concedere qualche pausa alla cantante. Milva è formidabile, solo un anno fa l’abbiamo vista saltare da una parte all’altra del palcoscenico nell’interpretare Loco, ma essere all’altezza di Edith Piaf e Juliette Greco necessitava di qualche rinfrescante pausa; allora la signora lasciava la scena per un po’ e poi, per tutte le due ore e il bis, coraggiosamente concesso in italiano, tornava con nuovi ruggiti, in cui non abbiamo colto l’imitazione dello stile vocale, ma una netta appropriazione dello spirito francese, quasi che la sventurata vita della Piaf fosse esperienza che Milva ha condiviso in qualche modo. Certo i temi presenti nel repertorio scritto da Brel, Bécaud, Prévert e la stessa Piaf, sono così universali da poter essere facilmente condivisi: amore, dolore, abbandono, morte. La vastità della città contro il piccolo dramma personale di una storia che finisce come in "Et maintenant", o "Désormais", dove, inoltre, si traduce in esempi di consuetudine il rimpianto per un sentimento che non c’è più.

Si è trattato di un concerto profondamente romantico, in cui l’atmosfera da bacio Perugina sciolto nel miele era favorita dall’orchestra. Un accumularsi di sentimentalismo che rischiava di fiaccare lo spirito, soprattutto perché accompagnato dalla temperatura tropicale della sala. Una menzione al merito in più per la favolosa Milva, alla quale l’illuminazione del palco non deve aver portato refrigerio. Per lei soprattutto, lo straripante pubblico sarebbe rimasto incollato alla sedia, soprattutto nell’udire il seducente invito:"Su…Vieni qua, Milord…"

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