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QT n. 12, 16 giugno 2001 Monitor

Tango a singhiozzo

Secondo Manuel Puig, in gioventù Carlos Gardel conobbe una prostituta, una povera ragazza ebrea che era finita nelle mani di sfruttatori senza scrupoli. Se ne innamorò e tentò di strapparla a quella vita grama, ma senza riuscirci: lei infatti non volle seguirlo per non metterlo in una situazione difficile.

Passano gli anni e Gardel diviene famoso; nel secondo atto di questa commedia musicale lo ritroviamo nel 1935 a Montecarlo, dove tiene un concerto per la fine dell’anno. In questa occasione festosa risulta ancora più evidente quanto la vita di Carlos sia vuota di quegli affetti che contano veramente. Proprio in questa situazione ritrova Nadia, la prostituta di Buenos Aires. Anche lei ha fatto carriera, in un certo modo: dalla direzione di una filiale del bordello all’infelice matrimonio con un conte. I due si capiscono attraverso la musica, da un tango il vecchio sentimento torna ad unirli. Ma la felicità è breve: pochi mesi dopo Gardel muore in un incidente aereo.

La povera Nadia apprende la notizia dalla radio e tenta di consolarsi ricordando il sogno di una casetta coperta di rose, fatto tanto tempo prima a Buenos Aires, insieme ad un cantante squattrinato.

Considerando che gli attori/cantanti della compagnia dell’associazione gruppo musicale Madonna Bianca sono dei principianti, tutte persone che lavorano e solo nel loro tempo libero si dilettano nell’arte drammatica, è d’uopo una standing ovation. Laura Ravagni, nella parte di Nadia, è bella, sfoggia una buona presenza scenica, condita da una discreta disinvoltura, e inoltre canta con una graziosa voce da soprano leggero, riuscendo a sostenere il ruolo principale pur fra gli immancabili errori, suoi e dei compagni, con una serietà quasi da professionista. Altrettanto diligente la recitazione di Paolo Merlini e Daniela Vanin, che impersonavano, nel primo atto, il piccolo capo del bordello, Santiago, e la tenutaria, Madame Yvette. Carlos Gardel era interpretato da Claudio Voltolini. Per quanto convincente nella parte canora, Voltolini incespicava parecchio nella recitazione. D’altro canto, come abbiamo detto, non si tratta di attori di mestiere.

Anche la parte musicale era molto gradevole, con i numerosi tanghi originali di Carlos Gardel, orchestrati da Patrick Trentini; inoltre, avere di fronte una piccola orchestra durante la rappresentazione, e non qualche artificiale base registrata, dava all’insieme un gusto raffinato.

Purtroppo talvolta la musica sopraffaceva la recitazione, ma anche questa è in fondo una pecca scusabile, soprattutto ad una prima.

Quello che non mi riesce assolutamente di scusare è il testo, veramente pessimo, il che mi porta a domandarmi se esista un libretto di Puig, tanto meccanici, sconclusionati e illogici risultano i dialoghi.

Eppure Puig è famoso per la fluidità della sua scrittura. Il libretto esiste e venne presentato nel ’95 durante la stagione teatrale di Tortona, dove l’attenzione era però centrata più sul ballo che non che sulla musica. Era coinvolta infatti una compagnia di danza ma non un ensemble. Evidentemente il testo è stato violentato ripetutamente, persino la successione delle scene non sembrava delle più intelligenti. I salti di argomento sono ampi quanto la val d’Adige e solo con uno sforzo di concentrazione estremo si comprende cosa accade. Non che la storia sia poi così strana e originale da richiedere un’immaginazione fervida, da "La dame aux camélias" fino a Liala la letteratura pullula di prostitute da redimere o redente e amori che finiscono in tragedia; ma l’ambientazione argentina, gli accenni alla guerra e all’Europa vista dal nuovo mondo, lo smercio di droga nell’alta società degli anni ’30, potevano essere temi interessanti se fossero stati delineati un po’ meno superficialmente. Non era nemmeno necessario, in fondo, che si mettesse tanta carne al fuoco; in realtà, ciò che urta la sensibilità dello spettatore è vedere i poveri attori principianti alle prese con dialoghi senza alcuna connessione.

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